25.3.12

iniziative di pace in medioriente dal basso . dialogo fra iraniani e israeliani , tra istraeliani e palestinesi We Love You - Iran & Israel


Sforzo Netroots lanciata da Tel Aviv coppia ispira migliaia di persone.
RonnyAndDaughter.jpg
Incontro con Ronny Edry: un graphic designer israeliano, marito, padre di due figli, e come di pochi giorni fa, amico del popolo iraniano. Edry, 41 anni, e sua moglie, Michal Tamir, 35, sono gli israeliani responsabili della recente iniziativa on-line intitolato semplicemente, " gli iraniani, We Love You ".La scorsa settimana, Ronny ha creato un poster digitale con questo messaggio, e ha aggiunto questa riga:. "Non riusciremo mai a bombardare il paese" Lo scenario include una foto di Ronny teneva cinque anni, figlia, Ella, che si tiene una piccola bandiera israeliana. Ha postato l'immagine sulla pagina Facebook della scuola preparatorio per la progettazione, puntina da disegno Mehina, che corre con la moglie a Tel Aviv.

Con " Loose Talk "della guerra tra Israele e Iran Esplode la moda, il manifesto ha colpito un nervo tra gli israeliani. Molti iniziarono inviando le proprie immagini, creando più manifesti che poi condivisi su Facebook. Messaggi di sostegno versato dentro E poi gli stessi iraniani hanno iniziato a rispondere, in primo luogo nei messaggi privati ​​Ronny e Michal, e poi con i propri manifesti, con le loro parole di pace e di amore per gli israeliani.
E 'impossibile contare le centinaia di manifesti che sono stati condivisi su Facebook e le migliaia di messaggi che sono stati scambiati tra israeliani e iraniani solo negli ultimi giorni. Lo scorso fine settimana, mentre sedevo con la coppia, messaggi e richieste di amicizia provenienti da tutto il mondo in streaming alla loro casella di posta, decine ogni mezz'ora.
"Questo è un messaggio dal popolo per il popolo", Ronny mi spiegò. "Noi non vogliamo la guerra. Non importa ciò che i governi hanno da dire, su entrambi i lati, siamo contro di essa, dal momento che saremo quelli che lottano .... penso che sia importante che noi alziamo le nostre voci".
Alzare la voce è più facile in questi giorni, in particolare attraverso i social media. "Siamo in grado di minare l'uomo medio, i politici", ha detto Ronny. "Non sto affrontando Ahmadinejad. Oggi possiamo raggiungere l'Iran e che ci possono raggiungere."
Tuttavia, sia Michal e Ronny sono ancora stupito che il loro messaggio ha ottenuto all '"altro lato" così in fretta. Michal è chiamandola la caduta del secondo Muro di Berlino. "Stiamo rompendo i confini e stati d'animo, uscendo da questa gabbia chiamato 'Israele'".
"Noi fisicamente non può andare" in Iran, ha aggiunto, "ma il nostro messaggio d'amore è lì, più veloce di qualsiasi ambasciatore."





LovePeaceFromIran.jpg
"Ho centinaia di iraniani [Facebook] amici ora", Ronny intervenne con un sorriso. "Sono probabilmente l'israeliano con gli amici più iraniani".Alcuni dei commenti di israeliani, specialmente nel primo giorno, erano scettici e più di un paio erano graffiante. Qualcuno li ha chiamati a cuore sanguinante di sinistra, out-of-touch Avivites Tel, gli amici del nemico, odiatori di Israele. Altri hanno criticato la scelta delle parole.

"Ci hanno chiesto: perché hai scelto di dire: 'Noi non ti bombardare' Perché non 'Non vogliamo bombardare tu'? Perché la risposta logica sarebbe 'Non vogliamo bombardare, ma dobbiamo '", ha spiegato Ronny. "Io non volevo uscire con mezze misure. Non sono il primo ministro. Io non sono un politico. Come cittadino, io non bombardare gli iraniani".
Il messaggio d'amore diretto sul fondo dei manifesti, inoltre, doveva essere sottolineato. Ronny e Michal sono consapevoli del fatto che il primo passo verso la guerra è la demonizzazione e la disumanizzazione dell'altro lato. "Il messaggio è esseri umani amano l'un l'altro, come esseri umani", Michal mi spiegò. "Gli iraniani vedere tutti questi volti israeliani e dire, 'Hey, questo è quello che un israeliano assomiglia!'"
"Tutti sono contro la guerra, e per la pace", Ronny e Michal ha detto, alimentando a vicenda di energia, spesso finendo l'uno le frasi. "E 'molto più difficile dire' ti amo '. Pensateci - è la cosa più difficile per un essere umano per dire ... è la paura del rifiuto, di guardare come un pazzo ma in realtà non ci amiamo indietro "..
La lettera Ronny attaccato al suo manifesto originale on-line questo semplice enunciato, idea potente: "Perché ci sia una guerra tra di noi, prima dobbiamo avere paura l'uno dell'altro, dobbiamo odiare Io non ho paura di te, don. 't ti odio. io non ti conosco nemmeno. No iraniano mi ha mai fatto nulla di male. Non ho mai incontrato un iraniano .... Solo uno a Parigi in un museo. tizio Nizza. "
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In profondità nella prima notte, dopo i primi manifesti hanno cominciato a circolare intorno a Facebook, Ronny ha ricevuto il primo messaggio da un iraniano. Ha detto che ho la pelle d'oca su tutto il corpo e quasi si mise a piangere. "Andai subito a svegliare Michal, per mostrare il suo", racconta Ronny. "Ho pensato che era così incredibile. Non avevo idea che gli altri avrebbero seguito".Dire che gli altri iraniani seguito è un eufemismo. I messaggi vengono ricevuti in Israele, che Ronny e Michal ripubblicare tramite la pagina Mehina puntina da disegno, sono notevoli per la semplice umanità che trasmettono. È possibile scegliere qualsiasi a caso, da Toronto, New York, Sydney, Teheran, e al di là - tutti, senza eccezione, è sentita e toccante:

Io sono una donna iraniana. Ho appena visto il tuo messaggio caldo e bello per i miei compagni paese. Leggendo il tuo messaggio portato le lacrime agli occhi e il calore al mio cuore. Volevo solo assicurare voi, noi tutti gli iraniani sento lo stesso, vogliamo solo la pace e bellezza sulla terra, noi odiamo la guerra e la macellazione, noi tutti sono le parti di un corpo ...
E questo:
Un mio amico ha condiviso il tuo messaggio sul suo muro e vi assicuro, ha reso la mia giornata! Come un iraniano, un quadro molto scuro e il male di Israele è stato raffigurato per me fin da quando ero un bambino e credo sia stato lo stesso per il tuo popolo .... Entrambi sono vittime dei nostri governi, siamo entrambi sono esseri umani che cercano una vita migliore, cercando di costruire un mondo migliore.
E questo:
Volevo farvi sapere che il vostro messaggio di amore e di pace ha attraversato. Guardando tutte le foto sul muro fece venire le lacrime agli occhi. Non dobbiamo permettere che i nostri governi ci trattengono dal conoscere l'altro. Sogno di un giorno che voi e sarò in grado di soddisfare a Tel Aviv o Teheran e recuperare il ritardo su tutto ciò che è stato trattenuto per tanto tempo. Credo sinceramente, che quel giorno arriverà. TO popolo di Israele: WE LOVE YOU, TOO!
WelcomeToShiraz.jpg
Ronny e Michal sono profondamente consapevoli dei rischi assunti dai loro nuovi amici iraniani. La coppia ha ricevuto dei messaggi che spiegano i rischi politici e di sicurezza di comunicazione con gli israeliani, soprattutto per coloro che vivono in Iran. Mentre la maggior parte delle comunicazioni sono venuti da iraniani in esilio, che non è certo esente da pericoli, gli altri sono provenienti dall'interno del paese. Il fatto che molti iraniani stanno raggiungendo fuori a grave rischio personale dà Michal, Ronny, e gli israeliani dall'altro lato la motivazione aggiunto - di continuare a parlare, a continuare a diffondere il messaggio.A partire da questa scrittura, la campagna virale è esploso su Facebook e altrove su Internet. Il prossimo passo per la coppia è quello di raccogliere fondi e comprare spazi pubblicitari su importanti quotidiani internazionali e locali (si pensi a New York, Times Square) per visualizzare i manifesti.

E 'impossibile sapere se la campagna effettivamente fare la differenza, se riuscirà a evitare una guerra disastrosa. Per Ronny e Michal e le migliaia di israeliani regolare e iraniani che hanno diffuso questo messaggio di amore reciproco e comune umanità, almeno sapranno hanno cercato.
Neri Zilber è un Istituto di affari del mondo in carica di scrittura collega con sede in Israele. In secondo luogo poster, con iraniano manifestante Green Movement, dal Amore e Pace pagina Facebook trovate qui .

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la cultura oggi










a chi mi dice perchè metto e lascio mettere film e musica sia qui che sul mio blog multiautore rispondop cosi : << Sai, al momento se non ci sono tre fighe tettone ( magari rifatte e siliconate ) che sorridono, un comico che tira due scoregge e l'ulltimo cantante di Amici, la cultura è sono considerata roba da cervellotici e da snob.>> 

24.3.12

rock & blues*Memorabilia* di video uscito alle 18,33, Eric Clapton assieme al grandissimo chitarrista Marc Knopfler alle prese con "Cocaine"


"Cocaine" in note

*Memorabilia* di video uscito alle 18,33, Eric Clapton
assieme al grandissimo chitarrista Marc Knopfler alle prese con "Cocaine"

di Matteo Tassinari

Cocaine è un brano musicale scritto, registrato e pubblicato da J.J. Cale nel 1976 sull'album Troubadour e più conosciuta nella versione cover di Eric Clapton. Secondo la All Music Guide, la versione di Clapton è una delle canzoni più popolari dell'artista britannico, «anche per un artista come Clapton, che ha prodotto una gran mole di canzoni di alta qualità, Cocaine va annoverata tra le sue migliori produzioni». Questa versione, pubblicata con l'album del 1977 Slowhand e come singolo nel 1980, fu prodotta da Glyn Johns (che aveva collaborato anche con gli Who, con i Led Zeppelin e con i Rolling Stones)

Il messaggio della canzone

Clapton descrive Cocaine come una canzone contro la droga. «I fan ascoltano solo il refrain "She don't lie, cocaine" ("la cocaina, lei non mente"), ma la canzone dice anche "If you wanna get down, down on the ground, cocaine"» ("se vuoi cadere, cadere per terra, cocaina"). Clapton ha sostenuto che è preferibile una canzone che sia contro la droga in maniera allusiva, piuttosto che diretta, perché questo le garantisce un effetto dissuasivo che verrebbe meno nel caso in cui fosse percepita come una canzone dal messaggio moralistico o paternalistico.

"Slowhand"

“Slowhand” è il suo quinto album di maggior successo e deve il suo titolo al soprannome di Eric Clapton, “Slowhand”, ovvero mano lenta, per il suo modo di suonare la chitarra, lento ma rtimatoi con una potenza che nessuno hai saputo mostrare nel suo genere rock & blues. L'album è stato inserito nel 2003 nella posizione 325 nella lista dei 500 migliori album secondo la rivista Rolling Stone


Parole di Ernesto


Dice Ernesto che il pullman della gita scolastica lo vede come un grosso toro. La facciata è il muso, gli specchi retrovisori le corna. E lui lo cavalca come nelle antiche avventure, adesso che s'immerge negli ori di Ravenna, in tutto quel blu. A Ernesto il blu piace molto: lo affascina forse più del toro al quale, a sua volta, preferisce il bisonte, più selvatico e meno "toccato" dall'uomo. Al verbo "toccare", Ernesto si rattrappisce nel suo piccolo immenso corpo indifeso.

E appunto la sua storia preferita è quella del bisonte blu. Storia, non leggenda, storia vera, indiana. Si chiama bisonte blu perché visibile solo al buio e ha il colore del cielo notturno. Chi lo cavalca vede tutto l'universo e non ha bisogno di mangiare né bere.

Ernesto si tuffa nei mosaici ravennati con una naturalezza stupefatta. E' il suo mondo, lì ritrova tutte le sue lune. L'hanno diagnosticato sapiente autistico. Lui è solo lui. Al tempo stesso innocenza ed espansione.

Dice Ernesto che preferisce l'inverno per la neve bianca e celeste come il latte. Ernesto è spirituale e fisico, sa di acqua e frumento. Fiorisce nel sole.

Dice Ernesto che un'uscita didattica come questa non la dimenticherà mai. Tiene a mente tutto, rivive negli splendori bizantini, plana sulle vaporosità padane, la mobile fissità orientale. Ed è puro. Di animo, di pensieri, di amicizie. E' selettivo. Oh, toccare. Gli piacerebbe tanto ma non tutto insieme e non indiscriminatamente. Il corpo non è spreco. Per questo il verbo lo spaventa, con l'istintività d'un animale selvatico destato dal suo sogno primordiale. Un sogno senza civiltà né possesso.

Ernesto è messaggero d'un Eden che oggi rivive solo nelle metafore del linguaggio astrale, negli occhi silenti, nella contorsione bianca delle mani. E' un primordio cresciuto fuori tempo. Senza lancette. Aurora in attesa d'un nuovo mattino.

cultura per pochi ( di nicchia ) o cultura per tutti ( di massa ) questo è il mio problema




Video diretto da Fabio Luongo e girato a 3200 sul ghiacciaio della Val Senales. "Cenere" è tratta dall'album "C'è Gente Che Deve Dormire". di  marta   sui  tubi ( http://martasuitubi.it/ ) 


A volte egoisticamente, penso che tutto debba restare così. Che certe espressioni d'arte debbano rimanere di nicchia.Ma  poi ci ripenso e mi dico  ma  ....  sto dicendo   e che   sto a pensare ? 

decessi a seguito di infusioni di Tysabri per la sclerosi multipla

 Ma  che  cazzo  a sperimentare  il metodo zamboni-salvi , certo  non va bene  per  tutti\e o  a volte  non riesce  al  primo tentativo ,  ma    è meglio questo  che  morire  per  effetti collaterali di  farmaci   che usi per  curarti   . come il caso  della  news   sotto riporta    ed  ignorata    forse  perchè non è una  notizia o perchè i casi sono pochi  oppure  perché la stampa  ufficiale  è soggetta  alle  lobby  delle case farmaceutiche  . Da  un mio contatto di fb  che soffre di sclerosi multipla   leggo questa  news  

decessi a seguito di infusioni di Tysabri per la sclerosi multipla
pubblicata da StefaniAjò Melis il giorno venerdì 23 marzo 2012 alle ore 0.14



TRADUZIONE CON GOOGLE
212 casi di PML e 46 decessi in pazienti con sclerosi multipla Tysabri a partire dal 1 Marzo, 2012
Biogen Idec hanno rilasciato gli ultimi dati per i casi di PML e di decessi a seguito di infusioni di Tysabri per la sclerosi multipla

Al 1 ° marzo 2012, ci sono stati 212 casi di PML, di cui 122 sono stati dello Spazio economico europeo (SEE), 80 negli Stati Uniti e 10 nel resto del mondo (ROW). 46 dei 212 pazienti con leucoencefalopatia multifocale progressiva sono morti.

In 54 pazienti trattati con Natalizumab SM che hanno sviluppato leucoencefalopatia multifocale progressiva e nei quali erano disponibili campioni di siero 6-187 mesi precedenti l'insorgenza della PML, tutti i 54 pazienti hanno anticorpi anti-JCV rilevato.

I campioni erano disponibili da 86 pazienti al momento della diagnosi PML e tutti 86 risultati positivi per anticorpi anti-JCV.

Inoltre, un campione, prelevato da un paziente al momento della diagnosi PML seguito un ciclo di plasmaferesi (PLEX) risultati negativi per anticorpi anti-JCV. Perché questo campione è stato raccolto immediatamente dopo PLEX e PLEX rimuove gli anticorpi dalla circolazione, le informazioni ottenute da questo campione non è affidabile.

Un paziente testato anti-JCV anticorpi positivi due mesi prima della diagnosi di PML. In precedenza, il paziente aveva provato anti-JCV negativi per gli anticorpi 15 mesi prima della diagnosi di PML, che indica che essi erano stati esposti al virus JC ad un certo punto tra le due prove.

Fonte: Biogen Idec (16/03/12)
ORIGINALE:212 PML cases and 46 deaths in Tysabri MS patients as of March 1st 2012
Biogen Idec have released the latest figures for PML cases and deaths following Tysabri infusions for Multiple Sclerosis
As of March 1, 2012, there have been 212 PML cases, of which 122 have been in the European Economic Area (EEA), 80 in the US and 10 in rest of world (ROW). 46 of the 212 patients with PML have died.
In 54 natalizumab-treated MS patients who developed PML and in whom serum samples were available 6-187 months prior to the onset of PML, all 54 patients had anti-JCV antibodies detected.
Samples were available from 86 patients at the time of PML diagnosis and all 86 tested positive for anti-JCV antibodies.
In addition, one sample, collected from a patient at the time of PML diagnosis following a cycle of plasma exchange (PLEX) tested negative for anti-JCV antibodies. Because this sample was collected immediately following PLEX, and PLEX removes antibodies from the circulation, the information obtained from this sample is unreliable.
One patient tested anti-JCV antibody positive two months before PML diagnosis. Previously, the patient had tested anti-JCV antibody negative 15 months prior to PML diagnosis, indicating that they had been exposed to the JC virus at some point between the two tests.
Source: Biogen Idec (16/03/12)

Nuoro Prende a schiaffi in tribunale il figlio accusato di scippo


Capisco e  anch'io avrei fatto una  cosa  simile come il padre   della vicenda  sotto riportata  sotto  . Se  a  certi ragazzini  oltre al dialogo  e alla severità   gli si desse   qualche ceffone  o sculacciata   come  me le davano da piccolo , ovviamente te  senza  abusarne  , altrimenti si finisce  ( esperienza  personale  )  di reagire  alla violenza   con la  violenza   o  d'essere  violenti  con  gli altri  o con se  stessi  .                                    Lo  so    che  passero  per  conservatore   e all'antica   e  forse  per  violento  ed  incoerente  visto  che   essendo passato dalla violenza  anche  di  reazione  , alla  non violenza   ma  l'andare  in direzione ostinata  e  contraria   fa parte    del mio carattere    fin dalla nascita e  non ho mai saputo   tenerlo  a freno   , neppure   nei momenti   in cui  sarebbe  stato necessario  perdendo  o  litigando  con  amici\ce  e  compagnidiviaggio -  compagnidistrada  . Ma   questo  è il prezzo  della  libertà  . Io non voglio  





da radiofaber  di facebook 
Ma  soprattutto  perchè  <<  non si  risenta  la gente per  bene  se non mi adatto a portare  catene  >>




Ma  ora   bado alle  ciance  ecco l'articolo in questione tratta  dalla  nuova sardegna  online del  24\3\2012



Prende a schiaffi in tribunale il figlio accusato di scippo

Prende a schiaffi in tribunale il figlio accusato di scippo

di Valeria Gianoglio
Due ceffoni sul volto del figlio a giudizio per lo scippo di una vecchina, e la giustizia paterna precede di molti mesi quella del codice penale. È accaduto in tribunale a Nuoro: il protagonista è un padre di Bitti

NUORO.
 Due sonori ceffoni sul volto del figlio a giudizio per lo scippo di una vecchina, e la giustizia paterna precede di molti mesi e senza troppe storie quella del codice penale. È accaduto in questi giorni in tribunale a Nuoro e il protagonista, involontario, è un papà di Bitti. Si è seduto di buon'ora su una panca del palazzo di giustizia barbaricino, ha atteso con pazienza che gli agenti di polizia penitenziaria conducessero il figlio nell'aula giudiziaria.
E alla fine, dopo ore a macerarsi tra rabbia e dolore, è esploso. E sono volati i ceffoni. Due rovesci sono arrivati dritti dritti sul volto del ragazzo, diventato maggiorenne da appena quindici giorni. Hanno lasciato di stucco gli stessi agenti che lo accompagnavano, e sorpreso il magistrato che si accingeva a giudicare il giovanissimo per scippo e per la detenzione illegale di un coltello a serramanico.
«Lo lasci giudicare a noi», si è limitato a commentare il giudice, dimostrando una grande compassione nei confronti del papà ferito nell'animo.
È una storia che ha fatto in pochi minuti il giro del tribunale, quella che è andata in onda in questi giorni al palazzo di gustizia nuorese. «Sbam, sbam» si è sentito risuonare nell'aula del primo piano. Qualcuno ha pensato che fossero cadute alcune sedie, altri non sapevano come spiegarsi quei due rumori distinti. Erano schiaffi belli e buoni.
La legge paterna, per una volta in Barbagia, ha preceduto quella del codice penale. Per il processo, infatti, bisognerà attendere il 2 aprile perché l'avvocato del giovane ha chiesto i cosiddetti «termini a difesa», ovvero ha preso tempo per studiare le carte. Ma il giudizio, in realtà, c'è già stato ed è arrivato senza troppe lungaggini e contorti rinvii. La sentenza, stavolta, l'ha confezionata ed emessa a tempo record un papà ferito e arrabbiato.
Un lavoratore onesto che ha tirato su i figli con il sudore della fronte e poche regole chiare. Poi un giorno, questo papà risponde a una telefonata. È la questura di Nuoro che gli fa sapere che uno dei figli, il più piccolo, da poco maggiorenne, è stato beccato a Nuoro, nei pressi del liceo scientifico, subito dopo aver scippato, insieme a un amico ancora minorenne, una vecchina.
Apriti cielo. Il papà di Bitti non ci vede più. Ma come, si chiede, è successa a me una cosa del genere? Io che i miei figli li ho sempre allevati a suon di regole?
Non perde tempo, il papà. Prende la macchina, si dirige in questura, parla con gli agenti della squadra mobile. E a quel punto realizza: mio figlio è davvero colpevole. L'indomani, dopo una notte certamente agitata, decide di andare in tribunale perché il figlio deve essere giudicato per direttissima. E qui il povero papà bittese non riesce più a contenere la rabbia e la profonda delusione. «Sbam, sbam», e assesta due sonori ceffoni al figlio che si accinge a entrare nell'aula giudiziaria, dopo una notte in camera di sicurezza in questura. E la legge del papà precede quella penale. 

NESSUNO E PROFETA IN PATRIA MA ALL'ESTERO SI IL CASO IL CASO DI " UOMO DI PEZZA " DEL GRUPPO LE ORME


 Ringrazio di il compagno di squadra  Matteo tassinari     da  cui  ho tratto il post   con  video annesso   per  avermi fatto conoscere   un gruppo  a me  sconosciuto musicalmente    della scena  musicale italiana    negli anni  60\70 


"Uomo di pezza". E' un album mitico del rock progressive italiano delle orme, considerate i Pink Folid italiani, insieme al Banco. Il brano è del 1972, è questo il primo anno in cui il gruppo può vantare al suo attivo uno dei più moderni strumenti offerti dalla tecnologia, il sintetizzatore! Il titolo di questo album, uomo di pezza. Nonostante manchi una trama che unisca le vicende descritte nei vari pezzi, si tratta dopo tutto di un album-concept. Dall’album fu estratto il 45 giri Gioco di bimba (retro: Figure di cartone), senza dubbio uno dei più popolari in tutta la carriera del gruppo. Curiosità: il brano "Uomo di pezza" è la colonna sonora della miniserie Il mostro di Firenze prodotta da Fox Crime nel 2009. Fu uno dei miei primi dischi in vinile che comprai. Poi "Felona e Sorona"...

Primo pezzo delle Orme,dire la più bella come si fa?Comunque una canzone straordinaria,con un testo di quelli che mi fanno impazzire,sospeso ma a tratti...

23.3.12

Bimbi imitano Banda Magliana Fiumicino, timori a scuola e i genitori nsi preoccupano . ma lo facciano per cose più serie





  fonte  unita  online 

La serie tv di pochi anni fa “Romanzo criminale” con le malefatte – rivisitate – negli anni 80 della Banda della Magliana ha fatto epoca. E ha lasciato il segno nell'immaginazione. Talvolta, è già stato detto, con effetti di imitazione negativi, nonostante non fosse quella l'intenzione degli autori del serial. Emerge ora dalle cronache di Fiumicino che in una scuola elementare i piccoli maschi di otto – nove anni facevano  “Dandi”, del “Libanese”, del “Freddo”, minacciavano coetanei e prendevano di mira le bambine. E I genitori si sono allarmati. Dalle notizie pare tutto rientrato, ma è il fatto 'imitativo' di modelli criminali che suscita preoccupazioni in molti adulti. 
I piccoli giocavano a fare i criminali. Da bambini, soprattutto nelle passate generazioni, i maschi giocavano regolarmente a soldati o cow boys, il punto che ha preccupato a Fiumicino però è come il gioco stesse prendendo. E che i modelli di quei piccoli – come accaduto già in passato – fossero i protagonisti di “Romanzo criminale”, gente che aveva come obiettivo i soldi facili trafficando magari droga, la sopraffazione, la violenza, le minacce. Ma le madri e i padri dei bambini della “banda” in versione imitazione infantile non sonon stati disposti a vedere i loro figli preso di mira. E hanno chiesto l'intervento della scuola. Che ha avvertito i diretti interessati. La faccenda pare arriata a una soluzione, ma che i modelli criminali in tv possano condizionare i più giovani è un problema già emerso in passato e naturalmente non riguarda solo la fortunata serie tv italiana (che peraltro era ben fatta e aveva una robusta sceneggiatura: non per niente partiva dal romanzo di Giancarlo De Cataldo). 
   
il mio commento  è  questo   : se invece di preoccuparsi per minchiate ( chi è che non ha mai giocato ad indiani e cowboy o guardie e ladri ) slo facessero per cose più gravi tipo quello di certe adolescenti che accettano le richieste di vecchi bavosi pur d'avere abiti firmati o ricariche sul cellulare .   concludo con  gli altri due  commenti in all'articolo 
1
2. daniel cohen
35 minuti fa ( 23-03-2012 )
meglio la banda della magliana che la banda monti
1. cavazzi franca
3 ore fa ( 23-03-2012 )
per i bimbi la BANDA DELLA MAGLIANA
piu' educativa delle BANCHE DELLA MAGLIANA DEI 2 PENNELLONI AL GOVERNO STRA_MILIARDARI !

prefect day










22.3.12

Era il 25 febbraio del 1975 quando Giorgio Ambrosoli scrisse queste parole in una lettera alla moglie Anna. Aveva appena completato la faticosa ricostruzione dello stato passivo della Banca privata italiana, cuore dell'impero di Michele Sindona, di cui la Banca d'Italia aveva disposto la liquidazione coatta. Intuiva che la sua vita da quel momento era a rischio ma era orgoglioso di quanto era riuscito a fare. Ambrosoli, che fu nominato commissario della Banca privata nel 1974, era un professionista milanese non molto in vista. Avvocato contro la volontà del padre, che avrebbe preferito una carriera in banca, sposato con tre figli, si era "fatto le ossa" nel 1964 con il fallimento della Sfi, una finanziaria "vicina" a Giuseppe Pella, pezzo da novanta democristiano. Il buco era di 70 miliardi delle lire di allora. Non un borghese qualunque Ambrosoli, cresciuto in un ambiente conservatore, da giovane aveva simpatizzato per l'Unione monarchica e per la Gioventù liberale. Era un borghese, sì, ma non qualunque. Era un eroe borghese, come lo dipinse Corrado Stajano in un bellissimo libro del 1991. Quando accettò l'incarico dal governatore Guido Carli, probabilmente non immaginava i guai cui sarebbe andato incontro. Ma gli bastò pochissimo per rendersi conto che dietro quel crac si nascondeva un intreccio di politica, finanza, poteri costituiti e poteri occulti, malavita. Giorno dopo giorno si imbatté in documenti che provavano come il bancarottiere siciliano fosse legato a filo doppio a politici di primo piano (Giulio Andreotti, soprattutto, e la sua corrente Dc, ma anche Amintore Fanfani), banchieri burattini (Ferdinando Ventriglia, Mario Barone, Roberto Calvi), uomini di chiesa troppo legati alle cose terrene (Paul Marcinkus e il suo Ior), torbidi manovratori della massoneria (Licio Gelli e la sua loggia P2 che fu scoperta solo parecchi anni dopo), magistrati manovrabili (Carmelo Spagnuolo, Antonio Alibrandi, Luciano Infelisi), capibastone della mafia. La "disinvoltura" della Ior e la crisi spirituale di Ambrosoli Umberto Ambrosoli è il figlio minore di Giorgio. Oggi ha poco meno di quarant'anni e ha dedicato Qualunque cosa succeda (Sironi) alla memoria di suo padre. È una meticolosa ricostruzione della vicenda Sindona, inquadrata nella storia dell'Italia di quegli anni, che però ha sullo sfondo la vita di una famiglia come molte altre: la sua. E così ciò di cui Giorgio Ambrosoli deve occuparsi nell'ambito del suo difficile lavoro di liquidatore di quell'impero del male, diventa anche un fatto privato. Scrive Umberto: «Toccare con mano la disinvoltura con la quale lo Ior ha operato assieme a Sindona genera in papà una sorta di imbarazzo, quasi una crisi della dimensione spirituale. Ma per noi tre continua a volere una formazione religiosa». Sembra di vederlo quest'uomo probo e credente che scopre come la gerarchia del Vaticano trafficasse con i peggiori lestofanti. E che si pone il problema: continuare o no ad allevare i figli nel rispetto dei valori di cui quelle persone dovrebbero essere i custodi? Ambrosoli era schivo ma sapeva anche parlar chiaro. Nell'aprile del 1977 replicò così, in un'intervista, alle accuse di incompetenza contenute in un esposto di Sindona contro di lui: «Sono uno specialista in crac bancari. Nel 1965 mi sono dovuto occupare del dissesto della Sfi; dieci anni dopo ho cominciato a mettere il naso nell'impero Sindona. Sarà un caso, ma ho sempre visto spuntare fuori nomi democristiani». Di Sindona sapeva tutto, pur senza averlo mai incontrato Non sopportava che i soldi dei contribuenti potessero servire per puntellare le traballanti sorti di Sindona. Nella sua relazione di commissario liquidatore commentò così un prestito effettuato dal Banco di Roma di Ventriglia alla Banca privata: «Sorprende e addolora che 100 milioni di dollari siano stati spesi da un'azienda pubblica, quale il Banco di Roma, quasi per nulla». Umberto Ambrosoli rivela anche che suo padre in qualche modo era attratto da Sindona di cui conosceva ormai tutto senza peraltro averlo mai incontrato: «È un uomo curioso papà: e ora è incuriosito dall'uomo Sindona. Da quattro anni è come se vivesse a contatto con lui, ogni giorno; ha sgarbugliato la matassa compatta che quello aveva creato; ha riconosciuto la sua intelligenza e abilità e il loro malizioso utilizzo, che certo non può stimare. Doti sprecate». Così, nel dicembre 1978, quando si reca a New York per rendere una testimonianza in tribunale, Ambrosoli passa davanti al Pierre, l'albergo dove sa che vive (agli arresti) colui che dopo pochi mesi lo farà uccidere da un sicario della mafia. Scrive sulla sua agenda: «Cerco inutilmente Michele Sindona passando davanti al Pierre».






L'eroe borghese» raccontato dal figlio
Umberto, figlio minore dell'avvocato milanese liquidatore dell'impero Sindona, ha dedicato alla memoria del padre un libro:
"Qualunque cosa succeda"
Sull'inserto culturale di questa settimana anche una riflessione di Remo Bodei sulla crisi delle democrazie liberali, preda del populismo



«A quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito». Era il 25 febbraio del 1975 quando Giorgio Ambrosoliscrisse queste parole in una lettera alla moglie Anna. Aveva appena completato la faticosa ricostruzione dello stato passivo della Banca privata italiana, cuore dell'impero di Michele Sindona, di cui la Banca d'Italia aveva disposto la liquidazione coatta. Intuiva che la sua vita da quel momento era a rischio ma era orgoglioso di quanto era riuscito a fare.
Ambrosoli, che fu nominato commissario della Banca privata nel 1974, era un professionista milanese non molto in vista. Avvocato contro la volontà del padre, che avrebbe preferito una carriera in banca, sposato con tre figli, si era "fatto le ossa" nel 1964 con il fallimento della Sfi, una finanziaria "vicina" a Giuseppe Pella, pezzo da novanta democristiano. Il buco era di 70 miliardi delle lire di allora.


Non un borghese qualunque


Ambrosoli, cresciuto in un ambiente conservatore, da giovane aveva simpatizzato per l'Unione monarchica e per la Gioventù liberale. Era un borghese, sì, ma non qualunque. Era un eroe borghese, come lo dipinse Corrado Stajano in un bellissimo libro del 1991. Quando accettò l'incarico dal governatore Guido Carli, probabilmente non immaginava i guai cui sarebbe andato incontro. Ma gli bastò pochissimo per rendersi conto che dietro quel crac si nascondeva un intreccio di politica, finanza, poteri costituiti e poteri occulti, malavita. Giorno dopo giorno si imbatté in documenti che provavano come il bancarottiere siciliano fosse legato a filo doppio a politici di primo piano (Giulio Andreotti, soprattutto, e la sua corrente Dc, ma anche Amintore Fanfani), banchieri burattini (Ferdinando Ventriglia, Mario Barone, Roberto Calvi),uomini di chiesa troppo legati alle cose terrene (Paul Marcinkus e il suo Ior), torbidi manovratori della massoneria(Licio Gelli e la sua loggia P2 che fu scoperta solo parecchi anni dopo), magistrati manovrabili (Carmelo Spagnuolo, Antonio Alibrandi, Luciano Infelisi), capibastone della mafia


La "disinvoltura" della Ior e la crisi spirituale di Ambrosoli



Umberto Ambrosoli è il figlio minore di Giorgio. Oggi ha poco meno di quarant'anni e ha dedicato Qualunque cosa succeda (Sironi) alla memoria di suo padre. È una meticolosa ricostruzione della vicenda Sindona, inquadrata nella storia dell'Italia di quegli anni, che però ha sullo sfondo la vita di una famiglia come molte altre: la sua. E così ciò di cui Giorgio Ambrosoli deve occuparsi nell'ambito del suo difficile lavoro di liquidatore di quell'impero del male, diventa anche un fatto privato. Scrive Umberto: "Toccare con mano la disinvoltura con la quale lo Ior ha operato assieme a Sindona genera in papà una sorta di imbarazzo, quasi una crisi della dimensione spirituale. Ma per noi tre continua a volere una formazione religiosa".
Sembra di vederlo quest'uomo probo e credente che scopre come la gerarchia del Vaticano trafficasse con i peggiori lestofanti. E che si pone il problema: continuare o no ad allevare i figli nel rispetto dei valori di cui quelle persone dovrebbero essere i custodi?
Ambrosoli era schivo ma sapeva anche parlar chiaro. Nell'aprile del 1977 replicò così, in un'intervista, alle accuse di incompetenza contenute in un esposto di Sindona contro di lui: "Sono uno specialista in crac bancari. Nel 1965 mi sono dovuto occupare del dissesto della Sfi. Dieci anni dopo ho cominciato a mettere il naso nell'impero Sindona. Sarà un caso, ma ho sempre visto spuntare fuori nomi democristiani".



Di Sindona sapeva tutto, pur senza averlo mai incontrato


Non sopportava che i soldi dei contribuenti potessero servire per puntellare le traballanti sorti di Sindona. Nella sua relazione di commissario liquidatore commentò così un prestito effettuato dal Banco di Roma di Ventriglia alla Banca privata: "Sorprende e addolora che 100 milioni di dollari siano stati spesi da un'azienda pubblica, quale il Banco di Roma, quasi per nulla".
Umberto Ambrosoli rivela anche che suo padre in qualche modo era attratto da Sindona di cui conosceva ormai tutto senza peraltro averlo mai incontrato: "È un uomo curioso papà: e ora è incuriosito dall'uomo Sindona. Da quattro anni è come se vivesse a contatto con lui, ogni giorno; ha sgarbugliato la matassa compatta che quello aveva creato; ha riconosciuto la sua intelligenza e abilità e il loro malizioso utilizzo, che certo non può stimare. Doti sprecate". Così, nel dicembre 1978, quando si reca a New York per rendere una testimonianza in tribunale, Ambrosoli passa davanti al Pierre, l'albergo dove sa che vive (agli arresti) colui che dopo pochi mesi lo farà uccidere da un sicario della mafia. Scrive sulla sua agenda: "Cerco inutilmente Michele Sindona passando davanti al Pierre".

21.3.12

Somebody That I Used to Know - Walk off the Earth (Gotye - Cover)

l'antimafia dei mafiosi dalla porta accanto Ambrosoli escluso dal ricordo del padre. Criticò Formigoni




due parole son.mo poche ed una è troppo per  commentare questa  schifezza mi limito  a questo 




a  voi un ulteriore  commento   in merito alla storia  che  trovate  sotto 



Alla commemorazione era presente la figlia Francesca, ma non il fratello Umberto che in un'intervista a Repubblica aveva attaccato il Pirellone dopo i recenti scandali giudiziari. "L'ufficio di presidenza, guidato dal leghista Davide Boni, non voleva che intervenisse"
L'avvocato Giorgio Ambrosoli  
La Regione Lombardia ricorda Giorgio Ambrosoli. Ma esclude dagli inviti suo figlio Umberto, reo di avere rilasciato due settimane fa un’intervista a Repubblica in cui si è detto favorevole all’azzeramento della giunta Formigoni, dopo gli scandali giudiziari che hanno travolto la sua maggioranza.
La commemorazione del liquidatore del Banco Ambrosiano, ucciso nel 1979 su ordine diMichele Sindona, si è svolta questa mattina all’auditorium Gaber del Pirellone. Un evento in occasione della ‘Giornata regionale dell’impegno contro le mafie e in ricordo delle vittime’, istituita l’anno scorso dal consiglio regionale. Era in programma la proiezione di Un eroe borghese, film diMichele Placido sulla vita dell’avvocato, alla presenza di trecento studenti delle scuole lombarde.
E fino a qualche giorno fa era previsto anche l’intervento di Umberto Ambrosoli, uno dei membri del Comitato antimafia del comune di Milano che risponde direttamente al sindaco Giuliano Pisapia. Lo conferma Jole Garuti, direttrice dell’associazione Saveria Antiochia Omicron e membro dell’osservatorio della legalità, un organo nominato dal consiglio regionale con il compito di fare proposte su eventi come quello di oggi. “Si era deciso all’unanimità dell’Osservatorio di proiettare il film Un eroe borghese –racconta Garuti – e di invitare Umberto Ambrosoli, oltre aGiuliano Turone. Ambrosoli non era sicuro di poter venire e ha sciolto la riserva soltanto il 16 marzo. Quando ho inviato la comunicazione che Umberto sarebbe venuto mi è stato detto che l’ufficio di presidenza (guidato dal leghista Davide Boni, ndr) non voleva che intervenisse perché aveva rilasciato un’intervista sulla necessità di azzerare la giunta. Avevo anche chiesto chi sarebbe intervenuto per la Regione, scrivendo: ‘è altamente sconsigliabile, a mio parere, che intervenga qualcuno che sia indagato o abbia problemi di legalità, perché dalla platea di studenti potrebbero venire commenti spiacevoli’”.
Lunedì scorso dall’ufficio del cerimoniale arriva il programma della mattinata. E in effetti il nome di Umberto non c’è. “Ho fatto le mie rimostranze, ma non è servito a nulla”, spiega Garuti, che parla di un vero e proprio diktat contro Ambrosoli. Dopo che nell’intervista aveva parlato di “sfacciataggine condivisa” in riferimento a un ufficio di presidenza che conta quattro dei cinque membri originari sotto inchiesta della magistratura. E aveva paragonato la difesa della Lega di oggi a quella del Psi nel ’92, quando i lumbard “agitavano il cappio per i mariuoli in Parlamento”. Una parziale toppa i rappresentanti della maggioranza l’hanno messa questa mattina, quando il consigliere del Carroccio Massimiliano Romeo ha invitato a parlare la figlia dell’avvocatoFrancesca Ambrosoli, presente in sala. Al termine della proiezione Francesca è intervenuta e rivolta agli studenti ha detto: “Mi dà sempre molta speranza vedere ragazzi che ricordano la figura di mio padre perché occorre guardare avanti con fiducia”. Dal canto suo, il fratello Umberto ha preferito evitare ogni polemica. E sulla sua bacheca facebook, dove ha raccolto la solidarietà di decine di utenti, ha commentato: “Grazie a tutti, ma le cosa importante è che i ragazzi abbiano avuto l’occasione di guardare il film Un Eroe borghese (che, magari, nella programmazione TV gli era sfuggito), di incontrare quella storia, quel modo di intendere il proprio ruolo, la propria responsabilità. La presenza di mia sorella, poi, risolve ogni altra questione”.

Dalla ditta di rottami all’impero miliardario: il sistema Ragosta tra hotel, clan e giudici . penetra in sardegna



Dalla ditta di rottami all’impero miliardario: il sistema Ragosta tra hotel, clan e giudici

Scandalo sulla commissione tributaria di Napoli: la storia dei commercianti di ferro che, secondo l'accusa, riciclavano il denaro del clan camorristico dei Fabbroncino. Ma non solo: corruzione, favori, consulenze, assunzioni
È il 15 gennaio 1993. Giuseppe Ragosta, detto Peppe ‘a balia, 52 anni, viene ammazzato a Pomigliano d’Arco, in via del Casotto, all’interno della sua ditta di rottamazione. Sono le sei di sera. I sicari feriscono anche il figlio trentenne,Giovanni. Giuseppe Ragosta, commerciante in ferro, negli anni Settanta era diventato famoso a San Giuseppe Vesuviano per aver affrontato e ucciso il “guappo” Riccardo Annunziata. Poi era finito in carcere, ma nessuno dei suoi vecchi compagni di cella lo associa a un qualche clan: non stava con Carmine Alfieri. Stava coi Fabbroncino? Forse, ma non è detto. In quel 1993, del resto, le famiglie di camorra vesuviane erano in disarmo e l’area della Striscia di Gaza – così era chiamata dai clan la zona tra San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano, San Gennaro e Palma Campania – era in mano alla sola famiglia di Mario Fabbroncino.Nel gennaio ‘93 Giuseppe lascia tre figli – Giovanni, Francesco e Fedele – e un’impresa che fatica a produrre un qualche guadagno. L’assicuratore Giuseppe Esposito ricorda come all’epoca non riuscisse a ottenere dai figli di Ragosta neanche degli assegni postdatati. In vent’anni, però, la fortuna gira. Nel 2009 Esposito incrocia a San Giuseppe “una Bentley elegantissima, scura, da cui uscì Fedele Ragosta. Era una persona diversa, non lo vedevo da più di 10 anni, era elegante, stirato. Mi diede anche un pizzicotto sulla guancia, come se fosse un uomo superiore. Io, per tutta risposta, gli dissi: ‘Ti ricordi quando non riuscivi a pagarmi l’assicurazione?’, e lui: ‘Ma che vai pensando, vieni a trovarmi a Posillipo dove adesso mi sono trasferito’. Aveva cambiato anche il modo di parlare, era meno paesano”. Come era stata possibile questa ascesa?







Nell’ordinanza con cui lunedì la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha mandato agli arresti 47 persone, tra cui 16 giudici tributari e i tre fratelli Ragosta, si fornisce una spiegazione: ed è legata a una grossa iniezione di denaro liquido di provenienza camorrista. Tra gli anni Novanta e l’inizio del 2000, nessuno dei componenti della famiglia (i tre fratelli e le loro mogli) sembra essere destinato a un futuro scintillante: le loro migliori dichiarazioni dei redditi si fermano ai

le mafie in sardegna 1

dalla  nuova  sardegna  online del 19  ne del 20 marzo

Camorra, sequestrato il palazzo che ospita l'Inps di Oristano

La Guardia di finanza di Oristano ha posto sotto sequestro l’intero palazzo dove hanno sede gli uffici della sede provinciale dell’Inps. Il sequestro è stato eseguito nell'ambito dell’inchiesta sul gruppo campano Ragosta 

La sede dell'Inps di Oristano  
                                                         





ORISTANO. La Guardia di finanza di Oristano ha posto sotto sequestro l’intero palazzo dove hanno sede gli uffici della sede provinciale dell’Inps, nel quartiere San Nicola, alla periferia del capoluogo. Il sequestro segue un provvedimento esecutivo inserito nell’inchiesta sul gruppo campano Ragosta, impegnato tra l’altro nel settore immobiliare.
L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, questa mattina ha portato all’esecuzione da parte delle Fiamme gialle di 60 misure cautelari: 22 in carcere, 25 con i benefici dei domiciliari e 13 divieti di dimora. Tra i destinatari delle misure cautelari ci sono anche sedici giudici tributari, otto funzionari impiegati nelle Commissioni tributarie provinciale e tegionale di Napoli, un membro del Garante del contribuente della Campania e un funzionario dell’Agenzia delle entrate di Napoli.
Complessivamente in tutta Italia sono stati sequestrati beni per un valore di un miliardo di euro. Il palazzo che ospita la sede dell’Inps di Oristano in passato era stato oggetto di un contenzioso che aveva avuto per protagonista proprio il Gruppo Ragosta.


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ORISTANO. Da piccola impresa familiare in 15 anni diventa una holding. Ma per fare tanta e rapida strada il gruppo Ragosta ha avuto il supporto dei soldi del clan camorristico Fabbrocino. Un'ombra che ha sempre accompagnato la controversa vicenda dei palazzi finanziari di Oristano che ospitano l'Inps. Da ieri le torri sono sotto sequestro. A sostenere il doppio filo dei Ragosta con la camorra (si veda l'articolo sotto) sono i pubblici ministeri di Napoli. Tra i 60 indagati ci sono i fratelli Fedele, Giovanni e Francesco Ragosta, originari di San Giuseppe Vesuviano. Il sequestro del palazzo nel rione San Nicola a Oristano è stato eseguito dalle stesse fiamme gialle di Napoli. I colleghi di Oristano hanno solo dovuto registrare la notifica di un fax. Del resto per loro sarebbe stato imbarazzante procedere, essendo la stessa guardia di finanza ospite in un'ala della struttura, benchè non interessata alla vicenda, che invece chiama in causa direttamente l'Inps, in quanto inquilino dei palazzi. Il sospetto dei magistrati è che

il mondo dei libri



grazie  alla mia  cdv   facebookiana  Greta  ho scoperto    questa frase  dello scrittore  http://it.wikipedia.org/wiki/Elias_Canetti




Ci sono libri che si posseggono da vent’anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sé di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent’anni, viene un momento in cui d’improvviso quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri d’un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione. Ora sappiamo perché lo abbiamo trattato con tante cerimonie. Doveva stare a lungo vicino a noi ; doveva viaggiare; doveva occupare posto; doveva essere un peso; ed adesso ha raggiunto lo scopo del suo viaggio, adesso si svela, adesso illumina i vent’anni trascorsi in cui è vissuto, muto, con noi. Non potrebbe dire tanto se per tutto quel tempo non fosse rimasto muto, e solo un idiota si azzarderebbe a credere che dentro ci siano state sempre le medesime cose.

Primavera










Primavera,
maestosa,
superba e altera,
sfuggita ormai
in contrade di solitudine,
lasci il tuo passo,
discreto e troneggiante,
in ricordi d'un ieri,
in città malate,
nel vapore
dei nostri tenui desii.

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...