L’unica donna tra i cinquemila boscaioli delle Dolomiti. “Non c’è tempo, dobbiamo essere più veloci dei parassiti” ed Imola c'è un corriere in bicicletta che ripara anche l’interruttore ma non solo che non funziona più

da repubblica del 06 Giugno 2019





                            Vania Zoppé, 39 anni, di Puos d’Alpago, nel Bellunese. 







La sfida di Vania: “Salverò i boschi feriti dal vento”

L’unica donna tra i cinquemila boscaioli delle Dolomiti. “Non c’è tempo, dobbiamo essere più veloci dei parassiti”

FORESTA DEL CANSIGLIO (BELLUNO) - Il primo abete rosso finisce di cadere alle sei. Il sole non ha ancora risalito il Col Solèr e la foresta del Cansiglio è muta. Alla motosega basta una dentata invisibile, sopra le radici. Questo albero era nato oltre un secolo fa e ha cominciato a morire la notte del 29 ottobre. A sfibrarlo, la tempesta Vaia."Lo metto a terra solo dopo sette mesi - dice Vania Zoppè - prima che per riposare ne trascini sull'erba altri tre. Se non facciamo ordine, il bosco rinasce troppo lento e sbagliato".
Vania è venuta al mondo nell'Alpago, tra Veneto e Friuli. Fa la boscaiola da quando aveva 14 anni. Adesso ne ha 39: è l'unica donna, in un esercito di oltre 5 mila maschi, a lavorare sugli schianti che hanno sconvolto le Alpi del Nordest. Il vento, in quattro ore, ha abbattuto oltre 41 milioni di piante. Le Dolomiti solo adesso riemergono dalla neve dell'inverno. Un'area di 42 mila ettari resta irriconoscibile.
Anche la guerra di Vania contro Vaia, un secolo dopo quella ingaggiata dai recuperanti alla fine del primo conflitto mondiale, è perduta in partenza. "Sulle Alpi la distruzione è tale - dice - che le montagne non saranno più come prima. I nostri nipoti potranno camminare di nuovo nella bellezza, ma quel mondo sarà diverso".
La sua vita, dall' 11 giugno, verrà raccontata in un documentario tv su   Dmax ( https://dmax.it/ )ha seguito quattro famiglie di boscaioli al lavoro per aiutare la natura a ripartire in un modo compatibile con la vita umana.
"È importante capire perché siamo noi la causa del disastro - dice Vania - ma essenziale è spiegare come lo si può superare. Sfugge un dettaglio: nelle foreste devastate sta lottando la più grande armata internazionale di boscaioli mai schierata in Europa. È invisibile, ma se perde la sfida contro i parassiti che con il caldo polverizzano il legno morto, prima di divorare quello vivo, in montagna sparirà anche la vita".
Suo bisnonno coltivava i boschi già nell'Ottocento. Lei è la quarta generazione. Anche la mamma, Catterina Gazzi, menava l'accetta. "Con mio fratello Abramo - dice Vania nella baracca dove si prepara il pranzo - abbiamo cominciato da bambini. Ho acceso la prima motosega a 11 anni, in pochi mesi ero sul trattore. Mio padre Pasquale veniva in classe e mi portava nel bosco. Diceva che dovevo stare attenta: quando sbagli con i tronchi, se sei fortunato, resti ucciso. Io ho scelto gli alberi dopo le medie. Solo in questi giorni intuisco che non l'ho fatto solo per essere libera e mangiare".
Dalle foreste, tra Lombardia e Friuli, ogni giorno partono per le segherie di mezza Europa 800 tir carichi di legname. In tempi normali un simile carico si accumula in 5 anni. Sono già sei, da marzo, i boscaioli morti per un incidente. Centinaia i feriti. Lavorare sugli schianti significa non vedere la cima dell'albero: se l'inclinazione è sbagliata, la pianta ti schiaccia. Vania, sette anni fa, aveva deciso di smettere. "Mio marito Luca - dice - è stato ucciso dalla leucemia. Aveva trent'anni, lavorava con me. Ci erano nati due bambini: Elisa non aveva compiuto 7 anni, Andrea 4. Senza di loro mi sarei buttata giù da una diga. Ho provato cos'è la violenza dell'amore".
Anche allora l'ha salvata la foresta del Cansiglio. Per cinque giorni ha lavorato in una fabbrica di pasta. Al sesto, come da bambina, è tornata nel bosco. "Per accettare di vivere - dice - dovevo concentrarmi. Un tronco ti impone di pensare solo a ciò che fai. Tagliavo, sramavo, accatastavo e caricavo 12 ore al giorno. La foresta ha risparmiato me, adesso sono qui per saldare il mio debito e fare qualcosa per lei".
A fine aprile anche forestali e botanici, impegnati a mettere a dimora 10 milioni di nuovi alberi, stavano per arrendersi. La neve tardiva e le gelate, paradossale effetto del clima surriscaldato, hanno spezzato e bruciato le piantine sopravvissute alla tempesta. Vania ha smesso di pulire radure e canaloni e ha raddrizzato migliaia di cime. Una per una, con le mani. "La testa di faggi e pecci - dice - deve trovare la strada del cielo. La vita è una questione verticale. Deve stare in piedi: la terra guasta invece mette tutto in orizzontale". Anche le famiglie che oggi combattono per salvare la vita in alta quota. Un anno fa i tronchi da opera valevano 70 euro al metro cubo, oggi 50. A fine estate non si arriverà a 40. Il legname da imballo è sotto i 30. Per quello da cippato non danno più di 1 euro. Fra Alto Adige, Veneto e Trentino, ringraziano chi lo porta via gratis.
"Stare qui - dice Vania - non conviene. Se pensi alla paga vai via. Mai una vacanza, mai il capriccio di un desiderio realizzabile. Solo se la foresta è casa e le piante sono le amiche che ti fanno compagnia, ha senso ridare il posto giusto a ogni cosa. La mia famiglia mangia spesso minestra: ma quando pulisci un pascolo e vedi che le punte dei nuovi ciliegi selvatici spingono dal sottosuolo, come adesso, senti che stai facendo la tua parte".
I suoi figli e il cane pastore Max non se ne accorgeranno. Migliaia di corridoi aperti nel folto per i verricelli, come torrenti scavati nei ghiacciai, non si rimargineranno in questo secolo. Habitat fragili vengono sconvolti da maxi-mezzi di imprese straniere, costrette a reggersi sulla quantità. La terra allo stremo cerca di riprogrammarsi: prevede eventi climatici ignoti e per riprodurre le specie adotta essenze aliene. "Nel Cansiglio - dice Vania - scopro già piante pioniere di altre latitudini. Migrano con il vento, come gli umani vanno dove non sono condannati a morire giovani. Ogni forma di vita conosce la sua tempesta ed è pronta al sacrificio per resistere a chi la scatena".
È sera. La boscaiola di Spert conta i fusti alzati e puliti, una miniera di biossido di carbonio generosamente sottratto all'aria avvelenata del mondo. "Nessuno si accorge - dice - ma anche oggi io ho combattuto. Voi che navigate online, che parlate e che ricordate perfino come si chiamano i politici - chiede - cosa fate di buono per convincere un larice a rimanere in piedi nonostante tutto?".
Parla di fiducia. sa che oggi, sulla montagna italiana degli alberi perduti, non serve meno della sua motosega.



Commenti

Post popolari in questo blog

"Meglio in cella che testimone senza scorta" Ex pentito della banda di Is Mirrionis ruba un furgone e si autodenuncia in questura

s-come-selen-sposa-s-come-sara-sex due destini che s'incrociano

la canzone preghiera dei cugini di campagna racconta di Jole ed Ettore, i fidanzatini sassaresi lei morì di leucemia, lui si uccise