i miei precedenti post
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N.b .Una precisazione doverosa , alle amiche e utenti femministe non sto giustificando , perchè la violenza psicologica e fisica non è mai giustificabile men che meno verso una donna . Ma di parlarne a 360 gradi
Infatti come dice Alessia Sorgato avvocato di Milano che si occupa prevalentemente di casi di violenza
sulle donne, e da anni è impegnata nell’assistere sia le vittime di quella che lei definisce “violenza canonica”, sia le vittime delle nuove tipologie di violenza, come il revenge porn o il “bomberismo”. È inoltre autrice del libro Giù le mani dalle donne, edito da Mondadori. intervista dal portale https://www.tpi.it/ per fare chiarezza e per identificare anche quelle forme di violenza che oggi proliferano grazie ai nuovi mezzi di comunicazione.La violenza “canonica”“Bisogna ricordare prima di tutto che esistono quattro forme di violenza canonica: fisica, psicologica, sessuale ed economica. In Italia la violenza fisica continua ad essere perseguita e il panorama di norme che disciplinano la materia è soddisfacente”, racconta l’avvocato. “Anche trovare le prove è molto più semplice”.“La violenza fisica, anche se non denunciata dalla diretta interessata, può comunque essere segnalata da persone terze che si accorgono dei segni sul corpo della persona”, prosegue Sorgato.“La violenza sessuale è un reato gravissimo, ben disciplinato nel nostro ordinamento ma descritto male dalle cronache e dalla stampa”.Secondo quanto sostiene Sorgato, alcuni dei problemi relativi alla narrazione dei reati sessuali riguardano il modo in cui vengono interpretate le sentenze: “Se si tratta di assoluzione, spesso si tende a gridare allo scandalo, dimenticando le logiche attraverso le quali si è giunti a quella sentenza”.Le definizioni che legano sentenze e reati in questo modo verrebbero falsate, e si tenderebbe a innescare un meccanismo controproducente nei confronti di chi vittima lo è per davvero.Discorso a sé meritano invece le violenze psicologiche e le violenze economiche: su entrambi i punti l’avvocato Sorgato è piuttosto critica: “La violenza psicologica è una materia troppo delicata, troppo soggettiva e sottile. Vi è una difficoltà seria per le persone che denunciano questo tipo di violenza”.“La minaccia deve essere grave, il reato di ingiuria è stato depenalizzato a gennaio 2016, e questo vuol dire che la soglia di ciò che è tollerato si è innalzata facendo sì che ci stiamo abituando a espressioni della violenza che non valgono nulla”.Se il reato di ingiuria è stato completamente cancellato, ci troviamo di fronte all’estinzione dell’illecito: chiunque è libero di poter offendere impunemente un’altra persona, senza il pericolo di incorrere né in un procedimento penale, né tanto meno in una condanna civile al risarcimento del danno.L’impostazione dei magistrati è ancora molto tradizionale, ma le norme della materia che in gergo viene identificata come “endofamiliare” sono state aggiornate grazie anche all’intervento dell’Europa, che dal 2013 ha aiutato il processo di svecchiamento: “È stata introdotta ad esempio l’aggravante della violenza assistita, che tutela i minori di 18 anni anche quando non sono vittime di violenza ma che assistono a gesti violenti in famiglia”, spiega Sorgato. “Questo serve anche a prevenire il fenomeno della love addiction, per il quale si tende a ricercare gli stessi modelli violenti, o a diventare loro stessi generatori di violenza”.
il 25 novembre è un giornata puliscosciernza e ipocrita perchè parla solo a senso unico delle violenze di genere \ femminicidi .
Infatti affronta solo il problema da un lato e non a 360 gradi e descrive solo le violenze che uomini commettono sulle donne dimenticandosi o facendo passare in secondo piano 1) che anche gli uomini sono fragili e dietro il loro violenze a volte si nascondono problemi e che dietro a certi loro comportamenti c'è un il disagio psicologico ., 2) che c'è differenza , come ho già detto precedentemente in uno dei tanti post sull'edizione del 2020 del 25 novembre o a essi collegati ( trovate sopra ad inizio post gli altri miei post ) tra UOMO E MASCHIO ma generalmente la stampa ed i media gli uniscono fondendoli insieme . 3) che anche lo stato e le istituzioni fan violenza sule donne . Trovate a mo' d'introduzione di ciascun post degli articoli se sempre di Tpi per approfondire l'argomenti . Per ora eccovi due storie .
la prima una violenza di stato , la seconda di uomini fragili .
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“Ho denunciato le violenze del mio compagno e mi hanno tolto mia figlia. Non la vedo da 9 anni”. La storia di Ginevra Amerighi Ginevra non vede sua figlia Arianna da 9 anni per un provvedimento provvisorio del tribunale dei minori
Di Anna Ditta Pubblicato il 6 Mar. 2020 alle 13:28 Aggiornato il 6 Mar. 2020 alle 13:49
“Ho denunciato le violenze del mio compagno e mi hanno tolto mia figlia. Non la vedo da 9 anni”. La storia di Ginevra Amerighi “Arianna aveva 18 mesi quando è stata portata via. Era proprio piccola: quella mattina le avevo dato il latte. Mi guardava con i suoi occhi dentro gli occhi miei, e me l’hanno portata via. Da allora non l’ho più vista”. Ginevra Pantasilea Amerighi è un’insegnante di scuola elementare di 46 anni. È romana, ma da tre anni vive e lavora a Lipari. Non riusciva più a rimanere nella città in cui sua figlia Arianna vive col padre, il suo ex compagno, l’uomo che lei ha denunciato e che nel 2018 è stato condannato in primo grado per lesioni. Ginevra non può vedere né sentire Arianna da 9 anni. A impedirglielo è un provvedimento “provvisorio” del tribunale dei minori. Arianna da allora vive col padre, un imprenditore romano il cui nome è finito sui giornali a settembre 2016, quando è stato coinvolto nelle indagini della Procura insieme a Massimo Nicoletti, figlio dell’ex cassiere della Banda della Magliana, per il caso di Stefano Ricucci e l’inchiesta sulla corruzione del giudice Nicola Russo. La storia di Ginevra Amerighi Ginevra ha conosciuto F.M., l’uomo che sarebbe diventato padre di sua figlia, a luglio del 2008. All’epoca non sapeva che lui era stato denunciato per violenze dalle due ex mogli. I due si rivedono a settembre e dopo poco tempo vanno a convivere. A Natale lei rimane incinta. “Aveva molta fretta di vivere insieme, fare un figlio”, racconta Ginevra a TPI. “Io ero innamorata, era stato un colpo di fulmine quando ci siamo incontrati. Ma da quando sono rimasta incinta lui ha cambiato completamente atteggiamento nei miei confronti. All’inizio era gentile e premuroso, tutto quello che una donna può desiderare. Poi ha avuto una trasformazione improvvisa. Ha iniziato a essere possessivo, non voleva che andassi più dai miei, dove avev lasciato anche il mio cane e il mio gatto perché non voleva che li portassi a casa sua. Non potevo più vedere o sentire le mie amiche. Mi ha fatto anche cambiare numero di cellulare”. “Era sempre più violento negli atteggiamenti, non con le mani”, spiega. “I primi tre mesi di gravidanza li ho passati così, tra i silenzi, le atmosfere pesanti, con lui che non mi faceva mai sapere cosa faceva e se sarebbe tornato per cena. Dopo ha iniziato a essere violento anche con le mani, mi offendeva e usava intimidazioni e minacce. Mi strattonava e se provavo a reagire mi urlava addosso che non avrei dovuto mettermi contro di lui”. Durante uno di questi episodi di violenza, a marzo 2009, Ginevra ha delle perdite di sangue, rischia di abortire e decide di andarsene, nonostante le minacce. “Lui e sua madre mi dicevano che se mi fossi messa contro di loro avrei perso, che mi avrebbero tolto la bambina, che l’avrebbero affidata a loro perché erano ricchi”, racconta. “Pensavo che una cosa del genere non fosse possibile”. Le violenze e il coraggio di denunciare Nei mesi successivi, Ginevra racconta che l’ex compagno continuava a perseguitarla. “Quando ero incinta di sei mesi mi ha invitata a cena, pensavo volesse riconciliarsi e volevo una famiglia unita per mia figlia”, dice. “Invece mi ha proposto dei soldi in cambio della bambina. A quel punto me ne sono andata dal ristorante, sono tornata a casa in taxi”. Per due mesi i due non hanno nessun contatto. Poi decidono di fare ancora un tentativo e a settembre Ginevra dà alla luce Arianna. “Lui non è venuto neanche in ospedale”, racconta lei. “Quando la bambina aveva 40 giorni un giorno abbiamo avuto un brutto litigio. La stavo allattando e sua madre mi ha intimato di darle la bambina. Io le chiesi di uscire dalla stanza, dicendole che non poteva comportasi in questo modo. Lui mi è venuto addosso e mi ha detto di obbedire a sua madre. Mi ha strattonata e sbattuta contro la spalliera del letto, rischiando di farmi cadere sopra la neonata. Mi ha iniziata a colpire sul seno. È stato il nostro collaboratore domestico filippino a intervenire, portando via sua madre. Io mi sono chiusa in bagno con la bambina e ho chiamato la polizia”. “Gli agenti dissero che non potevano fare niente, perché non era in flagranza di reato. Andarono via dicendoci di cercare di fare la pace. Quando sono usciti lui ha minacciato di uccidermi, ha detto che dovevo andare via dalla casa, altrimenti mi avrebbe ammazzata. A quel punto sono tornata dai miei, ma lì è iniziata la sua persecuzione, perché voleva che la bambina stesse con lui”. “A Natale mi ha proposto di tornare insieme, e io pur di farlo smettere ci ho provato di nuovo”, racconta. “Aveva preso una casa in affitto per me e la bambina, perché aveva paura che occupassi casa sua con nostra figlia, non voleva più che ci rimettessi piede. Dopo neanche 10 giorni di convivenza difficile mi ha aggredita di nuovo, davanti alla bambina che aveva sei mesi e piangeva legata seggiolone”. “In quel momento speravo solo che non mi togliesse le mani di dosso, perché avevo paura che se la prendesse con lei appena avrebbe finito con me”, confessa Ginevra. “È stato il momento più brutto che ho vissuto in vita mia, ma quando ho visto che invece di andare verso la bambina andava verso la porta e scappava di casa ho tirato un sospiro di sollievo. Ho chiamato il centro antiviolenza, mi hanno detto di andare a denunciare. È quello che ho fatto, ma da quel momento ho finito di vivere, perché ho perso la bambina”. Arianna viene portata via Contro F.M. inizia un processo per lesioni, che si è concluso nel 2018 con la condanna in primo grado. Parallelamente, davanti il Tribunale dei minori inizia la battaglia legale per l’affidamento di Arianna. L’avvocato del padre della bambina chiede una perizia psichiatrica su Ginevra. La diagnosi è quella di “tratti istrionici e prognosticati comportamenti imprevedibili nel futuro”. A firmarla è Marisa Malagoli Togliatti, che invita Ginevra “a farsi curare” presso un centro di salute mentale. “Questo disturbo non è neanche nei manuali di psicologia”, sottolinea Ginevra, che negli anni successivi è stata sottoposta ad altre perizie che confutano il risultato della prima. “Mi è stato affibbiato così, senza neanche una motivazione”. La mattina del 23 marzo 2011, Ginevra esce con Arianna per fare una passeggiata ma si trova davanti diverse persone tra assistenti sociali, carabinieri e un’ambulanza. “Mi mostrano un decreto del Tribunale dei minori che mi toglie Arianna, che stabilisce che lei sarebbe dovuta andare a vivere con il padre e io non avrei più dovuto avere alcun contatto con lei. Mi hanno detto che se fossi andata a curarmi al dipartimento di salute mentale me l’avrebbero fatta rivedere, io ci sono andata ma non è servito”. Quando le portano via sua figlia Ginevra è devastata. “La sera lei non c’era più, avevo solo voglia di morire”, dice in lacrime a TPI. “C’erano i suoi giochi, le impronte delle sue manine sui vetri, c’era tutto e non c’era niente. Non so come ho fatto a mangiare, a lavarmi, a fare tutto quello che ho fatto fino ad oggi”. “Il provvedimento era provvisorio e lo è ancora, dopo 9 anni”, spiega Ginevra. “Per questo non posso impugnarlo né in appello né in Cassazione. Non posso neanche adire alla Corte europea”. Il decreto era uscito il 15 marzo 2011. Pochi giorni prima, l’ex compagno di Ginevra era stato rinviato a giudizio di lui per violenze e maltrattamenti. Dopo la condanna in primo grado per lesioni, l’udienza in Corte d’Appello viene fissata due anni dopo, il 7 febbraio 2020, ma in quella data è stata rinviata di un mese. Un nuovo rinvio la fissa a novembre, ma ormai il reato è vicino alla prescrizione. Gli ultimi anni Ginevra Amerighi non si è mai arresa in tutti questi anni e da tempo ormai ha iniziato ad andare in televisione per chiedere aiuto. Comincia a partecipare a singhiozzo a trasmissioni televisive, parla ai giornali, ma per anni non succede nulla. “Erano tutti restii a parlare di casi di minori, era diverso 10 anni fa. Non se ne parlava come oggi”, racconta. Nel 2017 Ginevra presenta un’istanza al Tribunale dei minori per rivedere Arianna, ma per due anni non arriva risposta, neanche dopo la condanna dell’ex compagno. Dopo l’ennesimo articolo su un giornale, il Tribunale manda gli assistenti sociali a casa di Ginevra e nella scuola in cui insegna, per controllare le sue condizioni di vita. Nella relazione, che TPI ha potuto visionare, si sottolinea la “spontaneità e trasparenza” della donna, che nella sua professione di insegnante “non ha mai riportato note di demerito, richiami o problemi di alcun tipo con bambini, colleghi o genitori”. Il documento si conclude sottolineando che “è persona responsabile, obbiettiva, con un pensiero lineare e critico” e che “non presenta turbamenti o idee prevalenti o disturbi anche di lieve entità che possano giustificare una indagine psichiatrica”. Niente è riuscito a fermare la lotta di Ginevra, che negli scorsi mesi ha scritto anche lettere al Papa e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per rivedere Arianna. “Sono sicura che mia figlia ha bisogno di me, che mi ha cercata in tutti questi anni”, dice. Il tribunale dei minori ha fissato un’udienza per il primo aprile 2020. Intanto il 23 marzo saranno 9 anni che Ginevra non vede sua figlia.
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Due uomini violenti, ora pentiti, raccontano come hanno superato il disagio psicologico a causa del quale commettevano atti di violenza domestica
*Gaetano e Paolo sono nomi di fantasia in quanto le persone intervistate hanno richiesto l’anonimato.
Polemiche sul tutorial Rai per fare la spesa in modo sexy
infatti questo articolo di https://www.tvblog.it intitolato appunto : << 25 Novembre tra palinsesti speciali e tutorial fuori luogo: l’ipocrisia delle celebrazioni sulle, per le, con le donne L’ipocrisia delle programmazioni speciali emerge con forza nel confronto con l’offerta quotidiana >> mi da ragione a quanto dicevo giorni fa ( vedere url in cinema al post ) su tale giornata .
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