23.5.08

Il senso del pride





In questi giorni si discute molto del razzismo e degli atteggiamenti discriminatori della destra. Mi imbatto in un messaggio apparso in un forum: “Siamo alle solite: la sinistra conformista strumentalizza la polemica scatenata dalla decisione del ministro Carfagna.  Io credo che potrebbe esistere un Pride di persone normali, vestite con abiti sobri e capaci di fare delle richieste specifiche, anziché vuoti proclami politici. Uomini con cravatta e donne con tailleur. Perché la sinistra non promuove questo tipo di manifestazioni, invece che la solita carnevalata?

La prima risposta che mi viene in mente è: perché non la promuove la destra una manifestazione così “sobria”? Mi verrebbe voglia di rispondere ancora: “perché no, allora, una manifestazione di donne islamiche che portino istanze di emancipazione vestite col burqa?”.

Probabilmente chi propone un “Pride non provocatorio” non è informato sull’origine della manifestazione, che rievoca i moti di Stonewall del 1969. Stonewall (oggi monumento nazionale) era un locale gay di Manhattan, oggetto di  continue “visite” della polizia, che trovava sempre dei pretesti per picchiare e arrestare gli avventori (non essendo reato manifestare la propria omosessualità). Le vittime preferite dei poliziotti erano i travestiti, facilmente stigmatizzabili come pervertiti, e le persone trovate in situazioni indecenti (come lo stare abbracciati, avere un abbigliamento provocatorio, stare mano nella mano): le retate consentivano ai giovani di buona famiglia (chissà, magari quelli in giacca e cravatta o tailleur) di dileguarsi prima che il pestaggio, la verbalizzazione e gli arresti avessero inizio. I gay non reagivano e si limitavano a difendersi o a scappare.

Il 27 giugno del 1969 era un venerdì, e dunque il locale era particolarmente frequentato. Lo stato emotivo dei clienti e del personale dello Stonewall era particolarmente teso per vari motivi (la morte di Judy Garland, il periodo particolarmente carico di agitazioni e di rivendicazioni sociali). Fatto sta che all'ennesima retata degli uomini d'ordine, gli avventori reagirono alle loro provocazioni: all’inizio fu un ragazzo, vestito da donna, che insultato dal manganello di un poliziotto, utilizzato in maniera impropria, glielo strappò di mano e lo usò contro di lui. Cominciò uno scontro vero e proprio tra omosessuali e agenti, che terminò con decine di gay arrestati o portati in ospedale. Il giorno successivo per la prima volta i giornali parlarono degli omosessuali che “rivendicano il diritto di vivere tranquilli”, ma lo fecero usando la solita retorica machista, descrivendo gli “urletti”, i “mascara che colavano”, i “reggiseni che si slacciavano sotto le botte”. Tanto bastò per montare l'orgoglio degli omosessuali di New York: da quella sera si fecero trovare sempre dentro e fuori dal locale di Stonewall, per lo più vestiti da donna o in atteggiamenti provocanti (tollerati, comunque alle coppie etero). A loro si unirono manifestanti etero, simpatizzanti, esponenti della cultura, mentre la polizia era sempre incaricata di disperderli.  

Il 28 giugno di ogni anno i movimenti gay ricordano quell’evento triste, ma liberatorio, attraverso lo stesso “orgoglio” manifestato dai loro predecessori. Ecco il senso del “pride”. Il film di Nigel Fitch può aiutare a capire meglio quegli eventi, persino alla Carfagna.

3 commenti:

nonsodove ha detto...

in effetti hce sia proprio il ministro delle pari opportunità a non patrocinare il gay pride è un pò strano......però non sarebbe effettivamente meglio sedersi ad un tavolo e discutere dei diritti che meritano di avere?

compagnidiviaggio ha detto...

ottimo post .. grazie .

@nonsodove

Concordo con te . infatti posso anche capirecomprendere che lo stato non dia il patrocino ed il finanziamento a tali manifestazioni in quanto deve fare e salvaguardare anche l'interesse di chi è contrario ad esse ma le frasi della Carfagna ( in questo caso , ma protesterei se l'avesse dette un ministro a di sinistra ) sono vergognose ed intollerabili degne di una cultura omofibica e sessista oltre che becero razzismo

ProfumoLavanda ha detto...

[Continua da sopra...]

La seconda spiegazione è meno rigorosa dal punto di vista storico ma più popolare, e collega i moti del giugno 1969 con la morte, una settimana prima, di Judy Garland, un'importante icona culturale in cui si identificavano molti appartenenti alla comunità gay. Il palpabile lutto per la sua perdita culminò nel suo funerale, il 27 giugno, cui parteciparono 22.000 persone, tra cui si stima che 12.000 fossero gay. Molti degli avventori dello Stonewall quindi sarebbero stati ancora provati emotivamente quando quella notte avvenne l'irruzione.

Questa è la tesi che viene sposata, e quindi resa celebre, dal film Stonewall.

Il raid di Stonewall e le conseguenze

Diversi fattori differenziano il raid che si svolse il 28 giugno da altri simili allo Stonewall Inn. Generalmente, il sesto distretto avvisava i gestori dello Stonewall Inn prima di un raid. Inoltre, tali raid venivano compiuti abbastanza presto la sera, in modo da permettere il normale ritorno agli affari per le ore di punta della notte.

Approssimativamente all'1 e 20 di notte, molto più tardi del solito, otto ufficiali del primo distretto, dei quali solo uno era in uniforme, entrarono nel bar di Christopher Street. Gran parte degli avventori fu in grado di sfuggire all'arresto, poiché gli unici arrestati furono "coloro i quali si trovavano privi di documenti di identità, quelli vestiti con abiti del sesso opposto, e alcuni o tutti i dipendenti del bar".

I dettagli su come ebbe inizio la rivolta variano.

Secondo un resoconto, una transgender di nome Sylvia Rivera scagliò una bottiglia contro un agente, dopo essere stata pungolata con un manganello (Duberman). Un'altra versione dichiara che una lesbica, trascinata verso un'auto di pattuglia, oppose resistenza, incoraggiando così la folla a reagire .

Comunque sia, la mischia si accese in mezzo alla folla, che presto sopraffece la polizia. Intontiti, i poliziotti si ritirarono all'interno del bar. Il cantante eterosessuale Dave van Ronk, che stava...

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