la conferma dello scrocco degli influenzer ( ne ho parlato nel post : << Tutti contro i “supplied” La rivolta ( o il solito fuoco di paglia o indignazione ) dei follower contro lo “scrocco” degli influencer >> e di quelle che potrebbero essere faziosità velenose contro gli influenzer da parte di una famosa blogger con il dente avvelenato c'è la conferma dello scrocco e dell'evasione di guagni miliardari
Fisco e influencer: il “baratto” digitale finisce sotto la lente
Dopo anni di Far West, da pochi mesi anche in Italia il Fisco ha messo sotto la lente influencer, content creator, gamer e tutto il vasto mondo delle professioni che ruotano intorno al marketing sul web e i social network. Il Fatto nei giorni scorsi ha raccontato il malumore degli utenti che contestano ai loro ex beniamini social i benefici ottenuti, tra viaggi, ristoranti, pernottamenti gratis o quali. Adesso su quel mondo arriva anche la mano del Fisco. Al momento non esistono leggi e discipline fiscali specifiche per queste categorie. Ma a marzo un’operazione del comando provinciale della Guardia di Finanza di Bologna è intervenuta su quattro influencer e cinque digital creator attivi nella pubblicazione sul web di prestazioni a pagamento, recuperando 11 milioni di redditi non dichiarati e incassandone 2,8.
SU QUESTE SABBIE così mobili si crea comunque un giro d’affari importante. Secondo l’ultimo rapporto dell’osservatorio nazionale sull’influencer marketing, nel 2023 il settore ha raccolto in Italia investimenti per 323 milioni, creato 238.800 contenuti digitali in collaborazione con i brand e ottenuto oltre 192 milioni di interazioni social. Ecco perché il 9 marzo ADE e Guardia di Finanza hanno siglato un memorandum operativo congiunto per garantire il rispetto delle regole fiscali da parte di influencer, blogger e creator. Il piano d’azione per il contrasto all’evasione parte dall’esame e valorizzazione dei dati disponibili, con approfondimenti sulle “posizioni caratterizzate da una forte sproporzione tra redditi dichiarati, numero di iscritti o visualizzazioni sui canali web e disponibilità di beni” come immobili, auto di lusso, società.
Il problema è che la disciplina fiscale applicabile ai content creator, a seconda dei casi, individua i loro redditi come “diversi”, quando l’attività non è la fonte principale o è occasionale, da lavoro autonomo, se questa attività è svolta in forma abituale ma non esclusiva, o di impresa. Il fatto è che gli influencer in alcuni casi operano direttamente come persone fisiche, ma quando raggiungono un certo successo gestiscono i diritti relativi alla loro immagine tramite una o più società. Su questo fronte, uno scontro con l’ex calciatore della Juventus Cristiano Ronaldo ha portato la Corte tributaria di secondo grado del Piemonte nel 2023 a confermare la decisione della Commissione tributaria provinciale di Torino sul fatto che sfruttare il diritto di immagine è lavoro autonomo.
Un caso particolare proprio sul fronte dell’iva e dell’imposta sui redditi è quel del baratto che scatta quando i brand o le aziende effettuano un cambio merce pubblicitario con gli influencer. È il cosiddetto advertising bartering, uno scambio tra beni o servizi (ristorazione, ospitalità, turismo) offerti dai brand agli influencer in cambio di promozione digitale. Dal punto di vista fiscale questa operazione è considerata un contratto di permuta e ciascuna delle due parti, come stabilito da una sentenza della Cassazione nel 2018, deve pagare l’iva. L’influencer poi deve inserire i ricavi nel calcolo dell’imponibile, aziendale o personale.
Ma gli influencer e i digital content creator hanno anche altri obblighi, ad esempio sulla privacy, sul diritto d’autore sui contenuti e soprattutto il divieto di pubblicità occulta. Su quest’ultimo tema, l’autorità garante delle comunicazioni ha approvato nuove linee guida che si applicheranno in particolare agli influencer con almeno 1 milione di follower (calcolati complessivamente su tutte le piattaforme) e che generano reazioni degli utenti (come commenti o like) su almeno il 2% dei contenuti pubblicati. A questi influencer sarà chiesto di rispettare regole sulla trasparenza della pubblicità, più rigida rispetto a oggi, con maggiori sanzioni: le multe previste dal Testo unico sugli audiovisivi arrivano a 250 mila euro. Maggiori obblighi di tutela anche per i minori e la trasparenza societaria (dovranno essere “chiaramente individuabili e contestabili”, dice l’agcom).
A fronte di questo quadro, vago e in divenire, delle norme, proprio l’operazione di Bologna dimostra però che la realtà è complessa e che il Fisco dovrà impegnarsi a fondo per mettere sotto controllo una prateria tanto brada.
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