Le nuotatrici non hanno indossato dei costumi con la scritta «Not a dude?» a Parigi 2024
Le presunte foto della protesta contro i casi come quello di Lia Thomas risultano alterate
«Not a dude». Come a dire, «non sono un uomo». Questa è la scritta che secondo numerosi post sui social, condivisi mentre sono in corso le Olimpiadi di Parigi, sarebbe apparsa sul costume di alcune nuotatrici. Secondo chi condivide il contenuto, quella mostrata sarebbe una protesta con la quale le atlete prenderebbero posizione sulla controversia riguardante le nuotatrici transgender e la loro potenziale partecipazione ai giochi olimpici. In avvicinamento all’edizione parigina aveva suscitato attenzione il caso di Lia Thomas. La nuotatrice statunitense – che per l’occasione è stata oggetto di un fotomontaggio – non potrà partecipare in seguito a una decisione della Federazione Internazionale di Nuoto, la World Aquatics, la quale ha stabilito che qualunque atleta abbia e «attraversato qualsiasi momento della pubertà maschile» non può partecipare a competizioni femminili di alto livello. Come l’immagine di Lia Thomas con i genitali maschili, anche questa presunta protesta è in realtà frutto di fotomontaggi e foto alterate.
Per chi ha fretta: l''articlo di open la riassume cosi
Circolano diverse immagini in cui alcune nuotatrici sfoggiano, sul costume in concomitanza con il pube, la scritta «not a dude» – «non (sono) un uomo».
Si sostiene che sia una protesta contro le nuotatrici trans.
In alcuni casi si sostiene che la protesta abbia preso piede alle Olimpiadi di Parigi.Della protesta non c’è alcuna notizia.Tutte le foto usate sono state alterate.
Analisi
Vediamo lo screenshot di uno dei post oggetto di verifica. Nella descrizione si legge:
Brave nuotatrici !
A condividere un contenuto simile su X è stato anche l’esponente della Lega Simone Pillon con la seguente descrizione.
Diverse nuotatrici olimpiche hanno indossato il costume con una scritta posizionata strategicamente a specificare che “Not a dude”, non sono un ragazzo. Belle, brave e ironiche. Apprezzo moltissimo Di questi tempi andrebbe resa obbligatoria, magari illuminata a led. Voi che dite?
Vediamo lo screenshot di uno dei post oggetto di verifica. Nella descrizione si legge:
Brave nuotatrici !
A condividere un contenuto simile su X è stato anche l’esponente della Lega Simone Pillon con la seguente descrizione.
Diverse nuotatrici olimpiche hanno indossato il costume con una scritta posizionata strategicamente a specificare che “Not a dude”, non sono un ragazzo. Belle, brave e ironiche. Apprezzo moltissimo Di questi tempi andrebbe resa obbligatoria, magari illuminata a led. Voi che dite?
Lo stesso contenuto circola anche su Facebook (qui un altro esempio), e sul sito Luce Pavese con la descrizione.
Come passare un messaggio sulla partecipazione di uomini alle gare femminili senza urlarlo.
“Not a dude” ovvero “non sono un ragazzo”.Queste sono le battaglie che vanno portate avanti!!!
La foto del 2018 senza scritte
Venendo all’immagine delle ragazze con il costume blu. Anche questa risulta alterata. Infatti, la foto, senza scritte «not a dude», è stata utilizzata come immagine di copertina dalla pagina Facebook Swimmer Without Faces – NZFAE nel 2018.
Infine, ricercano informazioni sulla presunta protesta, di questa non si trova traccia su nessuna testata online.
La strana nuotatrice con il costume arancione
In questo secondo caso, sono evidenti i segni tipici dell’intelligenza artificiale sulle mani della presunta nuotatrice. Una ricerca Google del suo viso o dell’immagine offre solo risultati sui social in cui gli utenti si complimentano per la decisione.
Si può affermare che l’immagine è stata quantomeno alterata digitalmente perché ne circola un’altra versione del 22 marzo 2024.
Si notano alcuni elementi che da un lato confermerebbero si tratti perlomeno dello stesso luogo, dall’altro differiscono in maniera da generare il sospetto fondato che nessuna delle due immagini sia una fotografia scattata e pubblicata senza alterazioni.
Le gambe delle “due” nuotatrici hanno lo stesso identico aspetto, «not a dude» compreso. Anche il luogo sembra lo stesso e nello steso momento, ma con differenze che non possono dipendere solo dal tempo trascorso tra i due presunti scatti. Perché l’oggetto in basso a sinistra cambia fantasia, essendo tutto rosso nella prima immagine, e un po’ rosso e un po’ rosa nella seconda? Il logo nel cartellone ha due forme diverse tra le due immagini, come mai? Si vede la gamba di un uomo con sopra il braccio nella stessa posizione, ma in una foto la gamba è ben delineata, nell’altra sembra trascinata. Potrebbe essere una foto venuta mossa. Ma allora perché la nuotatrice è perfettamente definita?
Conclusioni
Non è in corso una protesta delle nuotatrici, men che meno quelle che partecipano alle olimpiadi, contro le colleghe transgender. Le foto che lo dimostrerebbero sono in realtà immagini alterate.
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Nel 2016 il pallavolista olandese era stato condannato a cinque anni di carcere, per la violenza sessuale su una 12enne quando lui aveva 19 anni
Pochi applausi e un bel po’ di fischi all’annuncio in campo dell’olandese Van de Velde, sceso sul campo di Beach volley sotto la Torre Eiffel con il compagno di squadra Immers contro la coppia di italiani Ranghieri-Carambula. Ben prima della sconfitta contro gli azzurri nella gara delle Olimpiadi, gli olandesi hanno dovuto affrontare i «buuu» di accoglienza del pubblico francese.
La condanna per violenza sessuale a 19 anni
Steven Van de Velde è l’atleta condannato nel 2016 in Gran Bretagna a quattro anni di carcere per aver stuprato una ragazzina che all’epoca dei fatti, nel 2014, aveva 12 anni e lui 19. I due si erano conosciuti su internet e poi l’olandese era volato da Amsterdam a Londra per incontrarla. Dopo la condanna aveva fatto un anno di prigione, poi era stato messo in libertà condizionata e aveva ripreso a fare sport, fino a guadagnarsi l’Olimpiade. Dove però, per evitare problemi a Parigi, aveva chiesto e ottenuto di non alloggiare al villaggio olimpico. Nel frattempo era stata lanciata una petizione online per chiedere al Cio la sua esclusione, che però non c’è stata.
La protesta olandese dopo i fischi
A fine gara Van de Velde ha preferito non parlare. Al suo posto è intervenuto un portavoce della squadra dei Paesi Bassi, John van Vliet, che ha provato a difenderlo: «La sua è una vicenda sicuramente molto più grande dello sport. Ma nel suo caso, abbiamo una persona che è stata condannata, che ha scontato la sua pena, che ha fatto tutto ciò che poteva per poter competere di nuovo». Seccato invece il compagno di squadra Immers: «Sì, quei fischi mi hanno dato molto fastidio. Giochiamo insieme da tre anni, lui è un ottimo ragazzo e non ho mai avuto problemi con lui. Anzi, per me è stato un esempio. Detto che comunque ha scontato la sua pena, il passato è passato, adesso basta perché questa storia potrebbe condizionarci qui alle Olimpiadi».
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non manca neppure la politica
La squadra olimpica israeliana non poteva indossare spille con nastro giallo per gli ostaggi durante le Olimpiadi di Parigi. Guardate che messaggio hanno portato
"Portateli a casa adesso!"
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Steven Van de Velde è l’atleta condannato nel 2016 in Gran Bretagna a quattro anni di carcere per aver stuprato una ragazzina che all’epoca dei fatti, nel 2014, aveva 12 anni e lui 19. I due si erano conosciuti su internet e poi l’olandese era volato da Amsterdam a Londra per incontrarla. Dopo la condanna aveva fatto un anno di prigione, poi era stato messo in libertà condizionata e aveva ripreso a fare sport, fino a guadagnarsi l’Olimpiade. Dove però, per evitare problemi a Parigi, aveva chiesto e ottenuto di non alloggiare al villaggio olimpico. Nel frattempo era stata lanciata una petizione online per chiedere al Cio la sua esclusione, che però non c’è stata.
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