L’Italia è ricca di sorprese, naturali e non. Questa è sicuramente una di quelle: nel nord del Paese, esiste infatti un suggestivo santuario nato in onore di un eremita, che si dice abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita con un orso “addomesticato”. Il santuario in questione è composto da cinque chiese, costruite nell'arco di 1.000 anni a ridosso di una ripida parete rocciosa e unite tra loro da una scalinata di 130 gradini. Magari sconosciuto ai più, questo luogo è comunque visitato annualmente da circa 200 000 pellegrini, ed è custodito da due frati dell'Ordine di San Francesco d'Assisi.
Il santuario dove un eremita “addomesticò” un orso
Il luogo sacro in questione è il santuario di San Romedio, che sorge su uno sperone di roccia nella Val di Non, nei pressi di Sanzeno, a poco più di due ora da Verona. È dedicato - com'è facile intuire - a San Romedio, un nobile bavarese vissuto tra il IV e il V secolo, che dopo un pellegrinaggio a Roma rinunciò a tutti i suoi beni per ritirarsi in eremitaggio con due discepoli in una grotta della valle. La leggenda racconta che, pronto a partire per far visita al Vescovo di Trento, Romedio chiese al suo discepolo di sellargli il cavallo. Quando il giovane tornò con la notizia che l’animale era stato sbranato da un orso, l’eremita, senza esitazione, gli ordinò di sellare l’orso, che docilmente si lasciò cavalcare. Da allora, la figura del santo è inseparabile da quella dell’animale. Quest'episodio è ricordato da una statua lignea posta accanto ad un arco trionfale all'ingresso del Santuario.
Santuario di San Romedio© Alberto Masnovo - Getty Images
Il legame con l’orso, tuttavia, non è solo leggendario. Negli anni Cinquanta, grazie a Padre Marino Donini, fu creato un recinto adiacente al santuario per accogliere esemplari che non potevano più vivere liberi. Il primo ospite fu un orso siberiano di cinque anni, ex animale da circo. Quando, nel 1958, il circo decise di abbatterlo perché divenuto cieco da un occhio, il conte Gian Giacomo Gallarati Scotti si mobilitò per salvarlo e trasferirlo al santuario. Gli fu dato il nome Charlie, in onore del ciclista Charly Gaul, vincitore del Tour de France di quell’anno. Da allora, altri orsi si sono succeduti: un secondo Charlie, poi Chicco, Chicca, Jurka, e infine Bruno, un esemplare dei Carpazi arrivato nel 2013, che ha trovato in quel luogo una nuova vita.
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sono antifascista e contro le dittature . Ma questa polemica mi pare stupida ed iunutile . Infatti
<< non so se è più il caso di sorridere per un'iniziativa politica fuori dal tempo e dalla ragione, oppure esprimere sconcerto sulla richiesta censoria, che è comunque ridicola - espressione della moda del
'cancel culture' - di rimuovere la bandiera del Terzo Reich da un museo di storia in cui si rievocano le pagine dolorose della battaglia di Orsogna del 1943">> Così lo storico Marco Patricelli, esperto dell'Europa del Novecento e della Seconda guerra mondiale, interpellato sulla richiesta contenuta in una mozione del gruppo di opposizione consiliare del piccolo Comune.
<<in tanta raffazzonata retorica - spiega sempre all'ANSA - non si comprendono né la logica né la motivazione di togliere ciò che esprime esattamente e immediatamente il concetto e la storicizzazione dei fatti. Quella bandiera esprime compiutamente la feroce dittatura hitleriana, l'oppressione e l'occupazione nazista, e tutto ciò che ha rappresentato per Orsogna, per l'Abruzzo e per il mondo. Ed è la bandiera tedesca di allora, dello Stato di allora, che non si può né si deve né censurare né omettere né edulcorare. Non deve farlo certamente un museo, che per sua missione deve rispettare la verità storica, e non può farlo la politica per una distorta percezione del passato e del presente .Sono passati ben 22 anni (correva il 2003) - sottolinea sempre lo storico - da quando Orsogna ricordò, con una solenne e toccante cerimonia alla presenza degli ambasciatori di Germania e Nuova Zelanda, i giorni amari della guerra. Poi più nulla. Per il bene di Orsogna e della storia, amministratori davvero attenti dovrebbero riflettere e interrogarsi su queste omissioni della memoria, invece di coltivare e diffondere modaiole bagatelle da 'cancel culture' . Infatti essa è storia, è un museo ! Tutti hanno diritto di sapere e conoscere, nel bene e nel male. La conoscenza non va mai negata ! qui a differenza delle celebrazioni di Accalarentia e di Sergio ramelli on si tratta di un uso ideologico di tali effigi e simboli . L'ìideologia ormai ha offuscato i cervelli. Robe da non credere. Perchè non cancellare anche sui libri scolastici quel periodo e tutti i libri che descrivono l'ascesa e la rovina di quel regime e suoi alleati ? che richieste assurde , fa parte della storia e se esposto in um museo cosa c'e' di male . Limportante e che non sia usata per esaltare e strumentalizzare tali vecchie ideologie condannate dalla storia .
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