Non c’è aiuto che non venga dalle radici. E le mie, dove sono? di daniela zini

da Daniela  Zini amica di facebook

Vi sono particolari momenti, misteriosamente privilegiati, in cui taluni Paesi ci rivelano, con un’intuizione subitanea, la loro anima, in qualche modo la loro essenza precipua, in cui ne cogliamo una visione esatta, unica, che mesi e mesi di studio paziente non potrebbero ...rendere più completa né diversa. Tuttavia in questi momenti furtivi ci sfuggono necessariamente dei dettagli, vediamo solo l’insieme delle cose.
Particolare stato d’animo o aspetto speciale dei luoghi, colto al volo e sempre in modo inconscio?
Non lo so…
Amo l’Iran di un amore oscuro, misterioso, profondo, inspiegabile, ma reale e indistruttibile.
Dovrei, invece, trovare la forza di sottrarmi a questa malia… ma dove trovare il coraggio di reagire?
È un sentimento particolare: mi sembra di costeggiare un abisso, un mistero di cui non è stata ancora svelata l’ultima… anzi la prima parola e che racchiuda tutto il senso della mia vita.
Finché non conoscerò la chiave di questo enigma, non saprò chi sono, né la ragione e lo scopo della mia sorte davvero straordinaria.
Mi sembra, tuttavia, di non essere destinata a scomparire senza avere avuto la rivelazione di tutto il profondo mistero che ha circondato la mia vita, dai primi giorni a oggi.
Follia diranno gli increduli.
Viviamo in un grande mistero e ci sentiamo sfiorare dalla possente ala dell’Ignoto, in mezzo a eventi davvero miracolosi che ci proteggono a ogni passo. La percezione degli abissi che la vita racchiude e che i tre quarti degli uomini ignorano, anzi neppure sospettano, non può essere considerata follia come non può esserlo il disinteresse di chi è nato cieco alla bellezza di un tramonto o di una notte stellata.
Impressione strana qui, dove il sole è sempre sfavillante, instancabilmente splendido!
Le ore scorrono monotone, con la dolcezza e la calma di un fiume in pianura, dove niente si riflette se non nuvole di colori che passano oggi e torneranno domani, sempre sorprendenti. A poco a poco sento dentro di me svanire rimpianti e desideri. Lascio che la mente vaghi e la volontà si assopisca. Pericoloso e delizioso torpore, che porta insensibilmente, ma sicuramente, alle soglie del nulla.
Questi giorni, queste ore, in cui non è successo nulla, in cui non ho fatto nulla, in cui non ho neppure tentato di fare uno sforzo, in cui non ho sofferto e ho pensato poco, bisogna cancellarli dall’esistenza e deplorarne il vuoto?
Dopo l’inevitabile risveglio, non dovrò, invece, rimpiangerli, come i migliori, forse, di tutta la vita?
Non lo so…
Io, che, sogno di viaggi sempre più lontani, che ho la smania di agire, sono giunta al punto di desiderare, senza confessarmelo francamente, che l’ebbrezza dell’ora e la sonnolenza presente, possano durare se non per sempre, almeno per molto tempo ancora.
Eppure so che la febbre di viaggiare mi riassalirà, che me ne andrò; sì, so di essere ancora molto lontana dalla saggezza degli anacoreti musulmani.
Non è la voce della saggezza che parla in me, che mi rende inquieta e domani mi spingerà ancora sulle strade della vita: è la mia irrequietezza, che trova la terra stretta e non ha saputo trovare in se stessa il proprio universo.
Ciò che tanti sognatori hanno cercato, l’hanno trovato nelle anime semplici.
Mi sentirò sempre attratta dalle anime che soffrono di quella nobile e feconda sofferenza che è l’insoddisfazione di se stessi, la sete di Ideali. Non sarà mai ad attrarmi, la serenità dello scopo raggiunto: considero esseri veramente superiori, nel mondo di oggi, coloro che soffrono del male sublime di dare perpetuamente alla luce un io migliore.
Al di là della scienza e del progresso dei secoli, sotto il sipario sollevato dell’avvenire, vedo passare l’uomo futuro… e comprendo come si possa finire nella pace e nel silenzio, finire in estasi, senza rimpianti e senza desideri, davanti a splendidi orizzonti.
È primavera e, sotto un’apparenza di languore e di commossa fine di tutto, la vita cova, violenta, piena di amore e di ardore; la linfa possente sale dalle viscere misteriose della terra, per sbocciare in un’ebbrezza di risveglio.




اسير


ترا می خواهم و دانم كه هرگز
به كام دل در آغوشت نگيرم
توئی آن آسمان صاف و روشن
من اين كنج قفس، مرغی اسيرم

ز پشت ميله های سرد و تيره
نگاه حسرتم حيران برويت
در اين فكرم كه دستی پيش آيد
و من ناگه گشايم پر بسويت

در اين فكرم كه در يك لحظه غفلت
از اين زندان خامش پر بگيرم
به چشم مرد زندانبان بخندم
كنارت زندگی از سر بگيرم

در اين فكرم من و دانم كه هرگز
مرا يارای رفتن زين قفس نيست
اگر هم مرد زندانبان بخواهد
دگر از بهر پروازم نفس نيست

ز پشت ميله ها، هر صبح روشن
نگاه كودكی خندد برويم
چو من سر می كنم آواز شادی
لبش با بوسه می آيد بسويم

اگر ای آسمان خواهم كه يكروز
از اين زندان خامش پر بگيرم
به چشم كودك گريان چه گويم
ز من بگذر، كه من مرغی اسيرم

من آن شمعم كه با سوز دل خويش
فروزان می كنم ويرانه ای را
اگر خواهم كه خاموشی گزينم
پريشان می كنم كاشانه ای را


Prigioniera


Ti desidero, ma so che mai
Ti terrò tra le mie braccia, come anela il mio cuore.
Tu sei quel cielo limpido e luminoso,
Io, in questo angolo della gabbia, sono un uccello in cattività.

Da dietro le sbarre fredde e buie,
Lo sguardo triste, stupito, volto a te,
Penso che una mano verrà
E, improvvisamente, aprirò le mie ali verso di te.

Penso che, in un momento di disattenzione,
Da questa muta prigione spiccherò il volo,
Aggirerò lo sguardo del mio carceriere
E ricomincerò la mia vita accanto a te.

Penso, ma so che mai
Avrò la forza di lasciare questa gabbia;
Seppure il mio carceriere non si opponesse,
Non vi sarebbe più animo di partire.

Da dietro le sbarre, ogni radioso mattino,
Gli occhi di un bambino mi sorridono;
Quando intono una canzone gaia,
Le sue labbra per un bacio si tendono verso di me.

O cielo, se, un giorno, volessi
Da questa muta prigione spiccare il volo,
Che direi agli occhi in lacrime del bambino:
Perdonami, io sono un uccello in cattività.

Io sono quella candela che, con il dolore del proprio cuore,
Illumina una rovina;
Se decidessi di spegnerla,
Distruggerei un nido.


Traduzione dal persiano di Daniela Zini
Copyright © 2011 ADZ

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