(foto Cimma/Lapresse) |
La famiglia è molto più che un legame di sangue, una connessione voluta dal fato. No, la famiglia è soprattutto una scelta, lucida e consapevole, un'attestazione di un affetto, di un desiderio di vicinanza e di un senso di comunione. Lo hanno dimostrato Carlo e Fernando, che non hanno avuto paura di cambiare i loro ruoli, prima datore di lavoro e dipendente, poi padre e figlio. Carlo Galimberti ha 99 anni, un passato da sindacalista, da consigliere comunale e una memoria di ferro, ma anche un profondo senso di giustizia ereditato da sua mamma. Fernando ha 56 anni e un passato difficile in Perù, ma è riuscito ad uscirne, è giunto in italia e ha accolto l'offerta di Carlo di prendersi cura della sorella inferma. Dopo tanti anni insieme, Carlo ha deciso di fare il passo successivo, preparare le carte per l'adozione e accogliere nuovamente Fernando (ora anche lui un Galimberti) nella famiglia, stavolta in maniera ufficiale. Ora il badante, e figlio, ha ottenuto la cittadinanza italiana.
L'adozione
Carlo ha da poco spento 99 candeline, ma l'età non lo ferma e, come dice Fernando, «ricorda tutto». Una caratteristica che ammira nell'uomo che nel 2013 è diventato suo padre e che ora, dopo un lungo processo burocratico, gli ha permesso di ottenere la cittadinanza italiana. Sono passati 11 anni da quando Carlo ha fatto quella chiamata all'assistente sociale e ha confermato che è possibile «anche adottare un adulto», come riporta il Corriere della Sera.
«Ci vogliamo bene, siamo una famiglia»Fernando insegnava inglese, in Perù, ma è dovuto scappare da un vicino che spacciava droga e ha trovato lavoro come badante. Per un po' è costretto a saltare di casa in casa, finché non ha trovato Carlo. È rimasto prima al fianco della sorella e poi, quando lei non se n'è andata, al fianco di Carlo. Una storia che come vuole la vita ha avuto i suoi alti e bassi, ma anche il suo lieto fine.
Il passato di Carlo
Ha 99 anni e nessun problema a raccontare il suo passato, anche i dettagli. Decimo di 12 figli, a 15 anni trova lavoro all'Alfa Romeo, con turni fino a mezzanotte e la guerra che imperversa. Ricorda con affetto la mamma che non si fidava a farmi tornare a casa da solo, e si vestiva da uomo per accompagnarlo, o di quando dava qualcosa ai poveri, un panino o un bicchiere di vino.Il suo senso di giustizia gli è rimasto addosso e lo ha accompagnato nella sua carriera come sindacalista prima, a combattere contro dei ritmi di lavoro stressanti, e come consigliere e assessore al Bilancio nel Comune di Bollate poi: «Il primo atto? Non firmare una fattura da 38 milioni. Ritenevo che fosse una tangente».
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