22.2.06

Senza titolo 1145



 devo metterci  più serieta   nel fare le cose  ,  più impegno  .  questa frase presa  dal mio archivio cartaceo ( fato di quaderni \  zibaldoni , agende  )  trova conferma sia  in questa canzone  già postata   su questo blog  ( ma non ricordo quando  e dove  )   di Enzo del re  ( che  funge anche  da  colonna  sonora  all'omonimo film  sulla  vicenda  di  radio alice---  la famosa  radio del moviemnto del '77 --  e il  film trovate  qui tutto querllo che  vi serve  )


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Lavorare con lentezza senza fare alcuno sforzo
chi è veloce si fa male e finisce in ospedale
in ospedale non c'è posto e si può morire presto
Lavorare con lentezza senza fare alcuno sforzo
la salute non ha prezzo, quindi rallentare il ritmo
pausa pausa ritmo lento, pausa pausa ritmo lento
sempre fuori dal motore, vivere a rallentatore
Lavorare con lentezza senza fare alcuno sforzo
ti saluto ti saluto, ti saluto a pugno chiuso
nel mio pugno c'è la lotta contro la nocività
Lavorare con lentezza senza fare alquno sforzo
Lavorare con lentezza
Lavorare con lentezza
Lavorare con lentezza
Lavorare con lentezza
Lavorare con lentezza

e di questo bellissimo articolo  di concita de gregorio  tratto  dalla  rubrica Invece  che  tiene  su   www.dweb.it
più  precisamente  dal n °485

Universi sensibili e altre storie

Nell'armadio dei fantasmi entra un bimbo alla volta; è illuminato quando è aperto, diventa buio quando si chiude. L'armadio mare ha una scatola piena di sabbia, l'armadio soffitta ha una scala dentro. E l'armadio dell'orco, russa


Il maestro di scherma è un tipo simpatico. È stato atleta e adesso dirige la scuola: si è un po' appesantito nel fisico e nello spirito ma meno di altri. È soprattutto preoccupato che nella nuova gestione della palestra adesso gli tocchi anche occuparsi delle pulizie e dei turni dei custodi. Con la nuova incombenza non sono arrivati nuovi soldi, ma tanto si sa che le cose vanno così. Molto di quello che funziona è per la buona volontà e la passione di chi lo manda avanti, mica per altro. Ha figli piccoli, sa come trattare i bambini e dice in modo un po' brusco cose molto sensate. "Negli ultimi anni abbiamo cambiato metodo, perché i ragazzini ora non sopportano più le attese lunghe. Non hanno pazienza, non stanno mica due anni a fare esercizio prima di prendere l'arma in mano: vogliono tirare subito, se no non si divertono. E siccome, se non si divertono, protestano coi genitori, dicono che non vogliono venire più, così i genitori li assecondano e non li mandano più. Allora vede che per avere un vivaio, per tenerli qui a scuola bisogna trovare un compromesso. Adattarsi un po' ai loro tempi, che sono quelli di chi ha fretta. Metterli subito in pedana e poi mostrar loro, a poco a poco, con la pratica, che ci sono cose che hanno bisogno di un percorso, che c'è una fatica da fare per arrivare: mica tutto si ottiene spingendo un bottone". È questa la grande battaglia, infatti. Restituire ai bambini il senso del tempo. La battaglia fra genitori e figli, la fatica che si fa a dire di no, a insistere, a resistere alle loro proteste. Ci sono cose che hanno bisogno di un tempo anche lungo: di solito sono molto belle, le più importanti. Un percorso a piedi, quando è possibile. "Mamma andiamo in macchina dai ti prego sono stanco". No, camminiamo. "Ma perché dobbiamo camminare, lo vedi che nessuno cammina? Almeno in autobus, dai". Andiamo a piedi così vediamo le cose intorno, e poi sappiamo quanto tempo ci vuole ad andare da un posto all'altro. E se siamo stanchi ci fermiamo. "Uffa però". Il viaggio, ecco, per il viaggio serve tempo. La musica: per imparare a leggere uno spartito e poi a suonarlo serve tempo. Noia, fatica, tempo dedicato. Dipingere, costruire. Fare bene le cose con le mani. Ascoltare: per ascoltare con attenzione serve tempo, e siccome tutti vogliono essere ascoltati e nessuno ha tempo di ascoltare, finisce che si paga un professionista, alla fine. Professionisti dell'ascolto e del tempo dedicato. Dai che oggi andiamo a vedere una mostra. "No, ti prego, la mostra no, ci sono i Simpson in tv, la mostra è noiosa". Andiamo e basta: la guerra prevede atti d'imperio. L'esposizione si chiama "Universi sensibili", l'ha costruita un artista artigiano un po' scombinato, ha uno strano cappello, quando si arrabbia se ne va ma poi torna. Si chiama Antonio Catalano. Ha costruito degli armadi dentro cui devi entrare, "armadi sensibili". Si entra uno alla volta. Un bambino alla volta. È l'armadio dei fantasmi, che dentro è illuminato quando è aperto e diventa buio quando si chiude, con le ombre. L'armadio mare, con una scatola piena di sabbia che contiene il rumore del mare. "Apriamola". Non si apre, il rumore non si vede: si sente. L'armadio-soffitta, con una scala dentro. L'armadio dell'orco che dorme, quando lo chiudi russa. Il tempo rallenta. I bambini entrano e non escono più. Poi ci tornano, uno per volta. Si nascondono. E dopo? Dopo venite con me, ma piano piano, uno per volta: vi faccio vedere gli esperimenti del mago Cotrone, come non funzionano le cose. Il mondo quadrato, il libro inchiodato. "Aprilo". No non si può aprire. Secondo voi cosa c'è scritto dentro? E così torna il tempo della parola, dell'invenzione, della favola: un tempo lungo, ore, un tempo rispettoso degli altri, in cui ciascuno ha un turno per dire e un turno più lungo per ascoltare. Non è vero che è difficile vincere la battaglia del tempo: loro, i bambini, sarebbero pronti. Non è difficile per loro: è difficile per noi. È più scomodo, più impegnativo. Più faticoso che dargli retta e dire ok, allora a scherma se vuoi non ci vai più. I Simpson li vedi anche domani, non c'è nemmeno bisogno di registrare, tanto sono sempre repliche. Andiamo.

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