Senza titolo 664

L'Io e l'Altro* attraverso l'indipendenza
Riccardo Preziosi

In questo periodo la fortuna mi sta sorridendo, un incontro fortuito con uno psicoterapetua di stampo Lacaniano ad una conferenza sul ruolo del linguaggio nella psicanalisi mi sta portando numerose esperienze interessanti. Oggi abbiamo partecipato ad un briefing incentrato sullo stato di tre nuovi pazienti della suo clinica. Il primo era un uomo di circa settant'anni che si era rivolto assieme alla moglie allo psicologo per una disfuzione erettile che stava peggiorando la qualità della relazione coniugale, il tutto era partito circa un anno prima per il decesso per suicidio di un suo cugino. i punti principali emersi dalla prima seduta, era una sua assoluta mancanza di padronanza della lingua italiana, a favore di un dialetto meridionale, nonostante si fosse trasferito da più di quarant'anni a Milano, e avesse piene capacità di comprensione. Affianco a questo conflittuale rapporto con la parola, incentrato sul silenzio e sull'ascolto, si trova una condizione melanconica per la perdita della persona cara, e la disgregazione del tessuto parentale. La moglie si presentava come una persona iperattiva, abituata a prendere la voce del marito e ad accudirlo nei minimi bisogni, praticava palestra e corsa nonostante l'età avanzata, e la sua personalità è sembrata per certi versi accentratrice e maniacale. Il secondo caso riguardava un ragazzo di circa vent'anni, che di propria iniziativa si era presentato al dottore per un colloquio, il racconto del ragazzo era incentrato sulla relazione pessima con il padre, e la disgregazione familiare conseguente l'abbandono della madre del tetto coniugale a favore di una nuova relazione. Dal primo colloquio è emersa l'esagerata preoccupazione del ragazzo per suo fratello minore che al primo anno di liceo andava incontro a una probabile bocciatura. Dato particolare era la presa in carico da parte del ragazzo di una posizione eccessivamente matura, in cui vi era un eccesso di responsabilità nei confronti della propria famiglia e della relazione con i propri genitori. L'ultimo caso trattava di un bambino di otto anni, portato dalla madre in conseguenza del suo comportamento irrequieto, iperattivo conseguente una causa di divorzio molto travagliata e ancora in atto per quanto riguardava gli aspetti legali. Il bambino si dimostrava nelle prime sedute eccessivamente maturo, con una formidabile padronanza del linguaggio e della consapevolezza degli avvenimenti familiari. Il bambino molto bravo a scuola e nelle attività sportive si presentava metodico e preciso del riportare i propri successi e fallimenti, aspetti ai quali il bambino sembrava dare più importanza rispetto a quella data ai problemi che si trovava ad affrontare con i propri genitori. Il bambino era caratterizzato da una certa tendenza all'autoisolamento e conseguente allontanamento da parte del gruppo dei pari. Sintomatico un disegno fatto per descrivere una giornata passata al lago con la famiglia materna, nella scena l'unico personaggio presente era lui stesso, nessun parente o altra figura di riferimento, la scena povera di particolari, rappresentava un prato verde con dei tralicci della luce e le ombre proiettate sul terreno, e lui raffigurato a cavalcioni sulla mini-moto regalata dal padre.

Ci sono alcuni punti fondamentali che riguardano tutti e tre i casi clinici, il primo è il rapporto con il linguaggio, nel primo caso conflittuale, deviato sulla comprensione a svantaggio della produzione, nel secondo caso, il più complesso, si assisteva alla completa rinuncia di descrivere il proprio vissuto, se stessi, a favore della descrizione eccessivamente metodica, impersonale, e priva di qualsiasi emotività della condizione familiare, dei problemi che affliggevano il padre, la madre e il fratello minore. Il terzo caso, di cui non si avevano ancora sufficienti dati in merito, presentava problematiche che coinvolgevano i due genitori, e che indirettamente influenzavano la vita del bambino (in particolare il rapporto di dipendenza del marito dalla moglie come di un bambino dalla madre), oltre a problematiche di più difficile comprensione che riguardavano il bambino stesso, sogni problematici, e questa irrequietezza e violenza, tenuta nascosta durante le prime sedute di analisi attraverso un linguaggio esageratamente "adultizzato".

La seconda questione fondamentale è il rapporto con l'altro, nel senso di come l'Io è capace di affermarsi indipendentemente dall'Altro, e quindi della sua capacità di non rimanere passivo nei confronti delle altre persone e del contesto, come un semplice vaso che deve essere riempito. Nel primo caso asistiamo, come già detto, alla completa rinuncia del marito alla comunicazione e alla delega alla moglie nel tradurre il suo dialetto meriodiale, caratterizzato da ripetitività e limitatezza, quasi fosse una semplice appendice strumentale e manipolatoria, accessoria al linguaggio del corpo che assumeva  il ruolo centrale della sua comunicazione.  Nel secondo caso assistiamo invece , a una  particolare  rinuncia alla propria descrizione. E' un sintomo particolare, e degno di interesse, che nelle primissime sedute, un paziente trascorra la maggior parte del tempo nella descrizione dell'Altro, e delle sue vicende, tralasciando la descrizione delle proprie evicende emotive, dei propri desideri e paure, o banalmente delle proprie relazioni con l'altro sesso e i propri amici. Alle prime sedute il ragazzo si presentava privo di tratti nevrotici della personalità e profondamente quiescente, come se avesse abdicato a una propria espressione od emotività.

La situazione del bambino è invece poco chiara, anche se ha in comune con il ragazzo il terzo e ultimo punto fondamentale, l'espressione della domanda, perchè sono qui? Quali motivazioni sono alla base della mia richiesta di aiuto? Entrambi i pazienti non si sono concetrati minimamente sul problema di fondo che li spingeva a continuare il proprio trattamento psicanalitico. Infatti il bambino, alla domanda, non ha dato nessun motivo particolare, il ragazzo invece, alla medesima domanda, ha espresso per la prima volta dopo alcune sedute, un pizzico di emotività, un milligrammo di rabbia. "Sono qui perchè ho paura di fare gli stessi errori dei propri genitori". E da qui che si aprono le porte della possibilità del trattamento, solo dalla presa in carico della propria emotività che si può raggiungere l'indipendenza dall'Altro a favore di un  Io personale e forte.

*L'altro è qui inteso come il mondo esterno, tutto ciò che non è la persona, quindi gli oggetti, le persone e le situazioni, come effettivamente sono, e non così come sono vissute dalla persona.

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