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La dimensione del sogno
Parte1 Parte2

Mi ero ripromesso di scrivere qualcosa sull'interpretazione del sogno, nei topic precedenti avevo già espresso le mie distanze da una possibile interpretazione basata sul simbolismo, specialmente se questo simbolismo era  considerato comune fra gli uomini.  Avevo riproposto l'ipotesi di alcuni autori che consideravano il sogno frutto di una scarica casuale a carico dei nuclei del ponte nel tronco encefalico e riconducevano la forma parzialmente coerente e narrativa a dei processi postumi al sogno stesso e riconducibili al recupero mnemonico. In linea con la mia personalissima opinione sui processi inconsci, avevo ricondotto l'analisi dell'attività onirica alla sua dimensione emotiva, che considero una perfetta chiave per la lettura dei differenti "oggetti" che popolano il nostro teatro notturno.
I processi difensivi che vengono messi in atto per impedire la comprensione diretta del significato di un sogno penso siano conosciuti a livello naif da tutti, i significati reali vengono coperti da significati fittizzi, che impediscono di comprendere direttamente il significato sotteso. Questi meccanismi di difesa hanno un funzionamento simile a quelli della veglia; si potrebbe dire a livello metaforico, che i nomi degli oggetti vengono mescolati, in modo tale che ad ognuno di questi non corrisponda più il nome reale. Soltanto che al posto di oggetti e nomi, abbiamo visioni ed emozioni. Le sensazioni endogene, inespresse durante il giorno, cercano sfogo durante la notte, ma per impedire che queste emozioni rimosse possano essere riconosciute, vengono coperte da visioni contraddittorie, alienanti il significato originario. Nel recupero mnemonico queste visioni vengono poi ricondotte in una struttura narrativa coerente, così che ciò che prima era vicino ora è lontano, il significante è dissociato due volte dal significato, la prima per la scissione fra immagine e contenuto, la seconda fra un contenuto e l'altro.
Questo mi spinge ad essere così dubbioso dall'interpretazione dei sogni basata sul simbolismo, in quanto la maschera che copre i nostri attori notturni, ritornando alla metafora del teatro, poco ci può dire della "persona" che la porta. Se volessimo riconoscere un nostro amico durante una rappresentazione teatrale senza conoscere il suo ruolo all'interno della commedia, cercheremmo di individuarlo tramite la voce, il colore degli occhi, se visibili, il suo portamento, di sicuro non cercheremmo di farlo guardanto i costumi.
Spero di essere riuscito a spiegare perché considero così importante la dimensione emotiva di un sogno, quella dimensione che permane anche al risveglio, anche quando del sogno non abbiamo memoria, e che tal volta è in grado di condizionare il nostro umore, in positivo o negativo, durante la giornata.
Il sogno reale, oltre ad essere estremamente diverso dal sogno ricordato, vissuto, è anche strettamente personale. Questo è il secondo motivo che mi spinge a prendere le distanze dai "dizionari" dei sogni. Prima ho parlato di uno dei meccanismi di difesa dell'io, lo spostamento. tramite questo meccanismo di difesa la componente emotiva viene spostata da un oggetto interiore all'altro. La paura dei ragni, può derivare dalla paura del proprio fratello ad esempio, con il quale da piccoli si passava il tempo ad uccidere questi animali. La paura, non vissuta, non elaborata, rimasta inespressa all'interno del nostro inconscio, trova uno sfogo proiettandosi sulla figura del ragno, portando ad un individuo che ha ancora buoni rapporti con il fratello, ma che teme ogni cosa che assomigli ad un ragno. In questo esempio, oltre a spiegare il funzionamento del meccanismo di spostamento, ho voluto far notare come questo spostamento non sia completamente casuale. L'emozione di paura è slittata fra due immagini, fratello e ragno, che erano contigue. Così avviene nel sogno, le visioni e le emozioni non vengono mescolate a caso, ma lungo una rete di ricordi, significanti, immagini mentali fortemente interconnesse (questo disegno potrebbe aiutare la comprensione). Mi preme precisare che questa rete non deve essere intesa come qualcosa di fortemente autobiografico, in linea con una visione semplicistica del pensiero Freudiano sui traumi o ricordi infantili. La costruzione di questa rete avviene secondo moltissimi processi, oltre che da una componente autobiografica, questa rete si struttura quindi anche lungo componenti semantiche, percettive, oppure semplicemente linguistiche (ortografiche, fonologiche). Quindi può avvenire uno spostamento anche fra simboli che non condividono nessun significato particolare, ma hanno semplicemente una forma ortografica simile (ragno-bagno ).Questo dovrebbe rendere l'idea della complessità, e della sua dimensione personale, del materiale che chi vuole interpretare i propri sogni si appresta ad elaborare.
Ed è proprio da questa complessità che vorrei parlare dell'ultimo punto del post di oggi. Perché? Perché un individuo dovrebbe volere avventurarsi in questo territorio inesplorato che vuole rimanere inesplorato per la propria sopravvivenza? Per chi vuole interpretare i propri sogni penso sia un ottimo punto da cui cominciare, perché i "rischi" per chi si avventura in solitaria in questo territorio sono certamente tangibili. Ricordo aver letto molto sul sogno, e non solo di Castaneda, che nella sua semplicità evidenziava pur sempre il pericolo di perdersi nelle pratiche iniziatiche, pericolo che in qualsiasi testo sull'argomento viene accennato. E' sempre una territorio che nasce per risolvere i problemi del quotidiano, i problemi che noi stessi abbiamo deciso di non affrontare nel quotidiano perché apparentemente troppo grossi per poter essere affrontati a viso aperto. Perché infilare la testa nel vaso di Pandora? Perché operare una scelta così contraddittoria,  ci nascondiamo qualcosa per poi tornare al mattino a sbirciare  cosa abbia  sotterrato.  A parer mio è un desiderio  particolare,  degno di nota e di interesse, ben di più  della nostra più profonda dimensione interiore. Come dire, forse è meglio iniziare dalla superficie invece di calarsi subito in profondità.

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