da miic.livejournal.com/
Una giornata al mare
Mi chiamo Quagliarulo Amilcare, e sono l'uomo che compare in questa foto. Sì, sabato scorso ero a Torregaveta, sulla spiaggia dove sono annegate due ragazze rom. Io e mia moglie, Scannapieco Pamela, eravamo tra quei bagnanti che "hanno continuato a prendere il sole a pochi metri dai cadaveri stesi sulla spiaggia". Siamo noi i protagonisti della "foto che getta la vergogna sull'Italia", come ha scritto addirittura l'Independent; siamo noi gli ispiratori di decine di editoriali e centinaia di post che denunciano l'indifferenza dell'uomo contemporaneo davanti alla morte o l'odio razziale verso i rom o magari il decreto Maroni sulle impronte digitali. Siamo noi i bersagli della maledizione dei parenti delle vittime e dell'anatema del vescovo Sepe.
E' vero: eravamo lì e non abbiamo fatto niente per salvarle. Sapete forse come vanno queste cose, non si capisce mai bene cosa sta succedendo: abbiamo sentito urla, trambusto, visto gente che si tuffava in mare. Io non l'ho fatto, non sono abbastanza atletico né abbastanza coraggioso, ma altri ragazzi - bagnini o bagnanti, non so - sì, sono accorsi appena hanno capito che le ragazzine erano in pericolo. Sono riusciti a portarle a riva, hanno tentato di rianimarle, ma non c'è stato nulla da fare. Le hanno coperte con due teli, qualcuno ha messo accanto a loro un mazzo di fiori. Noi siamo andati a vederle, siamo rimasti un po' accanto a loro, ci siamo fatti raccontare la storia e abbiamo raccontato quello che avevamo visto noi, abbiamo mormorato banalità sulla tragicità della vita, sulla pericolosità del mare, sull'incoscienza della gioventù. Tutti quelli che erano sulla spiaggia hanno fatto così: lo si vede bene in questo video, e soprattutto in questo, nella parte finale.
Siamo rimasti lì per un po', in attesa che le portassero via. Ma prima che le portassero via è passata più di un'ora. A un certo punto, continuare a restare in piedi accanto a quei corpi straziati ci è sembrato inutile, persino un po' morboso. Siamo tornati al nostro posto, a qualche centinaio di metri da lì (le foto possono essere ingannevoli, a seconda dell'inquadratura la prospettiva può risultare schiacciata). Non ci siamo tuffati in acqua ridendo, non abbiamo acceso la radio a tutto volume, non ci siamo messi a giocare a racchettoni. Siamo rimasti lì, confusi e imbarazzati, senza sapere bene che fare e che dire.In fondo anche quando c'è il morto in casa dopo un'ora di veglia c'è sempre qualche parente che esce dalla stanza e va a fare il caffè, o si alza e guarda distrattamente i libri sugli scaffali, o magari accende la tv senza volume.
Ma come avete potuto restare lì a divertirvi, ad abbronzarvi, come in una normale giornata al mare, ribattete voi dalle vostre centinaia di editoriali e di post. E' vero, abbiamo sbagliato, non abbiamo saputo comportarci come si deve in una situazione del genere. E sì che una situazione del genere capita quasi ogni estate sulle spiagge italiane, e ogni volta ispira decine di editoriali e centinaia di post. Voi che leggete e scrivete blog e giornali vi sareste sicuramente comportati meglio. Vi sareste rivestiti, per scongiurare il rischio di abbronzarvi. Sareste andati via da quella spiaggia, certo non per sdraiarvi su una spiaggia vicina, al riparo dai fotografi, ma per chiudervi in casa, al buio, a meditare sulla morte. E pazienza se i giornali avrebbero scritto: "Quando sono arrivati i soccorritori hanno trovato una spiaggia deserta...", denunciando l'indifferenza dell'uomo moderno che scappa davanti alla morte. Certamente voi, se mentre andate in vacanza vi imbattete in un incidente mortale in autostrada, girate la macchina e tornate indietro. Voi non andreste mai a passare le vacanze a Lampedusa, a fare il bagno in quel mare che ne ammazza a mucchi tutti i giorni. Voi, se incontrate delle zingarelle sulla spiaggia, di sicuro rivolgete loro la parola, e le avvisate sui rischi del mare mosso. Voi sapete sempre cosa è giusto fare, e non pensate che qualunque gesto possiate umanamente fare - rivestirvi o spogliarvi, andarvene o restare, dire una preghiera o pensare al post indignato che scriverete sul vostro blog - non può che risultare goffo, inadeguato, disperatamente inutile davanti all'infame scandalo della morte che si prende due bambine e le risputa sulla spiaggia sotto due asciugamani sporchi, durante una bella giornata al mare.
E' vero: eravamo lì e non abbiamo fatto niente per salvarle. Sapete forse come vanno queste cose, non si capisce mai bene cosa sta succedendo: abbiamo sentito urla, trambusto, visto gente che si tuffava in mare. Io non l'ho fatto, non sono abbastanza atletico né abbastanza coraggioso, ma altri ragazzi - bagnini o bagnanti, non so - sì, sono accorsi appena hanno capito che le ragazzine erano in pericolo. Sono riusciti a portarle a riva, hanno tentato di rianimarle, ma non c'è stato nulla da fare. Le hanno coperte con due teli, qualcuno ha messo accanto a loro un mazzo di fiori. Noi siamo andati a vederle, siamo rimasti un po' accanto a loro, ci siamo fatti raccontare la storia e abbiamo raccontato quello che avevamo visto noi, abbiamo mormorato banalità sulla tragicità della vita, sulla pericolosità del mare, sull'incoscienza della gioventù. Tutti quelli che erano sulla spiaggia hanno fatto così: lo si vede bene in questo video, e soprattutto in questo, nella parte finale.
Siamo rimasti lì per un po', in attesa che le portassero via. Ma prima che le portassero via è passata più di un'ora. A un certo punto, continuare a restare in piedi accanto a quei corpi straziati ci è sembrato inutile, persino un po' morboso. Siamo tornati al nostro posto, a qualche centinaio di metri da lì (le foto possono essere ingannevoli, a seconda dell'inquadratura la prospettiva può risultare schiacciata). Non ci siamo tuffati in acqua ridendo, non abbiamo acceso la radio a tutto volume, non ci siamo messi a giocare a racchettoni. Siamo rimasti lì, confusi e imbarazzati, senza sapere bene che fare e che dire.In fondo anche quando c'è il morto in casa dopo un'ora di veglia c'è sempre qualche parente che esce dalla stanza e va a fare il caffè, o si alza e guarda distrattamente i libri sugli scaffali, o magari accende la tv senza volume.
Ma come avete potuto restare lì a divertirvi, ad abbronzarvi, come in una normale giornata al mare, ribattete voi dalle vostre centinaia di editoriali e di post. E' vero, abbiamo sbagliato, non abbiamo saputo comportarci come si deve in una situazione del genere. E sì che una situazione del genere capita quasi ogni estate sulle spiagge italiane, e ogni volta ispira decine di editoriali e centinaia di post. Voi che leggete e scrivete blog e giornali vi sareste sicuramente comportati meglio. Vi sareste rivestiti, per scongiurare il rischio di abbronzarvi. Sareste andati via da quella spiaggia, certo non per sdraiarvi su una spiaggia vicina, al riparo dai fotografi, ma per chiudervi in casa, al buio, a meditare sulla morte. E pazienza se i giornali avrebbero scritto: "Quando sono arrivati i soccorritori hanno trovato una spiaggia deserta...", denunciando l'indifferenza dell'uomo moderno che scappa davanti alla morte. Certamente voi, se mentre andate in vacanza vi imbattete in un incidente mortale in autostrada, girate la macchina e tornate indietro. Voi non andreste mai a passare le vacanze a Lampedusa, a fare il bagno in quel mare che ne ammazza a mucchi tutti i giorni. Voi, se incontrate delle zingarelle sulla spiaggia, di sicuro rivolgete loro la parola, e le avvisate sui rischi del mare mosso. Voi sapete sempre cosa è giusto fare, e non pensate che qualunque gesto possiate umanamente fare - rivestirvi o spogliarvi, andarvene o restare, dire una preghiera o pensare al post indignato che scriverete sul vostro blog - non può che risultare goffo, inadeguato, disperatamente inutile davanti all'infame scandalo della morte che si prende due bambine e le risputa sulla spiaggia sotto due asciugamani sporchi, durante una bella giornata al mare.
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