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Lo ammetto, vi aborro. Aborro voi, la vostra brutalità, la vostra (in)cultura dello stupro, la società di diseguali – dove la diseguaglianza è considerata nullità – che avete incubato, alimentato e cresciuto a dismisura. Aborro quel corpaccione chiamato maschilismo, l’origine d’ogni violenza, razzismo e discriminazione. L’aborro perché è morto, e voi lo sapete, ma ne mantenete artificialmente l’esistenza. Vi serve per conservare il potere. E per il potere siete disposti a tutto. Cioè al ginocidio. Ginocidio, sì. Perché voi, maschi impazziti e feroci, disprezzate il mio sesso. Da sempre. E io non voglio più capirvi. Non voglio più capire un mondo che si reputa progredito berciando contro i roghi di Daesh e poi impugna una penna per chiedere a un giudice di non punire il figliolo, stupratore sì, ma per soli venti minuti, preda dei fumi dell’alcool e d’un’imprecisata “promiscuità” (palese, fra le righe, l’accusa alle femmine troppo libere, quindi tentatrici). Non voglio più capire un mondo – il vostro, fatto a vostra immagine, somiglianza e prepotenza – in cui ci s’interroga se una violenza durata una manciata di minuti sia effettivamente violenza. Non voglio più capire il mancato conato di vomito davanti all’infamia di siffatta domanda. Vi aborro perché m'avete costretta a rivelare qualcosa di molto, troppo intimo. Prima un’aggressione – in tutto, durata una quindicina di secondi – e prima ancora, quand’ero giovanissima, un’aggressione se possibile anche peggiore.
Quanto sarà stato ? Forse un quarto d’ora.
Un quarto d’ora e quindici secondi che mi hanno rovinato, per sempre, la
vita. Che mi hanno deturpato e rubato anzitempo la giovinezza. Chi mai
potrà ripagarmi? Voi siete preoccupati che il vostro figliolo
maschio non possa più andare agli allenamenti, che non trovi un lavoro,
che non mangi più. Quello v’importa, e nient’altro. Non voglio
più capire un giornalismo che definisce “timido autista di provincia
timoroso di diventare padre” un tentato uxoricida e figlicida. Aborro la
vostra stupidità. Niente di più pericoloso. Non è soltanto inumana. È pre-umana. Molto peggio.
Con questa pre-umanità avete dominato il mondo. Asservendo e negando
tutte le dimensioni esistenziali diverse dalle vostre. Negando la donna,
avete negato dignità al nero, all’indio, all’immigrato, al gay/lesbica,
allo schiavo – che mai avrebbe dovuto essere schiavo -. Ma anche alla
natura, all'ambiente in cui vivete. E avete dato vita a un sistema
economico basato sullo sfruttamento e l’accaparramento. Avete
costruito un Dio maschio, leggi maschie – quelle leggi per cui, ancora
adesso, lo stupro è un’inezia la cui entità va conteggiata in minuti, le
donne eterne inferiori indegne di votare, compiere determinati lavori
(le avete però ritenute sempre degne di salire sul patibolo – Olympe de
Gouges insegna! – anzi con loro avete esercitato il massimo rigore fino
ad attribuirle responsabilità per reati inesistenti e perversi),
accedere a ordini religiosi, comparire nei testi scolastici, ecc. – alle
quali non si può derogare, pena la morte: e infatti uccidete. Non
potete tollerare d’essere abbandonati, la donna è vostro esclusivo
possesso. E non solo lei: mentre scrivo mi giunge la notizia che, nel
mio Paese, due cosiddetti “padri di famiglia” (naturalmente, secondo la
stampa maschia, sempre tale pur se scritta da donne asservite, dipinti
come uomini modello, affettuosi, teneri ecc.) non si sono accontentati
di assassinare le loro compagne, ma pure i figli; è la logica della
roba. “Roba mia, vientene con me”: a volte vi suicidate (in molti altri
casi fingete soltanto, nella speranza dello sconto d’una pena comunque
lieve) e dietro di voi non deve rimanere nessuna e nessuno. Come
nell’antica Roma, come dappertutto: siete voi, l’origine e il fine (la
fine) di tutto. Vi siete nominati Dio: siete blasfemi. Vi aborro perché nemmeno in questo frangente vi ho sentiti solidali. In qualche caso ci avete addirittura irrise.
Una donna non lotta mai solo per sé stessa, ma si sente umanamente,
umanisticamente vicina a tutti gli oppressi. Ma che cosa accade a quegli
uomini oppressi, una volta liberatisi delle loro catene? Ci sono
vicini? Condividono le nostre battaglie? Sanno capirci, amarci? Si
rendono conto che le violenze sessiste sono una questione di cultura e
non fatti privati di cronaca nera ? A me non pare. Vorrei essere smentita. Ma pubblicamente, apertamente. Lucidamente. È bene che quella lettera vergognosa sia stata vergata da un padre. Un padre wasp.Essa mette definitivamente a tacere anche quell’autolesionismo femminile per cui, se un figlio è criminale, la colpa ricade sull’incapacità della MADRE [ Un esempio recente di questa mentalità si trova qui: http://
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