Capisco che uno possa rinuciare o non sentirsi pronto ok , ma rinunciare all'ultimo momento è proprio da carogne o da bastard inside ( come ho scritto nei tag ) . Molti diranno ma che nei sai tu ? perchè intervienei senza sapere , ecc . Anche se il mio caso , il mio trapianto e avvenuto da donatore morto ( uno dei primi in sardegna per la mia malattia ) le cornea destra , so cosa vuol dire aspettare un trapianto che può salvarti la vita o ridurre \ sconfiggere una tua malattia . Ed appunto per questo che mi chiedo perchè cazzo t'iscrivi o t'offri come donatore allora ? o lo faik fino in fondo o non lo fai per niente . Non so cos'altro dire per esprimere il mio disgusto ( salvo poi cambiare idea appena sentirò le sue motivazioni ) per tale persone . Lascio che a parlare sia la storia presa da http://www.lastampa.it del 18\4\2015
Dalla salvezza alla condanna il passo può essere brevissimo.
«Sembrava fatta. Abbiamo aspettato un miracolo, ma il dono è diventato
un pacco bomba». Il regalo che il signor Luca B., friulano di 65 anni,
stava ricevendo era un midollo nuovo, in arrivo da un donatore anonimo,
pronto a essere trapiantato nel suo corpo ferito dalla leucemia. Una
fortunata coincidenza, visto che il tasso di compatibilità genetica è
uno su centomila.
Ma, quando la macchina dell’intervento si è ormai messa in moto, arriva la notizia più crudele: il donatore ci ha ripensato. «Quando ci hanno detto che da qualche parte in Italia c’era una persona compatibile con papà è stata una gioia- racconta il figlio Francesco - l’eroe sconosciuto era toccato proprio a noi». I primi dubbi vengono sciolti: «Me lo sono chiesto dall’inizio: e se questo poi rinuncia? I medici lo escludevano, chi si tira indietro lo fa subito. A leggere siti e forum avevano ragione: i donatori sono persone molto motivate, anzi vivono la donazione come un regalo. Non capita tutti i giorni di avere la possibilità di salvare la vita di qualcuno».
La speranza
Passa un mese, viene confermata la compatibilità di primo livello, quella di seconda, manca solo uno step: «Era fatta». L’idea di una beffa scompare. Poi però, con una mail al suo centro di riferimento, il donatore annuncia di averci ripensato dopo qualche strano rinvio: «L’ho capito dall’imbarazzo dei medici, non sapevano come dircelo». Per il signor Luca questo rifiuto è un problema serio, il fattore tempo nelle malattie ematiche è fondamentale, e, quando si è a pochi giorni dall’intervento, tornare indietro è un rischio enorme.
Senza pace
La famiglia non si dà pace, il figlio scrive una lettera all’ex benefattore, ma il registro (per ovvie ragioni) impedisce ogni contatto tra donatore e paziente: «Se lui lo avesse detto subito, si sarebbe potuto contattare l’altro donatore identificato nella banca dati internazionale - ripete il figlio - non si sarebbe aspettato così tanto, correndo il rischio di far tornare la malattia, ma si sarebbero potute trovare altre soluzioni di tipo alternativo, magari cercando tra i membri della stessa famiglia del paziente».
Il consenso
Eppure il consenso non viene estorto con leggerezza: «In Italia la selezione è molto seria - spiega Andrea Pizzuto, presidente dell’Admo, l’associazione dei donatori di midollo osseo - chi decide di iscriversi al registro viene informato in maniera precisa. Quando poi si trova una compatibilità ci sono una serie di passaggi duranti i quali si viene seguiti da figure specializzate».
La frequenza
In Italia per fortuna questi casi non sono frequenti: «Nel 2014 solo il 4% ha rinunciato. All’estero le cifre sono maggiori». I motivi possono essere molti, anche un cambio dello stato di salute del donatore, ma in quel caso il diniego non arriva all’ultimo. «Il momento più critico è quando si deve trovare una data» spiega Paolo De Fabrizi, primario di ematologia del Sant’Eugenio di Roma.
Le rinunce
«Quella della possibile rinuncia è un punto debole di un sistema che ha salvato centinaia di migliaia di vite», aggiunge Ignazio Majolino, direttore di ematologia dell’ospedale San Camillo nella Capitale.
Ma, quando la macchina dell’intervento si è ormai messa in moto, arriva la notizia più crudele: il donatore ci ha ripensato. «Quando ci hanno detto che da qualche parte in Italia c’era una persona compatibile con papà è stata una gioia- racconta il figlio Francesco - l’eroe sconosciuto era toccato proprio a noi». I primi dubbi vengono sciolti: «Me lo sono chiesto dall’inizio: e se questo poi rinuncia? I medici lo escludevano, chi si tira indietro lo fa subito. A leggere siti e forum avevano ragione: i donatori sono persone molto motivate, anzi vivono la donazione come un regalo. Non capita tutti i giorni di avere la possibilità di salvare la vita di qualcuno».
La speranza
Passa un mese, viene confermata la compatibilità di primo livello, quella di seconda, manca solo uno step: «Era fatta». L’idea di una beffa scompare. Poi però, con una mail al suo centro di riferimento, il donatore annuncia di averci ripensato dopo qualche strano rinvio: «L’ho capito dall’imbarazzo dei medici, non sapevano come dircelo». Per il signor Luca questo rifiuto è un problema serio, il fattore tempo nelle malattie ematiche è fondamentale, e, quando si è a pochi giorni dall’intervento, tornare indietro è un rischio enorme.
Senza pace
La famiglia non si dà pace, il figlio scrive una lettera all’ex benefattore, ma il registro (per ovvie ragioni) impedisce ogni contatto tra donatore e paziente: «Se lui lo avesse detto subito, si sarebbe potuto contattare l’altro donatore identificato nella banca dati internazionale - ripete il figlio - non si sarebbe aspettato così tanto, correndo il rischio di far tornare la malattia, ma si sarebbero potute trovare altre soluzioni di tipo alternativo, magari cercando tra i membri della stessa famiglia del paziente».
Il consenso
Eppure il consenso non viene estorto con leggerezza: «In Italia la selezione è molto seria - spiega Andrea Pizzuto, presidente dell’Admo, l’associazione dei donatori di midollo osseo - chi decide di iscriversi al registro viene informato in maniera precisa. Quando poi si trova una compatibilità ci sono una serie di passaggi duranti i quali si viene seguiti da figure specializzate».
La frequenza
In Italia per fortuna questi casi non sono frequenti: «Nel 2014 solo il 4% ha rinunciato. All’estero le cifre sono maggiori». I motivi possono essere molti, anche un cambio dello stato di salute del donatore, ma in quel caso il diniego non arriva all’ultimo. «Il momento più critico è quando si deve trovare una data» spiega Paolo De Fabrizi, primario di ematologia del Sant’Eugenio di Roma.
Le rinunce
«Quella della possibile rinuncia è un punto debole di un sistema che ha salvato centinaia di migliaia di vite», aggiunge Ignazio Majolino, direttore di ematologia dell’ospedale San Camillo nella Capitale.
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