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LA VITA È UN DONO


IL  post  d'oggi  è   uno dei casi  il cui il pensiero  di  Daniela  Tuscano   corrisponde  al mio  . 
Infatti , per esperienza personale, La violenza è la ragione di chi ha torto . Infatti : << La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci. (I. Asimov)  >>  ringrazio il o amco   Daniele Jommi per  questo commento su fb .



© Daniela Tuscano


                                  LA VITA È UN DONO
"Carolina va e viene dalla vita". Questo l'efficace incipit del servizio d'una testata online sulla tragedia di Avellino. E questi, in breve, i fatti: Domenico Aschettino, ex guardia giurata quarantenne attualmente disoccupata, ha ucciso il vicino di casa, Vincenzo Sepe, che odiava da tempo, e ferito quattro parenti, fra cui appunto Carolina, 25 anni, figlia di Sepe e incinta di tre o cinque mesi (il dato è impreciso). 

Carolina è rimasta colpita alla testa e versa in stato di morte cerebrale. Ma manca ancora la dichiarazione scritta che apponga una sigla di "ufficialità" a questa morte. Carolina respira, lotta, non sappiamo se senta ancora qualcosa, ma qualcosa, anzi, qualcuno si aggrappa tenace a lei: il bambino in grembo. Lui sì, è vivo e soltanto vivo. Non si trova nella zona grigia dell'incertezza, ma sta attraversando un tunnel che non è più il caldo letto del primigenio sonno ma un budello improvvisamente gelido, impervio, minaccioso. Ma lui è li', non saprebbe dove altro andare. Manda segnali che non ricevono più risposta. Rimane però, come sfida, speranza, martirio. Cioè testimonianza. Una mano criminale ha spento la sua unica donna, il suo futuro e la sua casa. È nudo nel mondo; ma chiede senza poter parlare, con la sua semplice esistenza. Quest'arrancare nelle periferie germinali di un essere umano - non soltanto d'un feto - ci ricorda che la vita va custodita ed esaltata; spegnerla è facile e cieco. Bestiale. Ma ricostruirla comporta un'altra vita, decine di vite, cammini evolutivi, irripetibilità. Altri incontri, abbracci, costruzioni di amori. La vita è un accumulo di mattoni e fatica. Una singola parte di noi non è mai esclusa dalla comunità, coinvolge tutti gli esseri per sempre, e per una sola volta, durante il passaggio su questa terra. 
Il figlio di Carolina è forte e grida nel momento in cui dipende totalmente da noi. Ormai è figlio di ognuno e di ognuna. Salvarlo è un dovere assoluto. Richiama la scienza al suo reale dovere, che è quello di rendere l'umano più umano.
La vita deriva da noi, ma non ci appartiene. In questo senso, pertanto, è un dono.
Carolina e suo figlio stanno sperimentando su di se' le conseguenze della superbia. D'un essere umano che si è creduto padrone e non custode, sovvertendo tutti i valori morali senza cui l'umanità non sarebbe degna di tale nome. Rappresentano tutti gli Abele del mondo. Con tutte le sue conquiste, la scienza riuscirà a restituire alla luce quell'esistenza così brutalmente interrotta e l'altra, tanto più giovane, che ancora deve, e assolutamente deve, erompere nel suo giorno? E se non riuscirà, sarà quest'ennesimo sacrificio a richiamarla al suo originario compito di aiuto e solidarietà?
Chi crede, preghi. Chi non crede, rifletta. Ognuno, per un istante, taccia di fronte alla fralezza solenne. Questa è la vita, tutta in una mano. 
Carolina è rimasta colpita alla testa e versa in stato di morte cerebrale. Ma manca ancora la dichiarazione scritta che apponga una sigla di "ufficialità" a questa morte. Carolina respira, lotta, non sappiamo se senta ancora qualcosa, ma qualcosa, anzi, qualcuno si aggrappa tenace a lei: il bambino in grembo. Lui sì, è vivo e soltanto vivo. Non si trova nella zona grigia dell'incertezza, ma sta attraversando un tunnel che non è più il caldo letto del primigenio sonno ma un budello improvvisamente gelido, impervio, minaccioso. Ma lui è li', non saprebbe dove altro andare. Manda segnali che non ricevono più risposta. Rimane però, come sfida, speranza, martirio. Cioè testimonianza. Una mano criminale ha spento la sua unica donna, il suo futuro e la sua casa. È nudo nel mondo; ma chiede senza poter parlare, con la sua semplice esistenza. Quest'arrancare nelle periferie germinali di un essere umano - non soltanto d'un feto - ci ricorda che la vita va custodita ed esaltata; spegnerla è facile e cieco. Bestiale. Ma ricostruirla comporta un'altra vita, decine di vite, cammini evolutivi, irripetibilità. Altri incontri, abbracci, costruzioni di amori. La vita è un accumulo di mattoni e fatica. Una singola parte di noi non è mai esclusa dalla comunità, coinvolge tutti gli esseri per sempre, e per una sola volta, durante il passaggio su questa terra. 
Il figlio di Carolina è forte e grida nel momento in cui dipende totalmente da noi. Ormai è figlio di ognuno e di ognuna. Salvarlo è un dovere assoluto. Richiama la scienza al suo reale dovere, che è quello di rendere l'umano più umano.
La vita deriva da noi, ma non ci appartiene. In questo senso, pertanto, è un dono.
Carolina e suo figlio stanno sperimentando su di se' le conseguenze della superbia. D'un essere umano che si è creduto padrone e non custode, sovvertendo tutti i valori morali senza cui l'umanità non sarebbe degna di tale nome. Rappresentano tutti gli Abele del mondo. Con tutte le sue conquiste, la scienza riuscirà a restituire alla luce quell'esistenza così brutalmente interrotta e l'altra, tanto più giovane, che ancora deve, e assolutamente deve, erompere nel suo giorno? E se non riuscirà, sarà quest'ennesimo sacrificio a richiamarla al suo originario compito di aiuto e solidarietà?
Chi crede, preghi. Chi non crede, rifletta. Ognuno, per un istante, taccia di fronte alla fralezza solenne. Questa è la vita, tutta in una mano. 

e  proprio mentre  finivo di leggere  questo post   ne  ho letto un 'altro   sempre  di una mia cpompagna  di viaggio  stavolta  facebookiana 
  1. Buona serata a tutti amici miei♥♥Voi mi dite: “La vita è pesante da portare”. Ma perché mai avreste la mattina il vostro orgoglio e la sera la vostra rassegnazione? La vita è pesante da portare: ma, per favore, non fate troppo i delicati! Noi siamo tutti quanti graziosi e robusti asini e asine. Che cosa abbiamo in comune col bocciolo di rosa, che trema per il peso di una goccia di rugiada? [Friedrich Nietzsche [ Così parlò Zarathustra ]

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