Come è diverso il verde se lo chiami «green»Si fa presto a dire verde.

per  approfondire

da l'unione sarda d'oggi

di daniela pinna

Si fa presto a dire verde. Lo chiamano «green», il campo da golf. E il pensiero corre alla lucentezza compatta e abbacinante dell'agrostis stolonifera, la regina delle graminacee, su cui incedono i Tiger Woods, ma anche i presidenti Usa in relax, i ricconi dei film e i pensionati di lusso. Il colore ci interessa perché Condotte immobiliare, colosso dell'edilizia (anche) turistica, vorrebbe portare mazze e palline sugli aspri pendii di Tentizzos, appena fuori Bosa. La società assicura che sarà (se sarà) un campo eco-sostenibile, con le essenze e i colori locali. Uno swing sull'avena tosata? All'ombra delle domus de janas? Chissà. Intanto, i bosani di terra e di mare son sulle barricate. Di certo, in Planargia il verde è di casa, in certi periodo dell'anno. D'autunno, ad esempio, quando le piogge e il sole tiepido danno nuovo coraggio alla terra. Ed è tutto un fiorire di steli vivaci e plebei, per la gioia delle pecore e delle lumache. Le une e le altre, sgradite sul green. Ma in questi giorni d'estate implacabile, se vi inerpicate verso Miniera, l'orizzonte ha un colore di paglia e di terra. Fra le rocce di trachite verdeggiano solo i lentischi. Scolora anche il cisto, bruciato dal sole, che in primavera ti abbaglia di bianco e di giallo. Incuranti della canicola, volano i grifoni, signori della costa. Alti su un mare di smeraldo. Si fa presto, a dire «verde». Ma davvero qualcuno vorrebbe scambiare tutto ciò con un «green»?

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