l'Alghero - Bosa tra patrimonio dell'Unesco e rischio speculazioni

Rillegendo questo articolo sulla nuova sardegna  del 29\7\2013 m  sono ritornati alla mente   tutti i ricordi  di quelle  volte  che  ho fatto quella strada    sia  quando erano ancora vive le mie prozie ( da parte  di mamma  ) di Cuglieri   sia  quando  c'invitano degli amici   di famiglia che hanno la casa  al mare a tres nuraghes  . Una  strada  bellissima   per il panorama ( vedere  foto  )  ed  un po' scomoda per  chi soffre la macchina , ma ne vale la pena  per  i paesaggi suggestivi che rischiano   di scomparire  , inghiottiti dalla cementificazione selvaggia   . Ma  ora  basta   cosi altrimenti vi anoio  con le mie  nostalgie     


La città del Temo ha candidato la litoranea a “patrimonio dell’umanità”
Ma la risposta potrà essere positiva solo se l’ambiente verrà tutelato 
Cinquanta chilometri
all’esame dell’Unesco
di Nadia Cossu INVIATA A BOSA
 Quei cinquanta chilometri di costa puoi percorrerli con la consapevolezza dello spettacolo cui assisterai oppure senza sapere – e forse neanche immaginare – a cosa i tuoi occhi e il tuo naso andranno incontro. Il risultato non cambierà. La litoranea Alghero-Bosa regala le stesse emozioni 



per  le altre  foto    http://snipurl.com/27jd4px  nell'album della nuova  

al turista che per la prima volta vede le mille sfumature di azzurro del mare e sente il profumo intenso del cisto e a chi invece è avvezzo a quei colori e a quei profumi. Per queste e tante altre ragioni la proposta che la strada provinciale (se la contendono Sassari e Oristano) diventi Patrimonio mondiale dell’Unesco è stata accolta alcuni giorni fa all’unanimità dal consiglio comunale di Bosa. Durante la seduta del 16 luglio è stato adottato un ordine del giorno per avviare il percorso che dovrebbe portare i 50 chilometri di costa nell’elenco dei beni appartenenti al patrimonio dell’umanità. Ora saranno chiamati a pronunciarsi in merito anche i consigli comunali di Villanova Monteleone e Alghero. Per apprezzare al meglio il sapore selvaggio della litoranea – preservata negli anni dalla cementificazione – sarebbe ideale salire in sella a una moto e guidare lungo i tornanti sinuosi con un occhio sempre rivolto verso l’orizzonte. È così che si possono intravedere le pareti vulcaniche di trachite rosa, i rigogliosi cespugli di macchia mediterranea, le innumerevoli cale sabbiose e rocciose che si raggiungono attraverso sentieri faticosi ma suggestivi. La bellezza e il valore di questa strada – che partendo da Alghero si chiama SP105 e che al confine con la provincia di Oristano diventa SP49 – stanno nell’immenso patrimonio naturalistico che la contraddistingue. Basti pensare che in cima alle pareti a strapiombo sul mare nidificano le ultime colonie di grifoni. Inoltre si possono ancora vedere in volo aquile reali e falchi pellegrini. La Alghero-Bosa è una sequenza di paesaggi mozzafiato e di storia: vicino a Capo Marrargiu, di preciso a Torre Poglina, sorgeva la base segreta paramilitare di Gladio. Ma sulla strada si incontra anche l'indicazione per il parco archeologico di Nuraghe Appiu (Villanova Monteleone). E poi c’è la montagna di Badde Orca, 700 metri di altezza che si fermano nella caletta di Managu. Una delle tante che si trovano nella provinciale. Poco prima di arrivare a Bosa ci sono le aree di Torre Argentina, Tentizzos e S’Abba Druche, spiagge e distese di roccia bianca: proprio in questa zona ha messo gli occhi la speculazione edilizia. I requisiti per farne un bene dell’umanità sembrerebbero esserci tutti. Nel sito del ministero per i Beni e le Attività culturali si legge che «tutti i beni iscritti nella lista devono essere protetti, nel lungo termine, da adeguate norme, regolamenti, misure istituzionali e/o tradizionali per la conservazione e la gestione, in modo da garantirne la salvaguardia». E ancora che «le norme e i regolamenti a livello nazionale e locale devono essere tali da garantire la sopravvivenza del bene e tutelarlo nei confronti dello sviluppo e dei cambiamenti che potrebbero diminuire l'eccezionale valore universale, l'integrità o l'autenticità del bene». Questo potrebbe significare un brusco stop al famoso progetto ipotizzato da Condotte Immobiliare Spa. La proposta prevedrebbe una struttura ricettiva, residenze stagionali, servizi (75mila metri cubi di volumetrie) e un campo da golf (18 buche) proprio a Tentizzos e Sa Miniera. In linea d’aria a poche centinaia di metri dai nidi dei grifoni. 


Infatti  

Gli esperti Alfonso Campus e Cristina Perino: l’alterazione dell’habitat è una delle principali minacce «Con il cemento diremo addio ai grifoni»
BOSA Lassù, appena sotto gli spuntoni di roccia dove i grifoni*sostano e sembrano godersi lo spettacolo, puoi arrivarci solo a bordo di un fuoristrada. Bisogna attraversare una stradina parecchio malandata, ma
ne vale la pena. A un certo punto li vedi volteggiare e l’emozione è inevitabile: sono maestosi, hanno un’ampia apertura alare, soprattutto sono nel loro habitat. Alfonso Campus  (  foto a destra  )  e Cristina Perino lo dicono senza pudore: «Stiamo perdendo il sonno». La sola idea che Condotte Immobiliare possa portare il cemento lì dove la natura regna sovrana, li terrorizza, è un pensiero che distrugge la loro serenità. Ma anche quella dei tanti bosani che, soprattutto nell’ultimo periodo, hanno manifestato con più convinzione (affollando i consigli comunali e facendo nascere comitati) il proprio no a “Bosa Colores”, l’iniziativa immobiliare che
complessivamente prevede circa 33mila metri cubi di edilizia residenziale e 210mila di strutture turistico-ricettive nelle zone di Tentizzos-Sa Miniera, Campu 'e mare e Sa Sea per un investimento di 170 milioni di euro. Alfonso e Cristina da anni sono impegnati nella salvaguardia del patrimonio naturalistico di questo territorio. Insieme hanno fondato l’associazione “L’Altra Bosa” «per tentare di far aprire gli occhi alla gente – spiega Alfonso – su quello che c’è e che si può fare nella nostra città». L’associazione è presente su internet: «Un sito divulgativo – aggiunge Cristina – della natura bosana. In particolare botanica, geologia e soprattutto ornitologia, considerato che tutto parte dalla protezione del grifone e dei rapaci in generale». Alfonso da anni fa il monitoraggio e fornisce al Gos (Gruppo ornitologico sardo) i dati sulla popolazione dei grifoni a Bosa. Sono le persone giuste a cui rivolgere la prima importante domanda: cosa significherebbe un progetto come quello prospettato da Condotte per le bellezze di questa costa? «75mila metri cubi di cemento – spiega Alfonso Campus – vogliono dire aprire strade, collegamenti fognari, devono portare l’acqua, la luce. Sono stravolgimenti, movimenti di terra, suoni». Tutto ciò che fa male al protagonista indiscusso delle colline sovrastanti: il gyps fulvus (avvoltoio grifone). Nel 2003 fu siglato un protocollo d’intesa – con annesso piano d’azione per salvare il grifone – da Regione, Comune di Bosa e Legambiente. Questo documento individuava al primo posto – tra le minacce e i fattori di rischio per la sopravvivenza del rapace – proprio la “perdita, frammentazione e alterazione dell’habitat”. Ossia le grandi opere infrastrutturali e gli insediamenti turistici. «Tutti questi propositi che fine hanno fatto?», si chiedono oggi in molti. «Nei loro discorsi ci sono contraddizioni – spiegano ancora Alfonso e Cristina – Prima dicono che per quanto riguarda il campo da golf non stravolgeranno nulla perché si “limiteranno” a stendere un manto, poi però sostengono di aver fatto uno studio sulle falde acquifere e ipotizzano di sfruttare quell’acqua stoccandola per il periodo estivo all’interno di serbatoi sotterranei». Oltretutto, per srotolare i tappeti di piante «anche se non smuovessero la roccia, dovrebbero portare chissà quanti metri cubi di terra almeno nella parte superiore». Il tutto a ridosso della roccia che si chiama “Crastu Entulzu” (Roccia del grifone), già zona Sic e Zps. «Chiamiamo tutto questo col giusto nome: stravolgimento ambientale. La morte, per il grifone». (na.co.)


 *  ( .....  )  In Italia, la specie si è estinta ovunque tranne che in Sardegna e in alcune regioni tra cui: la Sicilia, dove è stato reintrodotto, in particolare all'interno del Parco dei Nebrodi; in Abruzzo, sul Monte Velino, dove sono stati reinseriti circa 80 esemplari e grazie alla riproduzione la popolazione è in aumento. La popolazione stanziale contava nel 2010 circa 35 individui tra adulti
e giovani, inanellati e non. In Italia, a seguito di operazioni di ripopolamento, nell'agosto 2006 ne sono stati avvistati numerosi esemplari sul versante occidentale aquilano del Gran Sasso, mentre recenti avvistamenti ci sono stati anche sulle Dolomiti, in Veneto, sul massiccio della Marmolada. Anche il Friuli Venezia Giulia è promotore, da alcuni anni, di un progetto di reintroduzione del Grifone nella zona diForgaria nel Friuli. Nel Parco nazionale del Pollino, nel territorio di Civita in provincia di Cosenza, è in atto un progetto di reintroduzione. Per il momento ci sono 27 esemplari tenuti in una voliera a picco sulle Gole del Raganello per acclimatarsi al nuovo ambiente. Negli ultimi anni sono stati reintrodotti in Abruzzo nel parco regionale del Sirente-Velino, dove si possono ammirare, abbastanza numerosi, nei classici voli di ricognizione.  (  ... continua su  http://it.wikipedia.org/wiki/Gyps_fulvus ) 

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