aggiornamento del caso del bambino rasato perchè perde una gara di nuoto


“Sono stata io a radere il bambino come gli ebrei per punizione”

Alla fine è arrivata l’ammissione. A radere a zero “come agli ebrei” per punizione il bambino di 11 anni ( ne  avevo parlato in qualche  post precedente  ) con tanto di croce disegnata in cima alla testa per non essersi impegnato a sufficienza in una gara internazionale di nuoto è stata un’atleta, nota solo per le sue iniziali, G.P.
COLPA MIA - “Si, sono stata io a rasare la testa con la croce in mezzo”. Con queste parole la donna ha confermato di essere stata lei a impartire al ragazzo una “lezione” impartita in realtà lo scorso maggio, in collaborazione con due istruttore. I genitori denunciarono subito alla magistratura tale violenza, magistratura che ha provveduto ad interrogare la donna la quale ha dato la sua versione dei fatti.


NON VOLEVAMO FARE MALE - Secondo l’atleta si è trattato di una specie di rituale avvenuto in una camera d’albergo con altri ragazzi grandi. Il gesto sarebbe stato deciso in maniera collettiva in un ambito sportivo. L’avvocato della donna, Michele Grigenti, ha riportato le parole della sua assistita la quale non ha voluto far male a nessuno confermando la loro intenzione di avere un atteggiamento aperto e collaborativo.
COLPA DEI RAGAZZI - Gli investigatori hanno sentito anche l’istruttrice del bambino, presente a sua volta nelal trasferta, la quale ha confermato che esisteva un sistema di disciplina basato su cartellini gialli e rossi. Le punizioni però sarebbero state più che altro fisiche come impegnarsi in esercizi addominali supplementari o vasche a delfino. Per quanto riguarda i capelli la responsabilità sarebbe di alcuni ragazzi più grandi che avrebbero chiesto anche ai piccoli di seguirli. Uno si è fatto “pelare” mentre un altro ha chiamato la mamma spaventato. Il tutto infine sarebbe avvenuto mentre gli allenatori erano al ristorante dell’albergo. (Ansa)


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