tratta dalla nuova sardegna del 5\11\2012
La sua storia ha fatto il giro del mondo. «Sono stato investito durante un sopralluogo e oltre a
una grande quantità di fratture ho subito gli esiti di una neurodistonia che ha trasformato il mio caso in una vicenda quasi unica:sono una delle poche persone in tutto il pianeta che soffrono di questa malattia a causa di lesioni dovute a un trauma».Ancora oggi Francesco Delpiano, ingegnere nuorese di 45 anni, ha la parte sinistra del corpo paralizzata.«Ma sono sopravvissuto e considero il giorno dell’infortunio come quello che ha segnatola mia rinascita – dice con convinzione – Da allora sono diventato un nuotatore.
Ho saputo sfruttare al meglio tutte le mie possibilità. Mi sono trasferito in Emilia Romagna.
Ho cambiato vita, persino professione.E sono riuscito a costituire una bellissima famiglia».Quella di delpiano è una vicenda straordinaria, in tutti i sensi. «Mi sono laureato a Cagliari e al momento dell’infortunio pensavo mi attendesse un’ottima carriera :a poco più di 30 anni ero il direttore del cantiere per la costruzione a Sassari della metropolitana di superficie per conto del Gruppo Condotte – comincia a raccontare il professionista–Invece,il 17 febbraio del 2000 sono stato travolto da una macchina guidata da un automobilista che sarà poi condannato a 30 giorni di sospensione della patente,una pena così lieve che quasi mi spinse a chiedere di cambiare cittadinanza. Comunque l’urto mi ha fracassato il corpo. Al di là di tante lesioni, ho riportato un trauma cerebrale, al quale è seguito uno stato di coma. Due condizioni che si sono poi rivelate all'origine del gravissimo disturbo cerebrale che mi ha prima portato a mesi di riabilitazione a Parma e poi costretto a girare per ospedali europei e americani alla ricerca di risposte medico-legali sulla diagnosi definitiva di neurodistonia post traumatica».
«I primi cinque anni si sono rivelati un calvario: mi sono ritrovato sulla sedia a rotelle e solo a Houston il dottor Joseph Jancovic, luminare russo della moderna neurologia, mi ha spiegato con esattezza in che cosa consisteva il mio problema - prosegue Delpiano – Sono stati approcci molto complessi. E molto costosi.La somma provvisionale stabilita dai giudici dopo il processo penale a carico dell’automobilista si è rivelata una goccia nel mare delle spese.
L’assicurazione che avevo come dirigente ha pagato i danni,ma le uscite erano già ingentissime. In sede civile, dopo dodici anni, proprio di recente è stato definito un indennizzo per cui sto valutando col mio avvocato se presentare appello. A ogni modo, se generosamente familiari, amici e conoscenti non mi
avessero aiutato in modo disinteressato,non ce l’avrei mai fatta a stare dietro a tutti i conti che ho dovuto pagare per l’assistenza».
«Oggi–incalza–ogni tre mesi devo ricoverarmi per una terapia di sostegno che dura un paio di settimane.
Così, quando mi sono riaffacciato al mondo del lavoro e ho cercato di fare ancora l’ingegnere, le assenze per queste cure hanno influitpo. È stato un susseguirsi di assunzioni e licenziamenti. Alla fine ho deciso di cambiare. Ho frequentato una scuola per cinque anni e ora faccio il counselor: mi oc-
cupo cioè di garantire appoggio a chi incontra difficoltà e disagi nella vita di relazione. Un po’quello che hanno fatto cinquanta miei colleghi arrivati da tutt’Italia qui in Emilia dopo il terremoto affiancando psichiatri e psicologi».
«Ma prima, in tutto questo tempo, quasi per caso, ho cominciato a fare sporte sono anche diventato istruttore di nuoto – prosegue il professionista –Ho pensato che, dopo l’infortunio, valesse comunque la pena di giocarsela sino in fondo. In dieci mesi ho conquistato tre record italiani che fra gli atleti con
disabilità resistono ancora: nei 50 e nei 100 stile libero e nei 50 farfalla,piazzando mi tra i primi tredici nuotatori al mondo.Con la nazionale sono entrato nella rosa per le paraolimpiadi di Pechino e ho continuato per circa un anno con ritmi da professionista. Ora ho smesso con l’agonismo, ma nuoto a livello amatoriale».
«Intanto,con la mia bambina e con la mia compagna, che il prossimo mese sposerò, ho potuto ricostruirmi una nuova vita di affetti», sottolinea Delpiano,che non fa mistero della sua carica di entusiasmo per aver avuto una chance di riniziare e il coraggio di vincere la sua battaglia. «Oggi guido la macchina automatica, mi servo di tutori e mi muovo con le stampelle:non lo dico tanto per dire, ma quel 17 febbraio del 2000 si è rivelato il più bello della mia esistenza.
Mi ha fatto risvegliare dal buio e mi ha reso divinamente abile,capace di utilizzare al meglio tutte le possibilità che prima non ero in grado di apprezzare-aggiunge d’un fiato l’ingegnere-counselor – Pochi giorni fa,all'università di Bologna, l’ho spiegato agli studenti che frequentano il corso di scienza e terapia della riabilitazione e ho visto che hanno compreso che cosa intendo».
Del suo caso ha scritto la rivista VanityFair. Mentre in passato qualche giornalista ha cercato,senza riuscirci,di farlo partecipare a trasmissioni tv strappalacrime “su come ricominciare con un sorriso”. «Quando ho scelto di vivere,e non di sopravvivere,ho pensato alla mia rinascita in maniera assolutamente meravigliosa – è la conclusione di Delpiano–Non mi è mai piaciuto piangermi addosso: non so se si sia capito».(pgp)
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