I NON BAMBOCCIONI , IL LAVORO NERO \ MORTI BIANCHE E LA POLITICA

Ci  sono  anche  storie  di ragazzi  " non schizzinosi "  che  non sono  nè  bambocioni nè pessimisti  \  sconfortati    ecco alcune storie   


«Laureati,non siamo schizzinosi» Storie di ragazzi che smentiscono il ministro Fornero:«Siamo pronti a tutto»


di Sabrina Zedda
CAGLIARI Dell’aiuto di mamma e papà ne fanno a meno:sanno quanti sacrifici hanno già fatto per
loro e non sono intenzionati a chiederne di più. Ma ai loro sogni non rinunciano. E allora altro che “choosy” (schizzinosi) come ha detto, tristemente, la ministra Elsa Fornero, la quale ha mostrato di inciampare ogni tanto sulle parole : inattesa di trovare il lavoro che possa dare dignità agli anni passa-
ti dietro a un percorso universitario c’è chi si offre per fare le pulizie, chi passa le serate servendo in ristorante e chi,stanco delle solite promesse,si reinventa artigiano.
Altro che schizzinosi i giovani laureati: concreti piuttosto,e perfino altruisti perché per loro lavorare significa creare un valore di cui possano beneficiare tutti. E’ il caso di Sara Cacciuto, 36 anni e due lauree: una di primo livello come Educatrice ambientale all’Università dell’Aquila, l’altra,magistrale, conseguita a marzo all’Università di Roma 3 in Scienze dell’educazione degli adulti. Tra l’una e l’altra un sfilza di lavoretti. «A L’Aquila per mantenermi agli studi –racconta – facevo due lavori,entrambi in località a tre ore dalla città in cui vivevo :la guida naturalistica in un parco durante la settimana,la cameriera nel weekend : lavoravo in una pizzeria».Per Sara i sacrifici sono continuati anche durante il percorso per la laurea magistrale a Roma: «Una città dove la vita costa cara e dove mi sono adattata a fare di tutto: pulizie nelle case, collaborazioni con l’università…»Una fatica che Sara è riuscita a sostenere grazie alla forte motivazione: «Il mio sogno è  aiutare la gente della mia città a mettere a frutto le proprie potenzialità: in tempi di crisi perché le cose cambino è necessario puntare sul potenziale umano».Per fare questo Sara ora sta frequentando anche un corso di specializzazione ma i soldi sono sempre pochi  e il lavoro è poco: «Lavorerei pure in un call center, ma alla mia richiesta non 
hanno risposto ».Davvero per niente choosy questa giovane che però ha ben chiaro cosa significa dare

dignità al lavoro: «Un lavoro dignitoso è un lavoro che abbia una retribuzione congrua:posso anche  fare le pulizie,ma chiedere per questo meno di otto euro l’ora significherebbe sminuirsi».Idee chiare le ha anche Giovanna Pala  ( foto a  sinistra  ) 28 anni e una laurea col massimo dei voti e la lode in Storia dell’arte.« Arrivo da Mamoiada e voglio stare a Cagliari, dove ho la mia vita,ma non posso più chiedere ai miei genitori di aiutarmi».Così anche per lei, che sogna un futuro da critica d’arte per valorizzare il prezioso patrimonio culturale della Sardegna  (lasua tesi di laurea è stata un omaggio a Eugenio Tavolara) la scelta, nel frattempo, di accontentarsi d’altro: « Diverse sere a settimana lavoro come
cameriera in un ristorante»,dice.Il resto delle giornate insegna invece italiano agli stranieri in una cooperativa di Quartu: dovrebbe pagarla la Regione con il fondi per progetti a favore dei giovani disoccupati, ma, si sfoga, «è tutto bloccato e lavorare senza una retribuzione fa calare la motivazione». Un altro che pur di lavorare ha messo da parte i titoli di studio è Massimo, laurea in filosofia e anni passati alla ricerca di un posto da laureato.«Alla fine ho preferito fare da me–racconta–Grazie ai miei genitori ho potuto chiedere un prestito e mi sono aperto una foto copisteria».
Storie di oggi, di chi per andare avanti ha capito che bisogna stringere i denti. Eppure sognare un posto da laureato non significa essere choosy ma cercare di ottenere quello che spetterebbe di diritto: «Siamo solo giovani che vogliono andare avanti – dice Giovanna Pala–Non per essereschizzinosi,ma per daren
senso ai tanti anni di studi».

INCIDENTI SUL  LAVORO . I drammi E LE STORIE

di  Pier Giorgio Pinna
SASSARI Sono scampati alla morte bianca. Ma a un prezzo altissimo.Uno scuro calvario. Mesi di sofferenze e riabilitazioni. Sempre in attesa di qualche spiraglio di luce: la speranza di un reinserimento. Le loro sono vicende drammatiche. 
           Da sinistra,due lavoratori rimasti gravemente feriti:Angelo Addis,40anni,di Ittiri,e GiuseppeSechi,64,sassarese.
Affianco un  incidente  sul lavoro 

Eppure,speculari rispetto a quelle di compagni sfuggiti per un soffio a una fine atroce sotto un trattore o tra le macerie di un capannone crollato. Certo, tutti hanno avuto più fortuna delle decine di operai che ogni anno perdono la vita nell’isola: per
capirlo è sufficiente un’occhiata ai quotidiani degli ultimi mesi,quando la spirale degli infortuni si è fatta angosciante.Però chi rimane ferito a causa d’incidenti terribili poi deve affronta re un inferno. E non è facile riuscire a riprendersi, anzi. Quseta è la storia di chi alla fine ce  l’ha fatta.
Giuseppe Sechi ha 64 anni e da 43 guida di tutto: « Mi mancano solo navi e aerei,per 



il resto sono stato al volante di qualsiasi mezzo in Sardegna,in continente e all’estero»,ironizza mentre dà una mano alla figlia in una campagna sulla Buddi Buddi, tra Platamonae Sassari. «Se non ci ridessi un po’su,non sarei un sassaresi in ciabi - prosegue–Ma non è stato semplice continuare. Perché d’infortuni ne ho avuto due.Il primo nel 1999,quando la Panda con cui entravo in deposito è stata distrutta da un furgone. Al volante c’era il ladro che l’aveva appena rubato: scappava e non m’ ha dato la precedenza. In ospedale mi hanno trovato di tutto, dalla frattura del bacino ad altre lesioni serie, ma non si sono accorti che avevo preso una botta tremenda a un ginocchio,poi infatti ha avuto bisogno di
una protesi. Dopo tanto tempo, mi hanno dato un indennizzo di poche migliaia di euro». «E l’anno scorso, a Palau,stavo sciogliendo le funi che legavano un carico di tubi sul rimorchio, quando è successo qualcosa che non ho mai capito: mi hanno trovato svenuto dentro il cassone, con la clavicola rotta in più punti e nuove fratture, a Olbia sono rimasto ricoverato una decina di giorni–spiega Sechi–Ma la riabilitazione è durata 7-8 mesi. Così mi sono rivolto al patronato Ital e all’Inail perché a noi che
facciamo mestieri usuranti continuano a fregarci. Già non mi avevano versato contributi in passato: non tutti i datori di lavoro sono onesti. Stress, turni massacranti, lavori indebiti come aiutare a scaricare la
merce: chi te li paga? Adesso mi tengono a casa nonostante io voglia tornare. Prendo lo stipendio ma me lo danno in ritardo. Campo grazie a una finanziaria.Spero almeno di an dare in pensione nel 2013».Attraverso la Uil,come altri iscritti,Se chi può contare sul le tutele esercitato dal segretario generale per l’edilizia, Marco Foddai. «E comunque aspetto ancora di sapere quale sarà la rendita per la mia invalidità»,conclude.
Il processo. Il camionista ittirese Angelo Addis, per ottenere  giustizia, si è rivolto ai legali di Fiducia,gli avvocati Pietro Diaz e Teresa Pes. Oggi è un quarantenne solo in apparenza senza più problemi. Da poco si è lasciato alle spalle dolori estenuanti e pesantissimi sacrifici.«Tutto,per me,è cambiato il 30 giugno 2004–dice nella sua accogliente villetta vicino all'ospedale Alivesi–Quel giorno sono andato con la motrice in uno stabilimento sulla 131,tra Porto Torres e Sassari, e ho agganciato un rimorchio già caricato da altri: pareti prefabbricate di cemento sostenute da cavi d’acciaio». Da lì Addis è partito per la destinazione finale: un cantiere edile a poca distanza da Santa Maria Coghinas. «Ho trovato la gru pronta a Scaricare,ma quando ho mollato i cavi il carico si è inclinato e una parete mi è caduta addosso», prosegue. «Mi hanno trasportato al pronto soccorso: frattura del bacino e di una vertebra,schiacciamento dei nervi, non riuscivo più a muovere le gambe – ricorda con emozione –Oggi non smetto di ringraziare i dottori Benedetto Bortone e Giorgio Patta per come mi han-no curato in Ortopedia, a Sassari:riprendersi è stato durissimo,ma se oggi cammino lo devo a loro». I medici gli hanno spiegato che il destino l’ha aiutato: «Se fossi stato colpito alla  schiena pochi millimetri più sotto,sarei rimasto paralizzato – dice – In ogni modo, ho passato due mesi ricoverato e un anno a soffrire in casa». «Ho dovuto lasciare il lavoro per assisterlo», interviene, nel salone di casa,la moglie,Tiziana non si pente di nulla: fra l’altro, la rinascita del marito è stata accompagnata dall’arrivo di una bambina.La ripresa. «L’Inail mi ha riconosciuto 40 punti d’invalidità e assicurato una rendita mensile: non ho nulla da ridire, mi hanno trattato bene anche all’Inps – aggiunge Addis – Per la verità non volevo neppure andare in giudizio,ma il procedimento è stato avviato d’ufficio: il giudice, Marina Capitta, ha condannato i titolari della ditta e adesso aspettiamo l’appello». «Dal 2005 comunque ho ripreso a cercare un posto e ho avuto un’amara delusione quando un’impresa del Campidano stava per assumermi,ma poi non l’ha fatto perché ho comunicato che appartenevo a una categoria protetta e che
per questo potevano avere benefici fiscali: davvero una cosa assurda – racconta – Da allora però tutto è andato meglio.Del resto, io sono sempre stato un grande lavoratore: in 21 anni, prima dell’infortunio,non avevo mai fatto un giorno d’assenza. E dire che ho guidato per   tre milioni di km. Comunque dal 2006 ho ricominciato a viaggiare prima per una società di Porto Torres, poi per una di Sassari». «Adesso sono in cassa integrazione per la crisi,ma l’importante è pensare al futuro come una persona che può     ancora avere una vita normale»,sostiene Angelo mentre il sorriso gli illumina il volto.


Mirto,alloro,birretta ilguerrilla gardening attecchisce a Nuoro Per tre ore gli spazi verdi e abbandonati della città sono stati curati da una squadra di appassionati volontari



diValeriaGianoglio

NUORO
«Secondo lei mirto e alloro bisticciano?»: comincia con un piccolo “sos” lanciato a un più maturo esperto di piante,e fini-sce con un brindisi con l’immancabile bicchiere di birra,l’esordio ufficiale del guerrilla gardening,i giardinieri d’assalto, a Nuoro in contemporanea con moltissime altre città d’Ita-
lia. Comincia alle 10.30 di una domenica grigia e sonnolenta,con i primi, sparuti pionieri che arrivano in piazza Veneto.
E termina dopo tre ore di sana sudata tra  zappe,rastrelli e solchi da realizzare, con uno spazio del centro città rimesso a nuovo da un piccolo esercito di volontari.Siepi di piante sarde da un lato, aiuole ripulite dall’altro, un tratto di verde liberato dalle rocce e colorato con cespugli variopinti di margherite. È il grande debutto tutto nuorese di un movimento che nel resto d’Italia e del mondo spopola già da tempo,e che dallo stesso tempo sta recuperando spazi metropolitani abbandonati e degradati per consegnarli, invece, al verde, alle piante e alla natura. Sono studenti universitari,disoccupati,giovani barbaricini impegnati nelle associazioni e nel volontariato, i guerriglieri del verde.

Sono anche i loro genitori, come Gianfranco Frau,i loro“zii”d’adozione come Giselda Ottonello,genovese trapiantata per amore a Nuoro. E sì, in fondo,sono anche i fiorai di piazza Veneto che ieri donano qualche  preziosa pianta grassa da mettere a dimora, il barista che offre le bevande a fine giornata,o il“giardiniere a noleggio”Gianfranco Chessa,con un  telefono cellulare che segnala gli
 


sms con il rumore inconfondibile di una motosega. «Ma no –commenta, mentre osserva il lavoro dei giovani guerriglieri–io non c’entro con questa iniziativa, passavo qui e mi sono fermato a guardare». 
Salvo poi rimangiarsi tutto, e rimanere con i ragazzi per dar loro qualche piccolo e atteso consiglio.
«Il segreto di un giardiniere –spiega –è quello di non usare i guanti,quando zappa,e di toccare la terra con le mani perché così la riconosce. Questa,ad esempio,è terra argillosa»
«Stiamo pensando di mettere un po’di prato verde,che ne dici, Gianfrà?». E lui risponde 
volentieri che no,è meglio non  farlo, perché «non è il periodo». E il lavoro dei guerriglieri verdi va avanti, tra un consiglio,una risata,un suggerimento, e moltissima curiosità da parte di chi si ferma  e non afferra all'istante cosa stia succedendo.
«Guerrilla gardening? – si chiede allibita un’anziana di passaggio,poco pratica di movimenti e forme di cittadinanza attiva – mah!». Qualche altra, invece, si accomoda su qualche roccia e assiste divertita alla scena, e probabilmente la trova anche molto confortante. Perché, con buona pace di chi li dipinge  sempre come scansafatiche e poco interessati alla loro Nuoro, ieri mattina in piazza Veneto i giovani nuoresi rispondono con le zappe,il rastrello, e tanta voglia di migliorare la città.A fine mattina,quando già i primi morsi dellafame cominciano a farsi sentire feroci, piazza Veneto si mostra in una veste rinnovata.Forse persino mai vista,soprattutto in tempi recenti.


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