Bestemmia



Ritratto di bambina nelle sue dolci movenze - Giada, 2008, olio su tela)
Ha già protestato d'aver "perso la testa", la difesa insisterà sulla semi-infermità mentale causata dal dolore per l'abbandono. Giornali e tv riproporranno lo stanco stereotipo del "delitto passionale" e dell'"eccesso d'amore", con una indulgenza nemmeno troppo velata per l'assassino che, naturalmente, in carcere starà ben poco. 
Eppure l'ennesimo femminicida, un "balordo" - come altrove si afferma, quasi a voler isolare il mostro, a renderlo quindi alieno, lontano da noi - che, con l'intento di accoltellare l'ex-fidanzata, ne ha straziato invece Carmela, la sorella diciassettenne, frappostasi tra i due per proteggere la congiunta, le parole le sceglie con grande cura. Benché si tratti d'una consapevolezza suo malgrado, quasi come la voce della coscienza erompesse, comunque, tra le mura del suo animo, e si ergesse a condannarlo. I dannati sono definiti da Dante "coloro che han perduto il ben dell'intelletto". Vale a dire il discernimento e la prudenza, la capacità di distinguere il bene dal male. L'intelletto senza la grazia è vano, anzi, dannoso. Quel che pare uno sfogo del cuore affranto è invece il recupero, tardivo, della lucidità, un recupero tuttavia inane, brado, che non illumina. Perché quel delitto è stato studiato, preparato con cura, accompagnato da una sentenza, quell'ultimo, blasfemo sms indirizzato all'ex-fidanzata e puntualmente sottovalutato dalle forze dell'ordine: "Cenere sei e cenere ritornerai". E' questa la chiave di tutto.
L'uso di frasi evangeliche o liturgiche in modo perverso è strategia tipicamente diabolica. Anche a Gesù nel deserto le tentazioni del successo, del denaro, della potenza, del suicidio vengono offerte stravolgendo citazioni bibliche. Anche Giobbe subisce torture analoghe.
L'omicida di Carmela porta un nome evocativo: Salvatore Caruso. Il nome è un destino. Il destino di Caruso è Bestemmia. Da Salvatore è diventato Bestemmia quando, per un moto intellettuale scientemente voluto, si è fatto Dio. Ha decretato la morte della sua "creatura"; a Lui non doveva, non poteva sopravvivere.  Divenuto idolatra di sé stesso, ha creduto di poter dare la morte a un individuo cui egli solo vantava il diritto d'insufflare vita. Sì, era solo, tremendamente solo. Un Dio non è mai solo, un Idolo sì. Ha labbra e non parla, ha occhi e non vede. E' nato e cresciuto convinto della sua superiorità di maschio. Della sua deità in quanto maschio. Quella mentalità, quella cultura, lui le ha sposate in pieno. Fattosi Dio, ha scordato che il vero Dio è tutt'uno con la sua creatura e arriva a morire per lei. Lui, Idolo, toglie la vita ad altre. Per lui il prossimo non esiste.
Carmela e Lucia, le due sventurate sorelle vittime d'una ferocia pagana e maschilista, sono invece fusione. Hanno testimoniato amore. Carmela si è donata. E, nell'autodonazione, è divenuta essa stessa simbolo, faro per tutte le donne perseguitate dall'idolatria, monito per comprendere che soltanto da una donna, soltanto dal riconoscimento dell'umanità delle donne verrà la concordia sulla terra. Bestemmia-Caruso non può capirlo, ha perso la testa, il ben dell'intelletto; e nulla, nella cultura e nella società dominanti, potranno riacquistarglielo. Bestemmia-Caruso è infarcito di disprezzo, di marketing sui corpi, di sessismo religioso, di emarginazione femminile dai programmi scolastici, insomma di mondo. Con questo mondo non si può venire a patti. Il principe di questo mondo dev'essere sconfitto, necessariamente, per aprire cieli nuovi e terra nuova. E arriverà un giorno, non lontano, in cui una donna schiaccerà la testa al serpente antico.



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