DA LETTERA43 TRAMIKTE MSN.IT
Secondo un’approfondita inchiesta del quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, accanto alle immagini reali e incontestabili della crisi umanitaria a Gaza, circolano anche fotografie messe in scena o decontestualizzate, utilizzate da Hamas per influenzare l’opinione pubblica internazionale. Pur riconoscendo la gravissima carenza di cibo nella Striscia, alcune immagini di bambini denutriti non riflettono la situazione attuale ma sarebbero frutto di manipolazione. In diversi casi, si tratterebbe di fotografie scattate fuori da Gaza o di ritratti di piccoli affetti da malattie croniche non legate al conflitto. Un esempio citato riguarda uno scatto ottenuto dal giornale, per il quale l’autore avrebbe chiesto ai gazawi di posare come se fossero in fila per ricevere cibo. Anche l’Associazione dei giornalisti tedeschi (Djv) ha messo in guardia le redazioni sui tentativi di falsificazione attraverso immagini giornalistiche professionali. Il presidente della Djv, Mika Beuster, ha sottolineato: «Tutte le parti coinvolte in questa guerra, inclusi i media e servizi di intelligence, stanno usando il potere delle immagini come mai prima per influenzare la percezione pubblica».
I rischi della decontestualizzazione di uno scatto
Già Oliviero Toscani metteva in guardia sulle immagini di bambini affamati o malati che, a volte, sono messe in scena o decontestualizzate per muovere a pietà. Non sono necessariamente false, diceva Toscani – che sosteneva anche una foto è «sempre vera» nella sua essenza, in quanto foto – ma i soggetti vengono posizionati e accompagnati da didascalie fuorvianti che attingono alla memoria visiva e alle emozioni del pubblico. Hamas, secondo alcuni, sarebbe maestra nel «mettere in scena le immagini», con l’obiettivo di sovrapporle nella memoria collettiva a quelle terribili della strage del 7 ottobre 2023.
Il fotografo Oliviero Toscani (foto Imagoeconomica).
Se l’indignazione diventa selettiva
Ci si scandalizza per la manipolazione delle immagini da parte di Hamas, ma non ci si sofferma sul fatto che la propaganda visiva è ormai una pratica ampiamente utilizzata da tutti, a partire dall’America di Trump e dalla Russia di Putin. Solo quando lo fa Hamas, ci si accorge che le immagini vanno sempre verificate? Mi pare che il problema non sia solo la diffusione di fake news – uno sport incoraggiato dai social che appassiona tutto il mondo – ma l’ipocrisia con cui si decide quando indignarsi. La guerra delle immagini è parte integrante dei conflitti moderni, lo scrive Toscani in uno dei fascicoli sulla Nuova Fotografia curati da lui stesso per il Corriere della Sera, prima di morire. Ma ciò che colpisce è come si denunci la propaganda di Hamas solo ora, mentre altre forme di manipolazione, magari più raffinate, vengono accettate come parte del gioco mediatico. Un altro quotidiano tedesco, la Bild, ha sollevato ulteriori dubbi citando il caso del fotografo freelance di Gaza, Anas Zayed Fatiyeh. Fatiyeh – che lavora per l’agenzia di stampa statale turca Anadolu, che fa capo al presidente Recep Tayyip Erdoğan, sostenitore di Hamas e critico di Israele – avrebbe allestito scene ad hoc enfatizzando la sofferenza palestinese, fiancheggiando così la propaganda di Hamas. Queste foto sono state pubblicate non solo dalla Bild, ma anche da testate internazionali come Bbc, Cnn e New York Magazine. Secondo il tabloid tedesco, il fotografo ha condiviso le stesse immagini sui social media, accompagnandole con messaggi apertamente anti-israeliani.
Una madre con suo figlio di due anno a Gaza (Ansa).
In mezzo a foto potenzialmente artefatti restano le vittime e le bombe vere
La guerra si combatte anche con le immagini, la distinzione tra verità e propaganda si fa sempre più sottile. Le fotografie non raccontano solo ciò che accade, ma spesso ciò che si vuole far credere sia accaduto. Questo non giustifica la manipolazione né la deresponsabilizzazione di chi la compie, ma impone uno sguardo critico e imparziale su tutte le parti in causa. Condannare la propaganda solo quando proviene dal “nemico” significa alimentare un’ipocrisia mediatica che mina la credibilità dell’informazione stessa. In mezzo a immagini potenzialmente artefatte, restano però le vittime vere e le bombe vere. E sono queste realtà – non le messinscene – che dovrebbero restare al centro della nostra attenzione e, soprattutto, della nostra coscienza.