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7.8.25

Hiroshima e Nagasaki: 80 anni di memoria e responsabilità

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Ciao a tutti ☀️ vi consiglio, oltre  a  leggere  o  rileggere  sempre  sullo stesso argomento   il mio  post   precedente (  trovate  sopra  l'url )  , con il cuore questo articolo 🙏 perché possiamo fare tanto, anche per le situazioni terribili ancora in corso   ma  soprattutto  perchè « Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.» ( Primo Levi   da “Se questo è un uomo” ) .


 da   https://senzatomica.it/approfondimenti/



Mantenere viva la memoria implica una scelta. Tra il continuo di eventi di cui è fatta la storia, si scelgono dei punti specifici da rievocare nel presente, al fine di influenzare, oggi, opinioni e azioni delle persone. Ciò va al di là dell’accurata ricostruzione dei fatti storici (premessa tuttavia essenziale alla quale attingere) perché comporta uno sforzo attivo di collegamento alla realtà attuale. L’oscura seduzione delle coscienze di cui parla Levi, ovvero la tendenza a reiterare errori del passato che già hanno arrecato innumerevoli sofferenze alle persone, è un rischio sempre attuale.
A tal proposito, una domanda importante da porsi è: quali eventi, oggi, rappresentano un’avvisaglia di tale rischio?I bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki hanno svelato la logica che può celarsi dietro la distruzione di massa provocata dalle armi nucleari. Questi bombardamenti non sono stati il risultato di una collera istintiva verso l’avversario, ma una scelta razionale con obiettivi specifici. Da una parte, c’era l’esigenza di porre fine alla guerra tra Giappone e Stati Uniti e, dall’altra, quella di mostrare al mondo la superiorità militare di questi ultimi.Di fronte a tali necessità, le coscienze erano “sedotte e oscurate” al punto da considerare l’altissimo prezzo in termini di vite umane della popolazione civile delle due città colpite come proporzionato all’importanza degli obiettivi militari prefissati. Al giorno d’oggi, i due scenari di conflitto su cui l’attenzione del mondo occidentale si sta maggiormente soffermando mettono in luce delle logiche analoghe.Nel contesto dell’invasione dell’Ucraina, lo sfatare il tabù nucleare da parte della Russia¹ dimostra la volontà di essere disposti, seppur in casi estremi, a utilizzare delle armi atomiche come mezzo per la risoluzione di un conflitto. Allo stesso tempo, quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza ci mostra come colpire la popolazione civile di un intero territorio, al punto da minacciare la sua stessa esistenza², può comunque essere considerato un danno collaterale rispetto a degli obiettivi militari. Di fronte alla manifestazione di tanta violenza da parte degli esseri umani la reazione più comune è quella di sentirsi impotenti. Il flusso incessante di notizie su questi tragici eventi finisce per rendere le persone indifferenti e apatiche. In questo contesto, la memoria può essere uno strumento in grado di riconnetterci con l’esperienza umana che vi è dietro determinati eventi storici che hanno ancora molto da insegnare rispetto alla situazione attuale.Tutto dipende, in definitiva, da come e con quali intenzioni ricostruiamo il passato.Tra le pratiche ad oggi più comuni vi sono quelle che mirano ad affiancare al concetto di memoria lo stimolo alla rideterminazione. Il “non dimenticare” diventa quindi un riconoscere e reagire all’evento. Il museo della memoria di Nagasaki, ad esempio, preserva ed espone la memoria delle vittime dell’esplosione atomica del 9 agosto 1945 promuovendo, allo stesso tempo,  la ricerca della pace e valori come il rispetto, l’empatia, il coraggio.                 Arnaldo Pomodoro, "Sfera con sfera", Nazioni Unite, New York - Credits: Senzatomica


Un obiettivo simile è stato portato avanti anche dalla mostra “La memoria degli oggetti” (2023), ospitata presso il Memoriale della Shoah di Milano. Realizzata con i fondi dell’8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, l’esposizione è stata curata e allestita con gli effetti personali di 368 migranti naufragati a Lampedusa (Italia) il 3 ottobre 2013. Nelle intenzioni del comitato organizzativo, la mostra non doveva semplicemente farsi strumento di protesta, ma poteva soprattutto porre in risalto che, oltre i numeri identificativi, oltre la notizia, la traversata in mare è stata compiuta da esseri umani.
Sempre rimanendo in Italia, è particolarmente encomiabile la funzione che svolge la memoria, come vera e propria facoltà attiva in grado di ristabilire connessioni con il passato, al fine di dare una prospettiva di speranza in tutte le attività portate avanti nell’ambito dell’antimafia sociale. Questo è particolarmente vero in occasione del 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, in cui vengono letti tutti i nomi delle persone comuni coinvolte in stragi e attentati di mafia, come anche nelle altre azioni che si traducono nella dedica di presidi o beni confiscati alle mafie a vittime di mafia.
Risuonano in questo senso alcuni estratti dell’Appello alla resilienza e alla speranza che Daisaku Ikeda ed il Premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel hanno lasciato in eredità ai giovani del mondo nel giugno del 2018. Per entrambi, infatti:
“Bisogna conservare la memoria perché essa illumina il presente e genera la capacità e la resilienza dei popoli per costruire nuove alternative, luci di speranza per far sì che un altro mondo sia possibile”.
Inoltre, si rivela necessario:
“Promuovere una coscienza collettiva a partire dalla memoria della storia universale per far sì che non si ripetano le stesse tragedie. Far comprendere che la Terra è la nostra casa comune e nessuno deve essere escluso da essa a causa delle proprie differenze.”
Nel celebre dialogo tra Daisaku Ikeda e Adolfo Pérez Esquivel, Ikeda (riprendendo il concetto di “coscienza critica” di Esquivel) afferma, inoltre, che l’essere umano dovrebbe sviluppare la capacità di distinguere il bene dal male, nonostante le circostanze e gli avvenimenti complessi della società rendano difficile tale distinzione. A questo scopo, Ikeda sottolinea come si sia impegnato in prima linea alla realizzazione di iniziative concrete di pacifismo e non belligeranza proprio nelle città di Hiroshima e Nagasaki, le uniche città del mondo ad aver sperimentato gli effetti distruttivi del “male assoluto”.
In risposta, Esquivel concorda su questa verità manifesta, richiamando alla mente il toccante ricordo della sua visita ad Hiroshima e la testimonianza degli “sguardi innocenti” delle donne e bambine sopravvissute all’esplosione. Ne conclude che “le armi nucleari mettono in evidenza fin dove può spingersi l’essere umano e quanto possono venire a costare le conseguenze e i rischi per le generazioni presenti e future del mondo” ³.
In onore dei valorosi abitanti di Hiroshima che si dedicano giorno dopo giorno al movimento per la pace, Ikeda scrisse: “Eppure gli oleandri di Hiroshima continuano a fiorire, per raccontare al mondo il potere dello spirito umano, la forza salvifica che germoglia dalla sofferenza e il messaggio di pace che arde sotto la cenere” ⁴.
Pochi giorni fa, in occasione degli 80 anni dal primo uso nella storia di un’arma nucleare (Trinity test, 16 luglio 1945), la Direttrice esecutiva della campagna ICAN Melissa Parke, ha ribadito con forza come 80 anni vissuti sotto la minaccia nucleare siano abbastanza, e che dobbiamo eliminare queste armi prima che loro eliminino noi. Proprio come Ikeda ed Esquivel conclusero il loro dialogo affermando che una simile tragedia non si debba mai più ripetere, anche la Direttrice Parke ha concluso il suo appello con un significativo “Never again”

Note
1. Cfr. https://www.icanw.org/will_putin_use_nuclear_weapons
2. Cfr. https://www.icanw.org/commentary_nuclearweapons_israel_gaza
3. La forza della speranza. Riflessioni sulla pace e i diritti umani nel terzo millennio., Adolfo Pérez Esquivel e Daisaku Ikeda, Esperia Edizioni, novembre 2016, pp. 169-171.
4. Il Quaderno di Hiroshima, Daisaku Ikeda, Esperia Edizioni, marzo 2013.
5. 80 Years later, the first nuclear blast is not forgotten, 16 luglio 2025, icanw.org, News, Melissa Parke, Executive Director ICAN

6.8.25

DIARIO DI BORDO ANNO III SPECIALE HIROSHIMA 6 AGOSTO 1945-6 AGOSTO 2025

 


IL  video   che  trovate  sotto   quello del silenzio e la foto sopra   credo che valgano   di più di mille parole  . 


Ma anche  se  qualche parola , il minimo    giusto  per    contestualizzare   l'evento per  le  future   generazioni    visto    che   molte azioni hanno ancora arsenali atomici  pronti all'uso .Iniziamo   da 

  
tra le  tante storie  di  hibakuska ( sopravvisuti  )    ce n'è una   che  mi ha  colpito    eccovela qui senza  commenti .   da  www.vita.it 



A Hiroshima c'era una missionaria padovana, quella mattina del 6 agosto di 80 anni fa. Si chiamava Marie Xavier, al secolo Eleonora Saccardo Rasi. Sopravvissuta, insieme alle consorelle fu tra le prime a soccorrere i feriti. «Faceva così caldo che lo stagno davanti alla statua della Beata Vergine si è seccato in un colpo solo», scrive nelle lettere alla superiora



«Il 6 agosto fu il giorno del grande sacrificio». Con queste parole, scritte nell’autunno del 1945 alla madre superiora dell’Istituto delle Suore ausiliatrici delle anime del purgatorio, suor Marie Xavier racconta l’inferno piovuto sulla terra: l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima
L’ordigno fu sganciato a circa tre chilometri dal convento in cui la religiosa svolgeva la sua quotidiana opera. In pochi istanti la bomba atomica annientò ogni forma di vita, lasciando solo uno scenario di distruzione disumana: case rase al suolo, corpi carbonizzati, urla, silenzio.
Faceva così caldo che il piccolo stagno davanti alla statua della Beata Vergine si è seccato in un colpo solo
«Alle 8.05 il cielo è diventato verde, blu come quando si fanno le fotografie al magnesio e contemporaneamente tutti i tetti, le finestre e le porte sono volati via da tutte le parti; il cielo, che prima era di un azzurro magnifico senza una sola nuvola, è diventato nero», scrive suor Marie. «Faceva così caldo che il piccolo stagno davanti alla statua della Beata Vergine si è seccato in un colpo solo».
Una vita spesa portando il Vangelo alle moltitudini
Nata a Padova nel 1905, suor Marie Xavier – al secolo Eleonora Saccardo Rasi – era figlia di Giuseppina Saccardo, a sua volta figlia di Pier Andrea Saccardo, prefetto dell’Orto botanico di Padova, e di Pietro Rasi. Bionda, con due lunghe trecce, Eleonora l’1 novembre 1922, a 17 anni, entra nel noviziato delle Suore Ausiliatrici del Purgatorio a Sanremo con il nome di suor Maria Saveria, ispirata da san Francesco Saverio. Da lui ereditò il sogno missionario: portare il Vangelo alle moltitudini. Appena ventenne pronuncia i primi voti e completa la sua formazione a Firenze, poi a Pontoise in Francia e nel 1936 parte per il Giappone: destinazione Hiroshima. Lì, nella comunità di Kusunoki-cho, fu tra le prime suore a entrare nel convento fondato l’anno precedente. Imparò la lingua, si immerse nella cultura locale, lavorò in ospedale, visitò famiglie, battezzò morenti, parlò ai giovani, vivendo il Vangelo con discrezione e instancabile carità.

                               Suor Marie Xavier (Foto ufficio stampa Ulss6 Euganea di Padova)


Sopravvivere alla bomba atomica: un miracolo
Il 6 agosto 1945, la bomba atomica colpì la città. Il convento delle Ausiliatrici fu completamente distrutto. Ma suor Marie e le consorelle, inspiegabilmente guidate da un istinto che lei stessa attribuisce al «Buon Dio», si rifugiarono dentro l’edificio pochi istanti prima dell’esplosione. Scrive la religiosa nella lettera: «Istintivamente e certamente per ispirazione del Buon Dio, siamo rientrate tutte in casa, che si stava sbriciolando da tutte le parti». E prosegue: «Umanamente parlando era una follia perché le polveri ci cadevano in testa, ma questo ci ha salvato dalle orribili ustioni prodotte da quell’unica bomba, perché è stata una sola bomba a distruggere l’intera Hiroshima». E prosegue nella lettera scritta nell’autunno del 1945: «Dei 440mila abitanti, il censimento di due mesi fa ne ha contati solo 130mila. Questo vi dice chiaramente di quale protezione siamo state oggetto». E ancora si legge nella lettera: «L’aereo ha sganciato la bomba che è rimasta in cielo sostenuta da 3 paracaduti; a una certa gradazione di calore, sotto l’influenza dei raggi, è esplosa e ha portato rovina e morte in un raggio di 35 km».
Istintivamente e certamente per ispirazione del Buon Dio, siamo rientrate tutte in casa, che si stava sbriciolando da tutte le parti. Questo ci ha salvato dalle orribili ustioni prodotte da quell’unica bomba
Dopo la tragedia, suor Marie fu tra le prime a soccorrere i feriti, accanto ai gesuiti guidati da padre Arrupe, preposito generale della Compagnia di Gesù. Rimase in Giappone fino al 1961, vivendo con e per la gente, testimone silenziosa di una ricostruzione civile e spirituale. Rientrata in Italia, si prese cura della sorella sorda rimasta sola dopo la morte della madre e del fratello, sacrificando il ritorno in missione. Poi fu destinata a Roma, a Villa Mercede, e infine a Sanremo, dove continuò a operare fra bambini, anziani e poveri, sempre con voce mite e cuore ardente. Morì nel 1994 ben cinquant’anni dopo l’apocalisse di Hiroshima.Padova a dicembre le conferisce un’onorificenza
Per tutti suor Marie era “la monaca dalla voce gentile”. La sua esistenza, segnata dalla fede, dal coraggio e da una carità senza clamore, resta una testimonianza di pace. Per questo a ottant’anni dalla bomba atomica, il prossimo 12 dicembre, in occasione della plenaria del Dipartimento di prevenzione dell’Ulss6 Euganea di Padova – il cui team ha di recente riscoperto la storia della religiosa – l’Ulss6 e il Comune di Padova le conferiranno un’onorificenza alla memoria. Un gesto che intende riconoscere il valore umano, spirituale e civile di una donna che, con umiltà e determinazione, ha saputo trasformare la sofferenza in speranza.
Nella foto di apertura suor Marie Xavier in Giappone (foto ufficio stampa Ulss6 Euganea di Padova)

mi fermo qui    con le  lacrime  agli occhi  davanti a  simili eventi    ma  condividendoquesta  riflessione trovatya  su  la  nuova  sardegna  del 6\8\2025

A 80 anni dall’atomica LA LEZIONE DI HIROSHIMA
                                          di Marco Impagliazzo

16 agosto 1945 - che qualcuno ha definito il “giorno zero”, alle 8.15 del mattino, unabomba atomicadi tipo balistico venne sganciata su Hiroshima, Il 9 agosto, alle 11.02 del mattino, una bomba atomica a implosione venne sganciata su Nagasaki. Le conseguenze furono catastrofiche. A Hiroshima
morirono circa 140mila persone da quel giorno fino alla fine del 1945, mentre a Nagasaki perirono in 70mila. Molti furono uccisi all'istante dall’esplosione e dalla forza delle radiazioni. Ungran numero di sopravvissuti all'esplosione iniziale morirono inseguito per malattie legate alle radiazioni e per la man-
canza di cure mediche. Si stima che più di 38mila bambini furono uccisi nei due bombardamenti atomici. Gli Hibakusha,cosìsi chiamano i sopravvissuti,esposti agli effetti del nucleare hanno sofferto sintomi acuti con molti decessi nelle settimane, nei mesi e anni successivi.
Datel e scarse conoscenze dell'epoca sugli effetti dell'arma atomica, gli Hibakusha hanno sofferto anche discriminazioni nel matrimonio e nel lavoro, vivendo il timore costante di trasmettere gli effetti delle radiazioni alle generazioni successive. Le esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki hanno mostrato
‘l mondo la potenza catastrofica e distruttiva delle armi nu-cleari. Eppure, da allora l'uomo ha costruito più di 70.000 armi  nucleari e condotto più di 2.000 test. Ancora oggi abbiamo più di 12.500 di queste armi, ciascuna con una potenza notevolmente superiore a quelle usate nell'agosto del 1945. Durante la Guerra
Fredda, com'è noto, lo sviluppo  e la proliferazione delle armi nucleari hanno subito un’accelerazione. Dopo un periodo di smantellamento reciproco delle due potenze maggiori (Usa e Urss oggi Russia) durante la distensione, è tuttavia aumentato il numero degli Stati provvisti di arma atomica, facendo risalire il
pericolo di minaccia nucleare.Ci sono nuove sfide e nuovi rischi: gli Stati con un arsenale nucleare continuano a considerare le armi nucleari deterrenti  strategici essenziali ma anche armidi ultima istanza atte a prevenire cambiamenti di regime o invasioni straniere. Ciò significa che alcuni Paesi cercano l'arma
atomica per garantirsi l’esistenza. Dagli anni Duemila i progressi nel processo di disarmo hanno subito una battuta d'arresto.
Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato dall'Onu nel 2017, ha cercato di porvi rimedio mirando all’eliminazione totale di tali armi. Tuttavia i paesi con un arsenale nucleare non hanno aderito al Trattato,preferendo discutere solo tra di loro, sulla base di riduzioni reciproche e maidi eliminazione totale. Il Trattato, al contrario, sottolinea la natura disumana delle armi nucleari e punta all’abolizione del nucleare sulla spinta della società civile internazionale e delle organizzazioni pacifiste.
Non c'è accordo nemmeno su quale sia la strategia migliore per evitare errori, soprattutto ora che si è entrati nell'era dell'intelligenza artificiale. Durante la crisi di Cuba del 1962 si giunse vicino alla guerra nucleare, ma ci sono stati altri momenti in cui il rischio fu grande. Ci  si può interrogare se affidare sistemi d’arma all' IA  non aumenti tale pericolo. Il modello della mutua dissuasione sembra aver perso credibilità da quando si è iniziato - come nel caso ucraino -a parlare di “arma atomica tattica”, considerandola solo un’arma più potente delle altre e banalizzando il rischio nucleare.
In realtà non ci sarà mai nessun vincitore in una guerra nucleare,anche se limitata. L'ingranaggio perverso della guerra che la rende infinita diventa ancor più pericoloso se si considera l'uso di tali armi. Tuttavia, le armi nucleari sono proibite dal diritto internazionale, al pari di quelle chimiche e biologiche. Da questo occorre ripartire, ricordando i tragici eventi di80anni fa, facendo memoria delle centinaia
di migliaia di vittime e del triste  destino degli Hibakusha.

Procuratrice Ancona, 'non tutti i casi di violenza sono uguali'

© Provided by ANSA (ANSA) - ANCONA, 04 DIC - "Questa storia lascia l'amaro in bocca, non si possono trattare tutti i casi di violen...