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9.11.25

I leoni da tastiera? «Gente frustrata» Antonietta Mazzette (Università di Sassari): la logica del capro espiatorio alla base dell’odio social

   ricollegandomi    sia  allas  dibattito   un po' sterile   e  infantile   da  parte   della destra    sugli insulti  sessissti e no alla  Presidentessa  della regiione sarda  sia  al   mio  post  precedente  (  Attaccare lei per colpire lui Non sapendo più come prendersela con Zohran Mamdani, le orde di miserabili odiatori si sono riversate sul nuovo obiettivola moglie Rama Duvaji     )   e  alle reazioni     che ha  suscitato sulla  mia  bacheca  fb   aggiungo che tali persone  oltre  a essere  come  dice  l'articolo   riportato  sotto  che  tali persone    sono  frustrate Infatti   tali   persone  sono   per  un  ben 98 %   frustrati  all'ennessima potenza   in  quanto il loro odio si mescola  alla  :   proaganda  e   a  una  politica  sempre  più   malpancista    che   da 40  avvelena  il  dibattito politico culturale   del paese  con  dìfake  news   ,  disoiformazione   e  post  al veleno 
Infatti  , soprattutto ,   via  email    mi     è stato detto   che  come  la siindaca  di  Genova    stiamo esagerando  la  cosa  o  peggio che   (  commento al mio post    del  post   prima  citato  )

Antonio Deiana
Cosa le hanno detto?
Carciofara?
Pescivendola?
Borgatara?
Bastarda?
Cosa mi sono perso?








riporto  due  articoli soprattutto   il primo (  che  poi    è     quello che da   il  titolo al  post )  .
 di  persone più esperte di me   su tale fenomeno  e  il secondo tramite  il formato  png  ,  non sono   riuscito a  trovarlo online    gratuitamente  

  da  l'unione  sarda  9\11\2025


L’inqualificabile aggressione verbale nei confronti della presidente Alessandra Todde è solo l’ultimo esempio dell’onda d’odio che allaga i social. L’ultimo episodio riguardante una persona nota, perché le pietre vengono scagliate ogni secondo che passa anche contro chi non ha un ruolo pubblico e finisce per dover subire la tempesta senza possibilità di difendersi. Persone attaccate perché donna, gay o transessuale, straniero, ricco, povero, disabile. La piazza senza limiti e confini offerta dal web sta dando voce a chiunque si senta in diritto di scagliare insulti e minacce perlopiù al riparo dell’anonimato. Ma chi sono questi scagliatori di escrementi? C’è un filo rosso che li accomuna?
Il bersaglio preferito
«Alla base del comportamento dei cosiddetti odiatori», spiega Antonietta Mazzette, docente di sociologia urbana dell’Università di Sassari, «c’è la logica del capro espiatorio: di ciò che mi succede è sempre responsabile qualcun altro. Generalmente si tratta di persone frustrate. Persone che hanno problemi, insoddisfazioni, situazioni non risolte, ed è facile riversare sugli altri le proprie incompetenze e il peso delle avversità». Sui social ce n’è per tutti, ma sono le donne il bersaglio privilegiato. Un odio crescente, secondo l’indagine di Vox, l’osservatorio italiano sui diritti, che sottolinea: «Sul totale delle persone colpite da hate speech, le donne sono la metà».
La prevaricazione
«Niente di nuovo, sa?», avvisa Mazzette. «I social amplificano questa situazione, ma prima non era tanto diverso. Credo che non ci sia donna che, per strada o in qualunque altro luogo, non abbia subito una battuta sgradevole o un complimento fintamente galante. “Bisognerebbe accettare l’apprezzamento”, dicono alcuni. Ma non è un apprezzamento, è invece un’espressione di potere. È sempre un’espressione di potere quando si ha a che fare con maschi che prendono di mira le donne». Poi è facile, «arrivare sino agli estremi per chi considera la donna come un oggetto di cui “posso fare quel che voglio, anche ammazzarla” se non risponde ai miei diktat». Il pensiero rivelato o sottotraccia di una società patriarcale. C’è un altro dato molto interessante: il 20,81% dell’odio in rete contro le donne proviene da donne. «Si è passate dall’invidia verso l’altra, che prima si manifestava faccia a faccia, all’insulto amplificato sui social. Le donne vivono nel mondo sociale, culturale ed economico degli uomini, non sono marziane. In secondo luogo, le donne entrano anche in competizione tra loro, accade che si guardino come antagoniste. Non ci dobbiamo stupire».
Il peso delle parole
Il problema di fondo, avverte Luca Pisano, psicologo e psicoterapeuta a Cagliari, «è legato all’analfabetismo funzionale: il 35% degli italiani non è in grado di capire testi lunghi, oltre le due, tre righe, nè di valutare dati di tipo statistico. Uno su tre». Già, ma in pratica cosa significa? In che modo queste carenze finiscono per deflagrare? «Ogni parola è fatta di un significante e un significato. Se io parlo del quadro, e quindi del significante quadro, sono in grado di indicarlo senza confonderlo con la lampada proprio perché ogni significante si collega a un significato. Ora, però, succede che il significante non si lega più a un significato, bensì ad altri che sono determinati dall’ideologia o dalla subcultura». Se, per esempio, «in questa subcultura c’è la misoginia, e nella nostra società c’è una forte dimensione di sessismo e di misoginia», qualunque fatto che riguardi una donna, «può far scattare l’odio». L’odio che, «riguarda le donne, ma anche gli uomini, lo straniero, il disabile eccetera».
I comportamenti tossici
Una recente ricerca Eurispes (“Educazione alla parità e al rispetto”) fatta nelle scuole sarde, rivela in quale bagno di violenza verbale e comportamenti tossici crescono i nostri ragazzi. L’hanno portata avanti Luca Pisano, Marisa Muzzetto e Gerolamo Balata su un campione di ragazzi e ragazze dai 12 ai 19 anni. Ebbene, una quota che va dal 10 al 30% (dai 10mila ai 30mila studenti) ritiene normali la violenza fisica, il revenge porn, il controllo nelle relazioni. «E ben il 60% degli studenti», puntualizza Pisano, «minimizzano o ignorano le implicazioni del linguaggio violento. Soprattutto il suo impatto sulla vita delle persone».



Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...