22 maggio alle ore 01:00 ·
AL COLLE UN TENORE MUTO
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Leggendo pur non condividendo per niente tale faziosita giornalistiche ( vedere prime righe dell'articolo sotto della fogna del riformista ) E' più blasfemo invece quello che sta facendo Netaniau con l'estrema destra religiosa . Che ![]()
scusate la volgarita ma simili i idiozie o sono accettabili . Infatti questo gioralista o pseudo tale ignora o fa finta d'ignorare che israele non fa entrare a gaza nessuni gioralista ( maistream o non maiestream ) e rende impossibile la vita alle organizzazioni internazionali . Quindo è ovvio che i giornalisti di debbano basare su quello che gli dicono fonti palestinesi ( hammas compresa ) . quindi prima di scrivere boiate negazioniste pensiamoci bene e che le atroicità non sono mai da una parte .
Sabato scorso a Milano c’è stata una manifestazione – indetta da un noto personaggio presente in molti talk show, conosciuto per le sue posizioni pro Gaza – a cui hanno aderito anche molte amministrazioni comunali, il cui esito sarà devastante per gli ebrei e per Israele: lo slogan è “50mila sudari per Gaza”. Il numero viene dal fantomatico ministero della Salute di Gaza e non fa distinzione tra civili e combattenti (a conferma del fatto che Hamas combatte “tra” i civili e non “per” i civili). L’altra cosa grave è l’uso della parola “sudario”, che richiama la morte di Gesù e, quindi, rievoca immediatamente la millenaria accusa rivolta agli ebrei, come anche il più ingenuo e incolto vede. ...... segue qui
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.....da questa pagina di Quora Storie di donne, croce e delizia
Gaza, le donne e le mestruazione L’olocausto dei corpi
A ottobre ho sanguinato per dieci giorni senza avere accesso a un bagno vero e proprio.La casa in cui ci siamo rifugiati – come la maggior parte dei rifugi a Gaza – non offriva privacy.Quaranta persone dormivano in due stanze. Il bagno non aveva porta, solo una tenda strappata.Ricordo di aver aspettato che tutti si fossero addormentati per potermi lavare con una bottiglia d'acqua e pezzi di stoffa. Ricordo di aver pregato di non macchiare il materasso che condividevo con tre cugini.Ricordo la vergogna – non del mio corpo, ma di non potermene prendere cura.In guerra il corpo perde i suoi diritti,soprattutto il corpo femminile.I titoli raramente parlano di questo, di cosa significhi per una ragazza avere il ciclo sotto i bombardamenti, di madri costrette a sanguinare in silenzio e ad abortire su pavimenti freddi o a partorire sotto i droni. La guerra a Gaza non è solo una storia di macerie e attacchi aerei. È una storia di corpi interrotti, invasi e a cui è stato negato il riposo. Eppure, in qualche modo, questi corpi continuano a esistere.Come donna palestinese e studentessa sfollata che ora vive in Egitto, porto con me questo ricordo corporeo. Non come una metafora, ma come un dato di fatto. Il mio corpo sussulta ancora ai rumori forti. La mia digestione vacilla. Il mio sonno è frammentato. Conosco molte donne – amiche, parenti, vicine – che hanno sviluppato malattie croniche durante la guerra, che hanno perso il ciclo mestruale per mesi, i cui seni si sono prosciugati mentre cercavano di allattare nei rifugi. La guerra entra nel corpo come una malattia e rimane.Il corpo di Gaza è una mappa di interruzioni.Impara presto a contrarsi, a occupare meno spazio, a rimanere vigile, a reprimere il desiderio, la fame, il sanguinamento. La natura pubblica dello sfollamento distrugge la privacy, mentre la paura costante logora il sistema nervoso. Le donne che un tempo custodivano il loro pudore ora si cambiano d'abito davanti agli sconosciuti. Le ragazze smettono di parlare del loro ciclo. La dignità diventa un peso che nessuno può permettersi.Questo è il paradosso della sopravvivenza: lo stesso corpo a cui viene negata la sicurezza diventa lo strumento della resistenza. Le donne fanno bollire le lenticchie a lume di candela, calmano i bambini in cantina, cullano i morenti. Questi atti non sono passivi; sono radicali. Avere le mestruazioni, portare in grembo, nutrire, lenire – in mezzo alla distruzione – significa insistere sulla vita.Torno, ancora e ancora, all'immagine di mia madre durante la guerra. La schiena curva su una pentola, le mani tremanti, gli occhi che scrutavano il soffitto a ogni rumore. Non mangiava finché non lo facevano tutti gli altri. Non dormiva finché non dormivano i bambini. Il suo corpo portava l'architettura della guerra e della maternità allo stesso tempo. Ora mi rendo conto di quanto fosse politica la sua stanchezza – di come il suo lavoro, come quello di tante donne palestinesi, sfidasse la logica dell'annientamento.Non c'è una tenda per il corpo a Gaza.Nessuno spazio sicuro dove il corpo femminile possa dispiegarsi senza paura. La guerra ci spoglia – non solo delle nostre case e dei nostri beni, ma anche dei rituali che ci rendono umane: lavarsi, avere le mestruazioni, elaborare il lutto in privato.Ma anche senza un riparo, i nostri corpi resistono. Ricordano. Resistono.E forse, nella loro tremante perseveranza,scrivono la storia più vera di tutte.𝘔𝘢𝘳𝘪𝘢𝘮 𝘒𝘩𝘢𝘵𝘦𝘦𝘣 - 19 maggio 2025 [ via Doriana Goracci ]
concludo questa mia rassegna settimanale con quest articolo dell'unione sarda del 27\5\2025 delll'aplicazione su pur rara , alla faccia di chi dice che è una legge fatta solo per le " nazifemministe " , del codice rosso in un caso di stalking femminile
con qiuesto è tutto alla prossima se Dio e i carabinieri lo consentono

