Il giorno in cui assaltammo la diligenza

C'è sempre polvere
sulla strada per Orvieto,
il sole obbliquo
sul fiume Paglia
e noi con i nodi
dietro le orecchie
ad ascoltare il cantico dei cantici
bevendo vino
e pulendo le nostre armi.

Il più grande aveva
la maglietta del Che
sporca di zucchero filato
e danzava sul prato
con gambe snelle
e un tatuaggio sino all'imbuto.

La ragazza dai capelli biondi
beveva birra da una lattina,
ma era calda e mostrava segni
d' insofferenza
mentre giocava con i peli
della mia pancia nuda.

Il quarto era quasi un bambino,
con il cappello a tesa indietro
sandali francescani
e una corda con la pace appesa
o forse era un monile
rubato al mercedes di suo padre.

Quando arrivò la diligenza
sparammo alle gomme,
ma erano di legno
e non causammo gran danno,
per fortuna
i cavalli spaventati
la fecero rovesciare
sopra un fianco.

Il ministro piccolo
e saccente
alzò le mani dicendo
"io non ho niente"
con lui una ragazza adolescente
le cosce scoperte
ed una voglia di vino
sopra un ginocchio.

Il vescovo della mattanza
ci diede un crocifisso d'oro
per chiedere perdono
e l'uomo di legno
un sacchetto di cocaina
che gettammo ai pesci
del fiume Paglia.

Il padrone della diligenza
scese dalla cassetta
mostrandoci la collana
di denti clandestini appesa al collo
e con ghigno feroce
ci chiese il passi.

Il bambino sparò
senza la minima educazione
sparò con gran rumore di trombone
e scapparono due quaglie
e una volpe albina.

Il giorno in cui assaltammo la diligenza
Orvieto festeggiava un santo
e io non trovai la casa
di mia nonna
per poterci riposare
dopo la gran fatica.

I pesci del Paglia
hanno tutti un gran sorriso
e ricordano grati
la nostra munificenza
e la biondina
ha aperto un chiosto di granite
lungo la strada
"perchè si deve pensare alla pensione"
così mi ha detto
prima di dirmi addio.

Poi
hanno cambiato percorso
alla diligenza
e messo sale
sopra le siepi,
per via dei briganti e dei serpenti.

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