Ha salvato una donna durante il ciclone: «Sono
rimasto ferito, così ho fatto i check-up. Solo così ho scoperto di avere
un grave male e mi sono potuto curare»
OLBIA. L’alluvione gli ha dato una seconda
vita. Paradosso di una tragedia. Giacomo Usai, carabiniere in pensione ( foto a sinistra ) la notte del 18 novembre è in prima linea per aiutare i vicini di casa
travolti dal fango. Eroe dell’acqua dopo esserlo stato del fuoco, nel
1988. La
notte del 18 novembre è in prima linea per aiutare i vicini di casa
travolti dal fango. Eroe dell’acqua dopo esserlo stato del fuoco, nel
1988. Per quel gesto ha ricevuto una medaglia di bronzo al valore
civile. Nel cuore del pantano di via Emilia l’ex militare salva la vita
alla dirimpettaia del piano terra, e ai suoi due gatti. Mentre strappa
la donna alla violenza dell’acqua viene colpito su un fianco da una
bombola. Una costola cede. Il dolore sempre più forte lo accompagna per
settimane. Poi altre due costole si spezzano. I controlli in ospedale
fanno emergere una gravissima insufficienza renale, un problema cardiaco
e un mieloma multiplo. Usai viene ricoverato a Olbia e poi trasferito a
Sassari. Una degenza lunga tre mesi e mezzo. La scorsa settimana il
rientro a casa.
Occhi vispi, movimenti rapidi da folletto, un
vulcano di parole. Giacomo Usai racconta per la prima volta il suo 18
novembre. Una data che ha segnato la sua vita.
Lo scafandro usato |
E quella di sua moglie
Maria, 37 anni insieme. Due esistenze in una. «Credo di essere l’unica
persona che deve ringraziare l'alluvione – commenta –. Senza quella
catastrofe molto probabilmente non sarei qui. Negli ultimi 16 anni non
avevo mai fatto le analisi del sangue. Ho sempre avuto una salute di
ferro».
L'ex brigadiere capo, 60 anni, rivive quei momenti a 5
mesi di distanza. La pioggia violenta, l'acqua che sale di livello in
via Emilia, la strada
il cortile della suia casa nel fango |
che si trasforma in un fiume. «Ho indossato gli
stivali e lo scafandro da pescatore per andare a spostare la mia auto –
torna indietro con la memoria –. Mia moglie si è affacciata dal terrazzo
del nostro appartamento al primo piano e mi ha urlato: “Salva Piera”».
Piera Canu vive al piano terra del palazzo di via Emilia. «La porta di
ingresso non si apriva – prosegue Usai –, vedevo Piera sul divano mentre
l’acqua saliva. Ho forzato la finestra del bagno. Piera urlava che
prima dovevo mettere in salvo i suoi gatti. Ho fatto come mi ha chiesto.
Una alla volta ho preso le due ceste con gli animali e le ho portate
sulle scale. L’acqua era ormai alta un metro e mezzo, un fiume che
trascinava di tutto. Mentre sollevavo Piera qualcosa mi ha colpito con
forza al fianco, forse una bombola». La donna ricorda con commozione
quei momenti. «Se non fosse per Giacomo sarei morta – afferma –. Non so
nemmeno nuotare. La casa si è allagata all’improvviso. La televisione
parlava di allerta meteo, ma non pensavo mai a una cosa del genere. Ho
chiesto a Giacomo di prendere prima i miei gatti. Non posso che
ringraziarlo per aver salvato tutti noi».
L’ex brigadiere
continua ad avere forti dolori al fianco, non riesce nemmeno a dormire
la notte. «Ma non volevo andare in ospedale – aggiunge –. Poi una sera,
mentre guardavo la televisione, ho tossito. Stavo ridendo per un film di
Stanlio e Ollio. Ho sentito il rumore di qualcosa che si rompeva. Al
pronto soccorso mi hanno trovato una costola incrinata e due rotte. Sono
stato ricoverato in chirurgia per due settimane. Quando sono ritornato
per ulteriori controlli avevo la pressione altissima, a 250, i reni
collassati». Scatta il ricovero d’urgenza, poi il trasferimento a
Sassari. «Adesso faccio quattro ore di dialisi al giorno e la chemio –
commenta Usai senza perdere mai il sorriso –. Reagisco bene alle cure.
Spero di ricominciare a fare almeno la metà delle cose di prima.
Coltivavo l’orto, andavo a pesca, raccoglievo asparagi, funghi.
L’importante è che sono ancora qui. E devo ringraziare l’alluvione».
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