Con sconcerto ed impotenza aprendo i giornali leggo la storia che troviamo sotto . L'unico commento che mi sento di fare è che ormai il nostro paese è ormai in una decadenza totale ( non solo politica , ma questo era ovvio da quasi 40 anni , se non contiamo il periodo precedente al 1992 ) ma adesso anche culturale . Infatti oltre la " sola " della Stamina ( caso Vanoni ) ecco che l'italia sta diventando terra fertile per ciarlatani ed ignoranti . Non solo del nostro patrimonio artistico vedi il caso del crocifisso di Michelangelo poi risultato un di un altro autore contemporaneo
da repubblica del 12\4\2014
L'ultimo Van Gogh in mostra a Firenze, ma l'Olanda gela tutti: "Attenti, è un falso"
È la tela che il genio avrebbe dipinto poco prima di morire. L'ambasciatore di Amsterdam in una lettera: solo una truffa. Un artista e un critico italiani hanno convinto il Consiglio regionale: "Nel quadro, il sangue e un capello del pittore"
di CARLO BONINI
QUALCUNO gioca con Vincent Van Gogh. E per giunta nella terra dei falsi Modigliani, in un affare che lascia basita l'Olanda e racconta una faccenda molto italiana. Anche nel suo incipit. Un elegante pieghevole che, per posta e in rete, annuncia in una magnifica cornice - il rinascimentale palazzo Panciatichi di Firenze - e con l'autorevole patrocinio della Regione Toscana, un Evento di quelli con la maiuscola. All'altezza del sorprendente oggetto che ne è il cuore e che battezza la mostra che si
inaugura mercoledì prossimo 16 aprile. "L'Enigma del Fienile Protestante". "L'ultima tela di Vincent Van Gogh", si legge in un monumentale catalogo patinato. Il prospetto di una fattoria con campanile nella regione di Auvers sur Oise dove una mattina del luglio 1890 il pittore perde la vita. L'ultima immagine fissata per sé e i posteri in limine mortis - aggiungono i curatori - e per giunta macchiata del suo sangue e di uno dei suoi rossi capelli. L'annunciata lista dei relatori dell'Evento è nutrita e variamente assortita. E tuttavia curiosa per le assenze. Non uno studioso acclarato dell'opera di Van Gogh. Non un nome che testimoni l'Olanda, la terra orgogliosa e attenta custode dell'opera del pittore. E quella cautela nel titolo, poi. L'Enigma. Perché?
In via Mercati, nella sede dell'ambasciata d'Olanda, la fonte diplomatica non dà tempo neppure di concludere la domanda, annegandola in una risata omerica. "L'Enigma del Fienile Protestante? Ma quale enigma? Ma quale Van Gogh? Ci risiamo con quei due. E a Firenze, poi. Forse in Toscana non conoscono bene i precedenti di quel quadro. Ci avessero chiamato gli avremmo volentieri raccontato tutto. Perché questa sta davvero diventando una storia incredibile".
"Quei due" chi? Una storia incredibile, perché? Un ingiallito ritaglio delle cronache locali del Resto del Carlino datato luglio 2012 svela che il Fienile di Firenze è una seconda volta. La prima fu in quel di Recanati, nelle sale del museo civico. E l'esordio non fu esattamente un trionfo. In quei giorni l'ambasciatore olandese in Italia, Alphonsus Stoelinga, invia una severa lettera al museo. "Sono rimasto molto sorpreso nel vedere nel catalogo anche il nome della mia ambasciata, del consolato, dell'Istituto olandese di Firenze. Per evitare qualsiasi equivoco, vorrei far presente che non c'è stata alcuna partecipazione alla realizzazione della mostra. Preferiamo non essere associati a questa impresa e ci farebbe piacere se nei cataloghi rimasti, cancellaste i nomi di queste tre istituzioni olandesi". L'ambasciatore non scrive altro. Ma "l'impresa" del Fienile è un dossier alto una spanna. Che documenta come, nel gennaio del 2012, si presenti a un funzionario dell'ambasciata tale Massimo Mascii. È un artista che non ha trovato grande ribalta, ma quel giorno ha una magnifica storia da raccontare. Si dice procuratore di un misterioso "collezionista privato belga", proprietario di un Van Gogh "scoperto di recente e riemerso da lunghissimo oblio". La sua ultima tela, appunto. Mascii è in coppia con tale Stefano Masi, storico dell'arte, e i due cercano la benedizione del Regno dei Paesi Bassi per una mostra da tenere a Firenze. Consegnano quelle che indicano come le "prove" di quella straordinaria scoperta e, tra queste, una lettera del Museo Van Gogh di Amsterdam al misterioso proprietario belga del quadro di cui Mascii si dice appunto "procuratore". Viene dunque investito della faccenda il direttore dell'Istituto universitario di storia dell'Arte olandese a Firenze, Michael Kwakkelstein. L'uomo è un professore universitario scrupoloso e ripassa ogni cartuscella di quell'incarto con crescente stupore.
Sul quadro - sostengono i due - "sono state condotte indagini scientifiche che hanno rilevato le impronte digitali, le tracce ematiche e una formazione pilifera che consentono di attribuire il quadro a Van Gogh". Il professore inarca il sopracciglio. Impronte digitali? Tracce ematiche? E con quale campione di raffronto, visto che parliamo di un uomo morto nel 1890? Ma quello che lo fa trasecolare è la prova cui sottopone, controluce, la lettera che Mascii ha prodotto del Museo Van Gogh. È stata "sbianchettata" nella sua parte cruciale. Lì dove il museo informa che "il Fienile non è un Van Gogh". Kwakkelstein scrive a Mascii. "Sono obbligato a rinunciare a qualsiasi tipo di collaborazione".
I due, tuttavia, non si perdono d'animo. E il 7 luglio spuntano in quel del museo di Recanati con il Fienile. L'inaugurazione - registrata in un video di 26 minuti - li vede dietro un lungo tavolo discettare della tela, in un fiorire di accorti condizionali. "Potrebbe". "Dovrebbe". "Logicamente sarebbe". E la mostra va. Nonostante un accorato appello inviato alla stampa locale da Antonio De Robertis, critico d'arte e specialista dell'opera di Van Gogh. "Quel quadro non è suo. Ritiratelo finché siete in tempo". De Robertis ne spiega i motivi. "Nei suoi ultimi quadri, lo stile di Van Gogh è vorticoso, a spirali. E soprattutto, visto che dipingeva ciò che vedeva, vi sfido a trovare uno scorcio simile a quello della tela ad Auvers sur Oise, dove ha vissuto i suoi ultimi 70 giorni". Parole al vento. Il Fienile si inabissa quell'estate. Per risorgere appunto ora. Con quell'accorta clausola di stile nel titolo della mostra. "L'Enigma del Fienile". E chi sa
In via Mercati, nella sede dell'ambasciata d'Olanda, la fonte diplomatica non dà tempo neppure di concludere la domanda, annegandola in una risata omerica. "L'Enigma del Fienile Protestante? Ma quale enigma? Ma quale Van Gogh? Ci risiamo con quei due. E a Firenze, poi. Forse in Toscana non conoscono bene i precedenti di quel quadro. Ci avessero chiamato gli avremmo volentieri raccontato tutto. Perché questa sta davvero diventando una storia incredibile".
"Quei due" chi? Una storia incredibile, perché? Un ingiallito ritaglio delle cronache locali del Resto del Carlino datato luglio 2012 svela che il Fienile di Firenze è una seconda volta. La prima fu in quel di Recanati, nelle sale del museo civico. E l'esordio non fu esattamente un trionfo. In quei giorni l'ambasciatore olandese in Italia, Alphonsus Stoelinga, invia una severa lettera al museo. "Sono rimasto molto sorpreso nel vedere nel catalogo anche il nome della mia ambasciata, del consolato, dell'Istituto olandese di Firenze. Per evitare qualsiasi equivoco, vorrei far presente che non c'è stata alcuna partecipazione alla realizzazione della mostra. Preferiamo non essere associati a questa impresa e ci farebbe piacere se nei cataloghi rimasti, cancellaste i nomi di queste tre istituzioni olandesi". L'ambasciatore non scrive altro. Ma "l'impresa" del Fienile è un dossier alto una spanna. Che documenta come, nel gennaio del 2012, si presenti a un funzionario dell'ambasciata tale Massimo Mascii. È un artista che non ha trovato grande ribalta, ma quel giorno ha una magnifica storia da raccontare. Si dice procuratore di un misterioso "collezionista privato belga", proprietario di un Van Gogh "scoperto di recente e riemerso da lunghissimo oblio". La sua ultima tela, appunto. Mascii è in coppia con tale Stefano Masi, storico dell'arte, e i due cercano la benedizione del Regno dei Paesi Bassi per una mostra da tenere a Firenze. Consegnano quelle che indicano come le "prove" di quella straordinaria scoperta e, tra queste, una lettera del Museo Van Gogh di Amsterdam al misterioso proprietario belga del quadro di cui Mascii si dice appunto "procuratore". Viene dunque investito della faccenda il direttore dell'Istituto universitario di storia dell'Arte olandese a Firenze, Michael Kwakkelstein. L'uomo è un professore universitario scrupoloso e ripassa ogni cartuscella di quell'incarto con crescente stupore.
Sul quadro - sostengono i due - "sono state condotte indagini scientifiche che hanno rilevato le impronte digitali, le tracce ematiche e una formazione pilifera che consentono di attribuire il quadro a Van Gogh". Il professore inarca il sopracciglio. Impronte digitali? Tracce ematiche? E con quale campione di raffronto, visto che parliamo di un uomo morto nel 1890? Ma quello che lo fa trasecolare è la prova cui sottopone, controluce, la lettera che Mascii ha prodotto del Museo Van Gogh. È stata "sbianchettata" nella sua parte cruciale. Lì dove il museo informa che "il Fienile non è un Van Gogh". Kwakkelstein scrive a Mascii. "Sono obbligato a rinunciare a qualsiasi tipo di collaborazione".
I due, tuttavia, non si perdono d'animo. E il 7 luglio spuntano in quel del museo di Recanati con il Fienile. L'inaugurazione - registrata in un video di 26 minuti - li vede dietro un lungo tavolo discettare della tela, in un fiorire di accorti condizionali. "Potrebbe". "Dovrebbe". "Logicamente sarebbe". E la mostra va. Nonostante un accorato appello inviato alla stampa locale da Antonio De Robertis, critico d'arte e specialista dell'opera di Van Gogh. "Quel quadro non è suo. Ritiratelo finché siete in tempo". De Robertis ne spiega i motivi. "Nei suoi ultimi quadri, lo stile di Van Gogh è vorticoso, a spirali. E soprattutto, visto che dipingeva ciò che vedeva, vi sfido a trovare uno scorcio simile a quello della tela ad Auvers sur Oise, dove ha vissuto i suoi ultimi 70 giorni". Parole al vento. Il Fienile si inabissa quell'estate. Per risorgere appunto ora. Con quell'accorta clausola di stile nel titolo della mostra. "L'Enigma del Fienile". E chi sa
che qualcuno non si convinca dell'impossibile. Dicono che un Van Gogh viaggi sui 30 milioni di euro.
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