Trecento anni in tre: a Nurallao la vita "lenta" di un gruppo di amici



unioNe  sarda  30\7\2023

Sonia Gioia


Una panchina, tre uomini e un secolo di storia che vive nei loro ricordi. Giuseppe Demurtas ha 101 anni, Danilo Atzeni un secolo tondo tondo, il più giovane Antonio Pintus ne ha "appena" 98. Sono l'orgoglio del paese di Nurallao. Ogni giorno si incontrano per trascorrere qualche ora insieme e ricordare il loro passato, fare un confronto con la vita trascorsa e quella presente. Dalla panchina vicino alla casa di Danilo, guardano il mutare di quel paese che li ha visti prima bambini, poi ragazzi, adulti e ora memoria storica. In gamba In tre hanno quasi trecento anni, la mente lucida, vivi ricordi, accesa la speranza di continuare a vivere con dignità e "onore". La loro esistenza è passata dalla misera patita
prima della guerra, al progresso degli anni post bellici che hanno trasformato il loro paese rendendolo vivo, ricco e bello e portando il benessere. «Meno male che c'è stato il progresso», dice Giuseppe, noto
Peppe, il più grande, «speriamo che Dio ci faccia vivere ancora un po', poi gli altri vedranno cosa fare». «Oggi purtroppo a Nurallao», aggiunge Danilo, «ci sono tante case chiuse e la gente è andata via, non c'è più nessuno anche qui passa poca gente». C'è un po' di malinconia in queste parole e un po' di nostalgia nei loro occhi che hanno vissuto la rinascita e ora vivono una nuova decadenza senza poter fare molto. «Siamo vecchi», sospira Peppe, mentre gli altri annuiscono sorridendo. Eppure loro continuano ad incontrarsi, ad alzare la mano e fare un sorriso a chiunque passi davanti alla panchina di via Roma, a vivere a pieno continuando a guardare avanti. Sono uomini che hanno conosciuto il duro lavoro quello della produzione di carbone, quello delle cave di calce, quello della campagna e degli animali che comunque ha permesso loro di formare delle belle famiglie con tanti figli, famiglie di cui sono fieri e con le quali vivono ancora oggi. L'orgoglio «Si usciva con il buio», racconta Danilo, «e si rientrava con il buio, per colazione pane e cipolla, ci si lavava poco, per non parlare del salario». Quando accennano ai soldi si guardano e sorridono mostrando tutta la loro complicità e la consapevolezza della forza che gli ha permesso di essere ciò che sono oggi: uomini orgogliosi, dignitosi, che si ritengono fortunati perché ancora in salute e circondati dall'affetto dei propri cari. Danilo e Antonio sono vedovi, Peppe vive con la moglie malata di cui cerca comunque di occuparsi nonostante l'età. «Ogni mattina vado a prendere il pane», racconta Peppe, «poi raggiungo i miei amici sulla panchina». Tutti e tre continuano a fare qualche passeggiata, Danilo va in campagna poco distante da casa, Antonio ama girare con i suoi familiari per visitare posti nuovi. «Purtroppo a causa di alcuni problemi di cuore», aggiunge Antonio, «non posso più andare in campagna dove ho sempre lavorato e badato agli animali ed è la cosa che mi manca di più» Antonio tra i tre è però il più tecnologico, usa il cellulare che gli permette di stare in contatto con parenti e amici con i quali fa delle lunghe chiacchierate. In compagnia Quando si salutano la mattina per rientrare a casa all'ora di pranzo è soprattutto un arrivederci perché la sera, se il caldo non è eccessivo, si rincontrano sulla panchina e ricominciano a chiacchierare. Li sentono tutti perché l'udito non è più quello di una volta e devono alzare il tono della voce. Neppure l'inverno gli impedisce di vedersi. Se il freddo non è troppo rigido lasciano il tepore del caminetto e raggiungono la loro posizione vestiti con cappotto, sciarpa e cappello. Non è mancato neppure chi ha voluto scattare assieme a loro una foto perché da tutti sono considerati una ricchezza di cui andare fieri a Nurallao. Le loro chiacchiere non sono altro che un libro letto a voce alta che racconta di un secolo di storia paesana. 

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