in sottofondo
una storia quella riporta oggi di come culture diverse possono convivere ed coesistere e perchè no trovare l'amore . una storia di sincretismo culturale e di come l'integrazione quello vera non quella farlocca ed ipocrita puo' funzionare ed avvenire tramite l'arte e la musica Leggo , sulle note dell'omonima canzone sarda no potho reposare , nella versione dell'ultimo concerto di Andrea Parodi e di quella prposta da Paolo Fresu
trovate l'url sopra ad inizio post di Paolo Fresu di un classico sardo No Potho Reposare
da http://www.lanuovasardegna.it/nuoro/cronaca/2018/09/02/
Non potho reposare versione Usa
Da Manhattan all’Ortobene per cantare la serenata con il coro di Nuoro all’amata sposa barbaricina di Valeria Gianoglio
NUORO. Non solo centinaia di malloreddos, sfoglie di pane guttiau e chili di pasta fresca preparata ogni giorno nelle cucine dell’Arco cafè e serviti sui tavolini dell’886 di Amsterdam avenue per la gioia di tanti americani che nel cuore di New York city scoprono la cucina della Sardegna. Stavolta la Barbagia conquista il cuore dell’America giocando in casa e nel cuore dell’Ortobene.
Quando un trentottenne di origine irlandese, ma residente da tempo a Manhattan, dopo due mesi di studio silenzioso e consigli del suocero, Brunello Fiori, riesce a sorprendere la sua ormai quasi sposa, Francesca, cantando una strofa di “Non potho reposare” nel bel mezzo di una classica serenata pre-sposalizio.Mentre tutto intorno, i componenti del coro di Nuoro lo sostengono con affetto e stupore. «I studied the words of the text as I went to work for the last two months», ho studiato il testo della canzone mentre andavo al lavoro negli ultimi due mesi, racconta Owen, ancora emozionato. E poi rivela che in inglese e con i potenti mezzi offerti da google translate, l’intramontabile “Non potho reposare” è diventata “I can’t rest”.
Accade a Solotti, nel cuore del Monte più caro ai nuoresi, a poche ore da un matrimonio che, a giudicare dalla presenze, è molto più che una unione di cuori, ma in fondo un vero ponte tra popoli, culture, modi di vivere. Alle 11 di oggi, nella chiesa di San Giuseppe, sotto lo sguardo e la predica di don Francesco Mariani, si uniranno in matrimonio gli sposi Francesca Fiori, nuorese, figlia di papà Brunello e mamma Maria Luisa – e fresca, insieme al fratello Daniele del premio “Rondine d’oro” assegnato durante la festa del Redentore – e il suo amato Owen, sangue irlandese, residente a Manhattan. E da giorni Nuoro è tutta un pullulare di ospiti degli sposi provenienti da Chicago, New York, Irlanda, Inghilterra, e del nord Italia, che hanno riempito i bed and breakfast cittadini.
Perché quello tra Francesca Fiori e il suo sposo Owen è davvero un matrimonio tra popoli. Una unione che è riuscita, tra le altre cose, a promuovere un vero scambio tra culture, e a far conoscere la Sardegna e le sue tradizioni meglio di mille guide Routard. E così, proprio come l’Arco café – il ristorante aperto a Manhattan quattro anni e mezzo fa da Francesca Fiori con il fratello Daniele – ogni giorno fa conoscere a quel grande melting-pot che è New York, le prelibatezze della vera cucina sarda, anche il matrimonio celebrato a Nuoro è riuscito a far scoprire agli ospiti statunitensi qualcosa che nessuno si aspettava.
Come il testo di “Non potho reposare” che il prode sposo Owen ha imparato a memoria grazie ai consigli del suocero e a un video tratto dal web. «È stata very hard, è stata dura – spiega il quasi sposo americano, dopo la serenata a Solotti cominciata dal coro di Nuoro – ma sono contento».
E poco dopo si becca l’abbraccio commosso dell’amata che, come prevede il copione dettato dalla tradizione, prima di uscire e ringraziare i presenti, ha atteso dentro la casa paterna che la serenata arrivasse alla fine della terza canzone. «L’idea di far cantare a Owen qualche strofa di Non potho reposare gliel’ho buttata così, qualche mese fa, quando
eravamo a New York – racconta papà Brunello Fiori – e quando sono andato via, evidentemente, lui si è messo sotto ed è riuscito a studiare la canzone. La sua esibizione è stata una bella sorpresa per mia figlia e per noi tutti. Segno che lo scambio tra le culture ha funzionato davvero».
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