Un decimo dei cellulari e dei pc Una discarica di rifiuti elettronici a cielo aperto.he buttiamo sono gestiti dalle ecomafie. Che li smaltiscono illegalmente in Africa.


Rifiuti elettronici, l'Italia ne produce 1 milione di tonnellate l'anno
Un decimo dei cellulari e dei pc che buttiamo sono gestiti dalle ecomafie. Che li smaltiscono illegalmente in Africa.
di Marco Mostallino

Un cellulare, un tablet, un computer. Strumenti di lavoro e regali di Natale. Che però, alla fine, diventano carcasse inquinanti da smaltire. Insomma, semplici rifiuti. E per di più pericolosi, non solo per il gran numero di metalli pesanti e sostanze chimiche che contengono, ma anche perché rappresentano carichi preziosi per le ecomafie che si fanno carico di prelevarli e smaltirli in Paesi poveri dove succede un po' di tutto. E dove quel che resta ancora di valore viene recuperato e reimmesso nel mercato mondiale, spesso con passaggi illeciti e inquinanti, dannosi per l'ambiente e la salute.
LA VALANGA DI TECNO-SPAZZATURA. L'Italia (secondo il rapporto delle Nazioni Unite Solving the E-Waste Problem Initiative) ha prodotto nel 2012 circa 1,1 milioni di tonnellate di tecno-spazzatura, frutto della circolazione di 1,4 milioni di tonnellate di apparecchi elettronici immessi nel nostro mercato, con una media di 17,8 chili di rifiuti informatici per abitante.

Veleni spacciati per aiuti umanitari


Una discarica di rifiuti elettronici a cielo aperto.
Una quantità importante, stimata attorno alle 100 mila tonnellate di questi rifiuti (un decimo del totale), viene gestita illegalmente. Quel che resta di pc e telefonini finisce il più delle volte in Nigeria, dove esistono 'laboratori' più o meno clandestini che si fanno carico di trattare e rivendere i materiali ancora utili per nuove produzioni. Sul fronte delle indagini è spesso il Corpo forestale a intervenire, con i suoi agenti specializzati in questo tipo di inchieste.
DA GENOVA ALLA NIGERIA VIA MARE. Nel 2010 una delle operazioni più importanti su questo fronte ha rivelato proprio il passaggio dall'Italia alla Nigeria dei residui informatici: il porto di partenza dei vecchi pc e computer era Genova, dove i container giungevano soprattutto dal Piemonte e venivano imbarcati illegalmente con la dicitura «masserizie».
L'ESCAMOTAGE DELLA «BENEFICENZA». Ma, più spesso, nei carichi tossici diretti in Africa viene apposta la bolla di trasporto «beneficenza»: un crimine che aggiunge il sapore della beffa ai traffici di materiali tossici e allo sfruttamento schiavistico delle popolazioni locali.
Per ricostruire questi passaggi, alcune organizzazioni ambientaliste britanniche hanno inserito di nascosto alcuni dispositivi Gps all'interno dei container sospetti, riuscendo così a seguire passo dopo passo il percorso criminale dei computer dismessi.
UNA 'SOLUZIONE' LOW COST. Dal 1997 l'Italia, grazie al decreto dell'allora ministro dell'Ambiente Edo Ronchi, si è dotata di norme sempre più stringenti per lo smaltimento degli apparecchi elettronici.
Ma consegnare pc, telefonini e frigoriferi (il traffico riguarda anche questi elettrodomestici) negli appositi centri costa, e costa caro.
Così, come in altri settori, produttori e raccoglitori talvolta preferiscono vendere questi scarti tossici a organizzazioni criminali che poi portano tutto in Africa, Asia e in genere in Paesi del Terzo Mondo.

Roghi per estrarre i metalli preziosi dagli apparecchi

  • Nei telefoni cellulari sono presenti dosi significative di metalli preziosi.
Oro, rame, mercurio, bario e altri metalli hanno un valore importante di riciclo.
In Nigeria per recuperarli dai cadaveri di pc e telefonini basta semplicemente bruciare i rifiuti. La plastica si scioglie ed è possibile così estrarre i metalli preziosi per rivenderli agli stessi produttori che a loro volta li utilizzano per fabbricare nuovi apparecchi.
Ma le sostanze tossiche restano là, sul terreno, a inquinare terre e fiumi e ad avvelenare chi lavora per quattro soldi in queste attività ad altissimo rischio.


UN PC SU 10 FINISCE NEL GIRO CRIMINALE. La stima degli investigatori è che circa un pc o telefonino su 10 dall'Italia prende la via dei Paesi poveri, dove la criminalità locale utilizza le persone più povere e disperate in questa nuova forma di schiavitù, assai lucrosa per chi gestisce l'affare ma spesso mortale per chi è costretto a mettere le mani ogni giorno in questa sorta di Terra dei Fuochi africana.
I RISCHI PER LA SALUTE. Se le forze di polizia italiane stimano in circa il 10% la quantità di tecno-rifiuti spediti in Africa, Greenpeace parla invece di tre quarti la quantità di apparecchi informatici e telefonini 'morti' di cui i governi europei non conoscono la sorte.
E la crisi economica in corso favorisce questi traffici verso l'Africa. Perché per i produttori è assai più conveniente riacquistare dalle mafie internazionali i residui preziosi recuperati a mano dagli schiavi, spesso bambini, che estraggono a mano i metalli, dopo aver respirato i fumi dei roghi necessari alla separazioni dei resti utili da quelli inutili.
RIFIUTI BRUCIATI ALL'ARIA APERTA. Sempre secondo il rapporto delle Nazioni Unite, da un pc o un cellulare si può recuperare solo un quarto del peso, mentre i restanti tre quarti finiscono nelle discariche abusive, vengono bruciati all'aria aperta o gettati, come rifiuti liquidi, nei fiumi senza alcun controllo.
Sempre Greenpeace stima in oltre 6 mila i container che, gestiti dalla criminalità organizzata internazionale, arrivano ogni anno nella sola Nigeria. 

Lunedì, 16 Dicembre 2013

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