C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati che si potevano avere solo illecitamente…
Di tanto in tanto,quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva di applicare le leggi,provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che fino ad allora aveva avuto le loro ragioni per considerarsi impunibili. In questi casi il sentimento dominante, anziché, di soddisfazione per la rivincita giudiziaria, era il sospetto che si trattasse di un regolamento di conti di un centro di potere contro un altro.
Così era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai solo come armi tattiche nelle guerre intestine tra interessi illeciti oppure se i tribunali, per legittimare i loro compiti, dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere…
Così tutte le forme di illecito si saldavano in un sistema compatto e coerente nel quale moltissime persone trovavano il loro
vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto dunque dirsi
unanimemente felici gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una categoria di cittadini cui non si sapeva quale
ruolo attribuire: gli onesti.
Erano costoro, onesti non per qualche speciale ragione, per abitudine mentale, condizionamento caratteriale o tic nervoso, ma
non potevano farci niente se erano così e se la loro testa funzionava in base a quei vieti meccanismi che collegavano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria a quella delle altre persone…
Italo Calvino
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