Forse sono veramente troppo connesso per riprendere una valigia vuota, riempirla di cose che probabilmente non userò mai, ma porto con me per non sradicare il mondo che lascio. Andare all'aeroporto e guardare un cartellone per scegliere il primo volo che parte e dire "goodbye". Ci vuole coraggio? Ci vuole paura? Ho sempre avuto entusiasmo e ottimismo verso la destinazione d'arrivo, non sapevo precisamente cosa mi attendeva, e nessuno lo sa, ma sapevo come avrei reagito alle situazioni che mi si sarebbero presentate, essendo raggiante tutto doveva andare a posto, e vedendo come mi è andata ogni viaggio è stato bellissimo, ed ogni ritorno era forzato. E strano per me pensare che qualcosa mi tiene qui e soffoco, l'aria è sempre più viziata ed instabile. Piegarsi verso il lato caldo è bello ma il punto di rottura c'è anche se non ci si vuole credere ed è sempre più vicino, sopratutto se niente ha il coraggio di avvicinarsi ed allontanare quel punto delicato. Se il niente ha paura di rischiare sarà inevitabilemente scosso, distrutto e oscurato dalla conseguenza di tutto ciò. Anche questo è un rischio, calcolato? No, doloroso e immeritato. Posso piegarmi come un origami ma nessuna luce illumina l'operato. E Tutto ciò continua ad avere una funzione a me oscura. (L'effetto elastico è visibile.)
" and considerately killing me "
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