8 marzo le donne migrati fuga dalla disperazione e riscatto , mi licenzi riapro con una cooperartiva e riassumo parte dei colleghi , non emigro ma lottto qui e lavoro qui


8 marzo, Emma Bonino e le donne migranti: fuga e riscatto

Agitu, Princess e Habiba sul palco insieme alla leader dei Radicali italiani a raccontare la potenza delle donne migranti che riescono a emergere. L'ex ministra: "Dobbiamo cambiare la Bossi-Fini per permettere alle irregolari di regolarizzarsi"di Andrea Scutellà




Emma Bonino e le donne migranti

ROMA. Agitu è fuggita da un regime che espropriava la terra ai pastori nomadi e ora produce un formaggio di capra biologico in Trentino. Princess è stata costretta a prostituirsi dai suoi connazionali trafficanti, si è ribellata e oggi aiuta le donne come lei a sottrarsi dal giogo dei “magnaccia”. Habiba è scappata dalla guerra ed è diventata mediatrice culturale per aiutare i rifugiati.


8 marzo, Emma Bonino: "Diamo voce alle donne migranti"
La leader dei Radicali italiani a margine della conferenza stampa "Donne anche noi. Storie di fuga e riscatto": "Bisogna cambiare la Bossi-Fini e permettere alle donne irregolari di regolarizzarsi" (di Andrea Scutellà).

"Molte irregolari non possono essere qui". Questa è la potenza delle donne migranti. I Radicali italiani ne hanno portate tre davanti alle telecamere e tutte hanno ripetuto senza sosta la storia della loro vita ad ogni giornalista che gliela chiedesse. Perché erano lì per testimoniare soprattutto per le sorelle assenti. «Tra le donne che ci sono oggi mancano le irregolari - spiega Emma Bonino, organizzatrice della giornata -, che se non superiamo la legge Bossi-Fini purtroppo non riusciremo mai a regolarizzare. E evidentemente mancano anche quelle chiuse nei Cie. Abbiamo chiesto se potessero essere qui, ma loro possono uscire solo per andare in tribunale o all'ospedale. Vogliamo lanciare un messaggio anche alle donne italiane: nella società del nostro paese ci sono protagonisti diversi, altri».



8 marzo, la storia di Agitu: fuggita dall'Etiopia, oggi allevatrice in Trentino
In Trentino si sente sicura: qui produce e vende formaggio caprino nella sua azienda "La capra felice", dopo aver recuperato dei terreni abbandonati. Fuggì dall'Etiopia perché era un'attivista contro l'espropriazione delle terre dei pastori nomadi da parte del governo (di Andrea Scutellà)

Alleva capre in Trentino, fuggì dall'Etiopia. Agitu Ideo Giudeta è arrivata per la prima volta in Italia a 18 anni con una borsa di studio. Si è innamorata del Trentino, in cui ha fatto l’università. «Io sono originaria dell’Etiopia - spiega -, sapete da quelle parti ci sono gli altopiani, qui in Trentino le montagne...». Dopo gli studi è tornata in Etiopia per occuparsi di agricoltura sostenibile. Voleva riportare le sue competenze in patria. Non ha potuto proprio tacere quando il governo ha cominciato ad espropiare le terre ai pastori nomadi e agli agricoltori per svenderle alle multinazionali. Ha manifestato con i suoi amici. Il governo ha risposto con il mitra. Allora è fuggita e si è ricordata del Trentino. «Ho avviato questo progetto di terreni abbandonati e delle razze rustiche locali e ho attivato la mia azienda agricola biologica che produce formaggi caprini. Chi vuole comprare i prodotti deve venire in Trentino, ho ricevuto richieste da fuori regione ma le ho rifiutate». L'azienda si chiama "La capra felice" . 


8 marzo, la storia di Princess: "In Italia per fare la cuoca, mi costrinsero a prostituirmi"
Oggi Princess Okokon con la onlus Piam di Asti aiuta le donne migranti a uscire dall'incubo della prostituzione forzata per debiti e lotta contro la tratta di esseri umani. Ma anche lei, all'inizio, fu comprata come una schiava e costretta a scendere in strada con l'inganno (di Andrea Scutellà)

Vittima della tratta, redime le prostitute forzate. Princess Okokon fa parte di una lunga schiera di donne nigeriane imbrogliate dai loro connazionali trafficanti. Le avevano promesso un posto da cuoca in Italia e invece si è ritrovata in strada, a Torino, con un debito di 45mila dollari sulle spalle, venduta per 13mila, a prostituirsi. Ha provato a fuggire, ma è stata picchiata a sanghe e ha passato una settimana in ospedale. Con l’aiuto della Caritas e di Alberto Mussino, che poi ha sposato, è riuscita a sottrarsi al giogo. Ma invece di fuggire oggi fronteggia i trafficanti ad Asti, con la Piam onlus che gestisce insieme al marito. Riceve ancora minacce, ma è riuscita a salvare molte altre donne costrette alla prostituzione. La sua associazione offre assistenza legale, sanitaria, corsi di formazione professionale e di lingua alle vittime della tratta.  Dalla Costa d'Avorio alla cucina. Habiba Ouattara è scappata dalla guerra in Costa d’Avorio. Ha percorso 600 chilometri a piedi prima di arrivare in Ghana. Ha preso un biglietto aereo con documenti falsi da Accra a Roma. Il Centro Astalli l’ha curata, gli ha insegnato la lingua e le ha permesso di fare un master in mediazione culturale all’università “Roma tre”. Oggi insieme ad altri stranieri provenienti da mezzo mondo gestisce Makì , un progetto di cucina attivo a Roma, che fa sperimentare sapori provenienti dai quattro angoli della terra persino agli italiani: il popolo più conservatore a tavola. Un giorno cucina un afgano, un giorno un turco, un giorno un ivoriano. E gli italiani ascoltano i racconti dei rifugiati, a cui non mancano di certo gli argomenti. 

l'altra storia  è questa  presa   http://iltirreno.gelocal.it/grosseto/cronaca/  del 06 marzo 2017




Il supermercato li "liquida" e loro aprono un discount

Castiglione della Pescaia, la proprietà di Eurospin rompe il rapporto con i gestori del negozio. I due creano una cooperativa, avviano un’altra impresa e riprendono a lavoro a otto personedi Enrico Giovannelli

06 marzo 2017




                  Foto di gruppo nel nuovo discount a Castiglione della Pescaia
CASTIGLIONE DELLA PESCAIA. 
Come un’araba fenice. In concomitanza della festa della donna, mercoledì 8 marzo, aprirà un nuovo hard discount, il Dpiù, a Castiglione.
Una nuova attività che sorge in tempi di crisi con la creazione di posti di lavoro. E una storia particolare se si pensa a quello che era successo pochi mesi fa, poco prima di Natale.
La proprietà del supermercato Eurospin aveva deciso di chiudere anzitempo il rapporto con chi gestiva il negozio da oltre dieci anni: Antonio Mazzini e Fabrizio Micheli. E non senza polemiche e discussioni, per una risoluzione che aveva spiazzato e reso increduli gli stessi gestori per le modalità e la velocità delle decisioni.
Una situazione, quella del mancato rinnovo dell’accordo per la conduzione del supermercato, che portò anche al licenziamento di molti dipendenti (alcuni sono stati confermati, altri hanno trovato altre sistemazioni), in carico alla Mazzini e Micheli, che non furono poi riassunti dalla nuova gestione subentrante dell’Eurospin che beffardamente, dopo poche ore dall’uscita di scena del vecchio gruppo, si preoccupò con un cartello affisso all’ingresso di cercare “nuovo personale” .
Proprio Antonio Mazzini dichiarò che avrebbe fatto di tutto per aiutare i “suoi ragazzi”, e la promessa è stata mantenuta in pieno. In pochi mesi è nata l’idea di riaprire un nuovo hard discount, tra l’altro dove c’era stata la prima sede dell’Eurospin, sempre gestita da Mazzini e Micheli, praticamente dalla parte opposta della strada provinciale del Padule, nei locali dove c’era il negozio di mobili della famiglia Baggiani. In linea d’aria qualche decina di metri in tutto.
Un nuovo inizio per Mazzini e Micheli, come l’araba fenice che risorge dalle ceneri. E a poche ore dall’apertura, tutti i dipendenti sono impegnatissimi nel sistemare gli scaffali e riordinare, mentre le ditte installano frigo e banconi per essere operativi per la data d’apertura.
Mazzini, a nome di tutti, racconta quello che è successo negli ultimi mesi, quasi commuovendosi: «Passata e sbollita la delusione per quel che era accaduto, ci siamo voluti subito rimettere in gioco e abbiamo trovato l’accordo con la società Dpiù, che ha la sede a Verona, nella stessa zona dove insiste l’Eurospin. Stavolta però abbiamo costituito una cooperativa con i ragazzi: l’idea è che il gruppo cresca, e che un domani possa prendere in mano il negozio direttamente. Avere più responsabilità insomma. Io e mio cognato (Fabrizio Micheli, ndc) in questa fase gestiamo la nuova apertura, poi più avanti vedremo il da farsi. Quello che però conta davvero è aver dato la possibilità a tutti i nostri ragazzi e ragazze, otto persone compresi noi due, di continuare a lavorare. Non abbiamo abbandonato nessuno, e anche chi non è con noi ha trovato un altro impiego. Credetemi, una grande soddisfazione». E l’hard discount Dpiù ricalca in pieno il classico supermercato a basso costo, dove si può trovare di tutto dal barattolo con i legumi alla lavatrice (alcune sono state addirittura vendute prima dell’apertura).
Antonio Mazzini precisa però alcuni aspetti: «Oltre ai vari prodotti in generale, sia al banco della gastronomia che per quello della frutta, l’idea è di avere un rapporto diretto con chi produce, per una vendita a chilometro zero puntando sulla qualità del nostro territorio». Nel ringraziare tanti castiglionesi che in questi mesi si sono interessati alla vicenda aspettando la nuova apertura, Mazzini confida un piccolo aneddoto sullo statuto che è stato siglato dalla nascente cooperativa: «Abbiamo voluto inserire una clausola particolare quando si creeranno le condizioni per nuove assunzioni: la priorità sarà data sempre a una persona nata, cresciuta e residente a Castiglione». Magari in ricordo del sostegno ricevuto dal paese.



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