Una notte

Era volgare e squallida la stanza,

nascosta sull’equivoca taverna.

Dalla finestra si scorgeva il vicolo,

angusto e lercio. Di là sotto voci

salivano, frastuono d’operai

che giocavano a carte: erano allegri.


E là, sul vile e miserabile giaciglio,

ebbi il corpo d’amore, ebbi la bocca

di tale ebbrezza, anch’io mi sento ancora,

mentre che scrivo (dopo si gran tempo!),

nella casa solinga inebriare.


-costantinos kavafis –

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