Quello scantinato buio, dove io ero e ora non sono più. Tentativi (assai) meditati di una evasione dall'incoerenza.


scantinato di casa

Riusciremo mai a renderci conto degli errori commessi e a tornare in noi stessi, in tempo per soccorrere una società che sembra maturare il suo strano cammino nell'indolenza?

Questo mi chiedo, mentre gli occhi ancora assonnati guardano fissi l'orologio a parete, quasi a stramaledire la giornata domenicale di lavoro che m’aspetta nello sgabuzzino di casa, cercando finalmente di dare un po' di ordine tra le cose che ho accantonato senza tanta cura.
Con fatica e un po' di inquietudine chiudo il portone di casa, neanche dovessi partire per la guerra, e scendendo le scale fino al corridoio dei ripostigli condominiali, nel silenzio più totale, credo d'aver capito il perché di tanta riluttanza a raggiungere la meta. Non sono le ore di sonno in meno o la prevista fatica e il sudore o la tetra solitudine di quel piccolo vano a spaventarmi; non è nemmeno l'indecisione e la nostalgia di cosa conservare o buttare. No, niente di tutto questo.
Ciò che temo è invece il confronto con me stesso: infatti, appena comincio a rovistare tra gli oggetti alcuni di loro sembrano animarsi e seguire il mio sguardo quel tanto che serve ad identificarmi, per poi circondarmi e chiedersi cosa ci fa ormai uno come me tra quadri, libri di politica, discografia “alternativa” in vinile e ricordi della “fuga” dalla famiglia, dal momento che in quel luogo buio si accantonano pure molte convinzioni che non potrebbero sopravvivere nemmeno un secondo alla luce di un sole d’autunno ormai (pure lui..) arrivato al compromesso con la primavera, convinzioni che hanno ceduto il passo ad una mentalità con il planning su ogni tavolo e scrivania, due computer sempre pronti ad assecondarmi, offerte commerciali da presentare il giorno dopo ma corrette e rivedute la notte prima, rateizzazioni e utenze da pagare, il carico di responsabilità nei confronti di una azienda che ha affidato una parte delle sue risorse economiche nelle mie capacità.
O forse è un modo come un altro per non pensarci, visto che non sempre si può addurre a pretesto il fatto di avere poco tempo a disposizione e che le giornate durino solamente 24 ore.

E non si tratta solo di un personalissimo “trip” allegorico.
Qua dentro c'è veramente tutta una vita, e la polvere che vi spadroneggia non facilita sicuramente quel ritorno al passato che spesso si rivive toccando o semplicemente sfiorando come ora un vecchio libro delle Scuole Superiori, quando la scuola era “pubblica” e soprattutto non era un circo con insegnanti costretti a fare i domatori alle prese con tante piccole scimmie in abiti firmati e legati per la testa da un i-Pod, una scuola dove si sognava la California...e non la mini-car con stereo incorporato come oggi.
Lo scantinato non è semplice da “affrontare”, perché bisognerebbe un attimo fermarsi, e se mi ci fermo un po’ di più a pensare finisco per affogare di nuovo in un presente di contraddizioni; certo, fosse stato pieno di vino rosso, mi sarei anche accomodato  per...meditare meglio, ma tra il silenzio e l'odore di cose passate non posso far altro che star lì e guardare, sfiorare, toccare, indossando di nuovo il maglione più per paura di un brivido di coscienza che di freddo, dopo aver ingenerosamente relegato una parte del mio passato a fianco di barattoli di pomodoro e bottiglie d’olio.
Cosa avranno fatto mai di male Russel, Bukowsky e Marcuse da non meritare più uno spazio nella mia piccola e “ufficiale” biblioteca? Per non dire dello straordinario poster 50x70, regalo di mia sorella, che racchiude lo sguardo di Ernesto Guevara?
Così ripenso al mio appartamento, dove un arredo minimalista e moderno -figlio di Ikea e di un comune quanto banale pensare a quattro assi di legno per formare un tavolo o un una sedia- sembra non poter ospitare neanche un Pirandello con le pagine ingiallite ma tanto attuale nelle sue novelle a tal punto che le sue persone e i personaggi sembrano ricordare il trasformismo di tanti di noi, soprattutto in faccende di politica, che imperversano (o “governano”, se vogliamo) in nome di una democrazia che non potrà mai essere tale se è sorretta unicamente da sudditi e doveri.
O forse è perchè non vorrei ritrovarmi seduto sul divano con a fianco un libro che punta il dito e indica anche me tra i personaggi e le sue perenni trasformazioni e mille facce, con buona pace della propria professione e professionalità?
Chissà.
Nel cercare un po' di conforto intravedo, in uno scatolone semichiuso, il nero-rosso della copertina di “Stato e Anarchia” di Bakunin, ricordando un periodo della mia adolescenza dove, a parte la vita sregolata e antimonarchica dei Sex Pistols, per anarchia si intendeva soprattutto il valore, l'impegno e una morte “accidentale”, e, nel rileggere velocemente alcuni passi che avevo sottolineato a suo tempo in modo maldestro con una biro, penso troverei imbarazzo e un po' di vergogna a guardarlo negli occhi, il russo libertario, per come mi sono “adattato”...ma fortunatamente il libro non è illustrato.

Mentre continuo a cercare tra i vari scatoloni mi accorgo che non ho cominciato a buttare praticamente nulla.
Niente da fare.
Sono troppo distratto dalle “presenze”, che mi rispolverano una copia dei risultati della mia classe scolastica in sede d’esame di Maturità , e mentre la leggo m'accorgo ancor di più delle mie prime contraddizioni, premiate con il tanto agognato “pezzo di carta”:
voto finale 54/60
preparato in:
Italiano, Letteratura e compito in classe
tema d’attualità
affascinato dal Romanticismo francese
propensione all’idealismo
riflessioni sulla realtà a non finire
capacità ampia di comunicare le proprie intenzioni
conoscitore di musica
rock anni sessanta
poeta.

Diploma?...in Ragioneria.....appunto, che significava lavoro (quasi) sicuro ma anche la recinzione di alcuni valori che non sono stato in grado di condividere con il prossimo se non sporadicamente, quando si riusciva a scappare ogni tanto dal cancello semichiuso della Rinuncia.
Anche se: condividere con chi, cosa e come?
Dov'è quella sana quanto illusoria volontà di cambiare il mondo, se nel frattempo il mondo ha cambiato noi e le nostre possibilità di poter avere finalmente tutto....in comode rate mensili? Dove sono finiti i compagni di lotte, di botte (prese) e i cortei davanti l'ambasciata Usa? Anche loro indaffarati nella pulizia dei solai o con il prato inglese da curare? O, peggio ancora, con l'Unità o Liberazione sotto braccio, presenziando e plaudendo ai cortei di una nouvelle gauche” italiana che al solo sentire la parola “comunismo” comincia ad indossare collane d'aglio?

Provo ad uscire un attimo, quel tanto per respirare un po' d'aria, e non è solo la polvere rimossa a darmi fastidio: sarà il sole che osserva e sembra ridere delle mie “gesta” domenicali, ma devo riconoscere che di polvere ce n'è anche nella mia testa, soprattutto nell’idea comune in un cambiamento che non potrà esserci, almeno a breve, vittime come siamo del presente e di un immediato futuro già scritto da “cassandre” come me comodamente sedute davanti ad un computer.

Troppi “ripostigli” mentali, assai poco illuminati e illuminanti, hanno occupato degli spazi che, assieme al posto auto e alla casa al mare o in montagna, hanno reciso con una drastica linea di confine delle identità, dei valori, che nemmeno un collante come la Rivoluzione (in senso culturale) potrà mai rinsaldare. La rinuncia al pensare in cambio del comune vivere la vita, magari riuscendo ad elaborare concetti meno tristi tra la visione di un TG e un Porta a Porta...: ecco qual'è forse l'aspetto più “estremista” dei nostri tempi, assieme al vero Grande Fratello che ci controlla e tormenta, e cioè la falsa imitazione del falso.
Possiamo pure continuare a riconoscerci tranquillamente allo specchio per ciò che siamo, anche se così diversi per età e volontà rispetto a vent’anni fa; potremmo copia-incollare un autoscatto di ogni nostro ragionare sensato sull'attualità e rendere conto al mondo intero che noi (cioè, quelli dello spirito critico) non apparteniamo a questa società di marionette senza fili, ma alla fine rimaniamo comunque intrappolati in un presente distratto e castrante, noi che abbiamo creduto di respirare mille volte, oltre al loro fiato non certo gradevole, le vicissitudini dei nonni durante la Resistenza, i loro racconti di sopravvivenza, gli orrori di una guerra per certi versi mai conclusa, fatta di muri che si costruiscono, si condannano, si abbattono ma che oggi si ricostruiscono.
Cosa ne è del nostro passato, oltre l'angusto sgabuzzino, noi che abbiamo creduto nelle letture di chi sessant'anni fa, durante la lotta partigiana, ha scritto con il proprio sangue un testamento di coraggio e di ideali tanto da essere tradotti in una Costituzione che invece qualcuno sembra voler modificare?
Arriveremo ad immaginare ancora quel futuro che i nostri nonni si potevano permettere solo di sognare, presi com'erano da povertà e bombardamenti?

Mentre il capo chino è intento a cercare e curiosare, una parte di me sembra essere salita su casa, nella speranza di ripopolare l'appartamento con i testi “sacri” d'allora ...così, tanto per dargli un tocco ancor più “inusuale” e pregno di autocritica,….ma il mio alter ego alla fine è più propenso a guardare l'orologio: s'è fatta la una, è ora di pranzare e di trascrivere questi passaggi chiamati pensieri, tanto per non aver (anche) buttato inutilmente il mio tempo (e il sonno) dentro un disordinato bugigattolo che magicamente rivive ogni volta che ci rimetto piede.
Credo proprio che i libri rimarranno lì al buio ancora per un pezzo, ne sono convinto, come le enormi buste che contengono oggetti destinati al cassetto dell’immondizia, proprio quando questi tentennamenti da de profundis domenicale mi porteranno inevitabilmente a dover ritardare un appuntamento in buona e bella compagnia.
Finirà tutto questo pensare e riflettere, finirà troppo presto; o è già finito da un pezzo e ancora non me ne rendo conto, vuoi l'appuntamento, vuoi anche una generale povertà di intenti se penso al torpore in cui ricadrò una volta uscito da qui.

Ma, come accennavo, in divagazioni del genere l'allegoria lascia spesso e volentieri spazio alla semplice e schietta realtà.
Forse lo scantinato è l'ultimo dei miei problemi, o forse è la chiave di lettura del mondo che mi circonda: probabilmente vorrà dire che non riuscirò mai a fare a meno di un passato che rivendica tuttora un sacrosanto “diritto di replica”, dopo la contraddittoria gestione della mia cultura, maturata in anni di letture, studi e ascolti di vita vissuta tra degrado, difficoltà relazionali con la famiglia ed emarginazione, ma per fortuna tutta la polvere del mondo non sarà mai sufficiente a coprire le speranze nate nel Secondo Dopoguerra, le illusioni sessantottine dei nostri padri. Nonostante la mia tranquilla ed attuale vita nella periferia romana.
Neanche di ripensamento si può parlare, perchè i concetti, come i ricordi materializzati in questo sgabuzzino, sono rimasti sempre gli stessi, e, nonostante le circostanze siano poi diventate anche opportunità, ho sempre mantenuto una sorta di aplomb verso certi apparati del Sistema intesi ad irretirmi ed assimilarmi;  con ogni probabilità il “ponte” psicologico che collega l'appartamento con lo scantinato non è in grado di sopportare un abbandono fisico di ciò che ho filtrato ed accumulato per anni, il che significa dover  continuare ad indossare la maschera contraddittoria di me stesso, tra improvvisati monologhi e poesie in Internet e fughe quotidiane tra i tetti luridi della società dei consumi.
Il che, in parole povere, equivale ad una sconfitta personale, seppur anonima e confessata in un eremo di blog.
Nonostante le piccole soddisfazioni professionali.
Nonostante speranza e ottimismo siano ancora ben riposti non solo nel mero ragionare, ma anche nel profondo del proprio cuore.
Alcune volte credi di aver buttato vent’anni della propria vita cercando di smussare un carattere impulsivo per meglio comprendere e convivere con le ragioni dei tuoi simili, anche di coloro che parlano il linguaggio dell'intolleranza e della violenza, ma, a quanto sembra, non è nulla se paragonati ai cinquemila anni certificati di civiltà e umane vicende, dove siamo riusciti a malapena ad azionare il mulino di un Pensiero che ha macinato finora solamente buoni intenti e tanta desolazione,...a parte qualche rara eccezione come l'invenzione della ruota, dei rigatoni con il sugo e della lingerie femminile...
Se nell'Uomo i sentimenti, l'amore, il sacrificio, dovessero servire -come avviene in molti di noi- a riempire l'horror vacui che ad un certo punto bussa alla porta delle nostre vite, allora la stessa paura del vuoto e della Morte non dovrebbe consentire lo sterminio di esseri umani in Africa dove esser bambini significa morire d'inedia, per non parlare dei conflitti (leggi: profitti) che insanguinano la tremenda attualità del Medio Oriente.

Nel risalire in casa mi affanno a pensarci, e arrivo alla conclusione che se non c'è un seguito significativo ai propri ideali di libertà e convivenza civile, probabilmente è meglio non averli e pregare ognuno il proprio Dio di dotarli a chi li può mettere in pratica. Se poi uno scantinato riesce ad assurgere ad “oasi di riflessione” e nonostante tutto siamo così riluttanti a frequentarlo per via di nostro passato fatto di oggetti (e non solo) abbandonati,..beh, probabilmente la riflessione da fare è un po' più profonda e complessa del semplice confrontarsi, al di là del malumore e del personale disgusto verso una cultura dominante fatta di Odio e di Paura.

Con tali presupposti, mi verrebbe voglia di serrare la porta con il chiavistello e scalciare qualsiasi avance di distrazione, inclusa l’uscita all’ora di cena, ma non me lo posso permettere: è innanzitutto la mia “ora d’aria”, misurata con il poco tempo che mi sono concesso, e qualsiasi ripensamento può significare un progressivo esilio senza scampo da una realtà che non riconosco più mia.

In un mondo sempre più complicato, dove la complessità nasce dal non essere chiari soprattutto con se stessi, uno scantinato così in disordine credo possa anche bastare per ricominciare ad aprire un poco alla volta gli occhi.



Salvatore (HAVEADREAM), blogger LIBERI FINALMENTE LIBERI

Commenti

Post popolari in questo blog

s-come-selen-sposa-s-come-sara-sex due destini che s'incrociano

"Meglio in cella che testimone senza scorta" Ex pentito della banda di Is Mirrionis ruba un furgone e si autodenuncia in questura

la canzone preghiera dei cugini di campagna racconta di Jole ed Ettore, i fidanzatini sassaresi lei morì di leucemia, lui si uccise