Uvetta, farina e arancia:
il pane per grazia ricevuta
Venerdì 13 maggio 2011
Dal nostro inviato Lello Caravano
TUILI Farina di grano duro, lievito naturale, uvetta e scorza d'arancia. Per grazia ricevuta. O da chiedere. A Sant'Antioco, medico e martire che diede il nome all'isola scelta da fenici e cartaginesi. Quel santo faceva miracoli, guarigioni e altri prodigi. Le donne gli offrivano un pane propiziatorio ma Natalina decise che l'impasto andava arricchito. Erano gli anni Trenta, quasi un secolo fa. «Nell'impasto mia madre aggiunse l'uvetta e la scorza d'arancia, il pane povero diventò più ricco, su pai arrubiu , adatto a un santo a cui si chiedono ancora oggi miracoli», ricorda Efisia Vinci, la figlia di Natalina, una delle maestre del pane con l'uvetta di Tuili.
PANE DELLA FEDE Un civraxiu figlio della fede e della tradizione (e della passione delle donne del paese della Marmilla), un prodotto unico, delizioso, che non dovrebbe mai mancare in un paniere di dolci tradizionali, accanto a pardule, amaretti, gueffus. Invece raramente supera i confini di questo centro ai piedi della Giara, mille abitanti, che vanta uno dei centri storici meglio conservati di tutta l'Isola: una delizia che non si trova neppure a Barumini, Turri, Siddi, Villamar, Sanluri, figuriamoci a Cagliari.
Sono questi i giorni de su pai arrubiu , il pane che comincia a colorarsi di rosso quando uva passa e bucce d'arance si mischiano all'impasto di acqua e semola di grano duro, qualità Senatore Cappelli, il frumento dei nonni. Lunedì scorso - il terzo dopo Pasqua, così vuole la tradizione - il pane preparato dalle donne tuilesi è stato portato nell'antica chiesa di Sant'Antonio Abate e depositato ai piedi dell'altare nelle corbule vicino alla grande statua in legno di Sant'Antioco, dove don Edmondo l'ha benedetto. Alla fine della messa è stato distribuito gratuitamente, a piccole fette, a tutti. C'è stato invece un tempo in cui un vecchio parroco aveva quasi cacciato il pane cun pabassa dalla chiesa: «Non ha alcun senso», sentenziò, provocando malumore in tutto il paese. «Un senso ce l'ha, eccome», replica oggi Efisia. Il senso della devozione popolare, dell'attaccamento a una tradizione che unisce riti sacri e profani della civiltà contadina. «Anch'io ho cominciato a prepararlo per un voto, negli anni Settanta mio marito si ammalò di febbri maltesi. Pietro è guarito, non ho più smesso», racconta Maria Lugas, un'altra maestra. Nella sua casa, al confine tra i vicinati di Sa Panga manna e Pascasi 'e josu, impasta, prepara le piccole focacce, sforna un pane dietro l'altro. La sua fragranza riempie di profumi la stanza e il cortile. «Occorrono una buona farina e una lunga lavorazione. Nonostante la fatica mi piace farlo, è una gioia», dice con un sorriso. Alla Fiera di Cagliari, nei giorni scorsi, ha catturato l'attenzione di decine di visitatori, ammirati dalla preparazione delle focacce con l'uvetta, che ben pochi conoscevano. «Cosa mi dicevano? Che sono coraggiosa. Ma lo faccio volentieri, lo preparo ogni sabato».
UNA DOLCE DELIZIA Tuili si raccoglierà attorno al suo pane-delizia anche domani e domenica. Chiusi i riti religiosi, i più genuini e sentiti, per due giorni il centro con le vecchie case in basalto ospiterà la sagra de Su Pai arrubiu. È la sesta edizione, da quando il sindaco Antonino Zonca pensò di organizzare - insieme con la Pro loco - una festa per il prodotto che è un vanto per Tuili (e che potrebbe diventare il volano per nuove imprese artigianali e magari finalmente superare i confini della Marmilla e conquistare il posto che merita sulle tavole dei sardi). «È una forte tradizione per il paese, spero che i giovani capiscano che su pai arrubiu può avere un futuro, proprio perché unico», spiega il sindaco.
RICCO E SAPORITO Ciò che stupisce, ancora una volta, è come l'intraprendenza e la fantasia delle donne abbia trasformato sa promittenza , il voto, in un civraxiu dolce e gustosissimo, che proprio perché dedicato al santo delle guarigioni, doveva essere ricco e saporito. Perché come ricorda Efisia Vinci, il pane preparato e consumato nella cittadina di Sant'Antioco veniva considerato troppo povero nella Marmilla, dove grazie ai campi di grano e al lievito naturale, su frumentu , si producono eccellenti focacce. Ancora oggi nella piccola isola della costa occidentale sarda, in onore del santo martire, si prepara un pane azzimo, non lievitato, simile a quello che celebra la Pasqua ebraica e ricorda l'esodo dall'Egitto. «Mia mamma - ricorda ancora Efisia Vinci - era solita spargere un po' di zafferano con una penna di gallina sulle fette appena tagliate. Oggi si usa meno». Anche se alcune donne tuilesi preferiscono “colorare” l'impasto con un pizzico di oro rosso.
FRAGRANZA Su pai arrubiu è un piccolo tesoro gastronomico. Qualcuno lo chiama il panettone sardo, è forte anche la somiglianza con il pan dolce genovese. Ma questi civraxiu hanno in più la fragranza e la consistenza del buon pane sardo, da consumare però come un dolce, magari accompagnato da un moscato o una malvasia. Il sindaco Zonca racconta che il presidente della Provincia Fulvio Tocco ha trovato un pane simile in un paesino spagnolo, vicino a Madrid. Misteri delle contaminazioni, anche in campo alimentare. Intanto, domani e domenica Tuili accoglie i visitatori nelle stradine ben curate dove le bancarelle esporranno su pai cun pabassa . A forza di promozione e di sagre qualcuno comincia a crederci. Nel panificio di Ginetta e Luigi Cadeddu, il pane rosso non manca mai: «Siamo di Sanluri, il civraxiu lo sappiamo fare, ma questo pane lo abbiamo conosciuto solo qui, a Tuili. È davvero buono».
LE MAESTRE Le maestre Maria e Efisia ricordano di seguire i consigli di mamme e nonne: «Mi raccomando, uvetta e scorza d'arancia vanno aggiunte all'impasto solo alla fine della lavorazione». Sono pronte a fare scuola per tramandare la tradizione. Per devozione, per i voti che hanno rivolto tanti anni fa al santo, per le guarigioni passate e future. Ma anche perché sanno che su pai arrubiu - il pane per grazia ricevuta - è un tesoro che ha soltanto Tuili.
caravano@unionesarda.it
TUILI Farina di grano duro, lievito naturale, uvetta e scorza d'arancia. Per grazia ricevuta. O da chiedere. A Sant'Antioco, medico e martire che diede il nome all'isola scelta da fenici e cartaginesi. Quel santo faceva miracoli, guarigioni e altri prodigi. Le donne gli offrivano un pane propiziatorio ma Natalina decise che l'impasto andava arricchito. Erano gli anni Trenta, quasi un secolo fa. «Nell'impasto mia madre aggiunse l'uvetta e la scorza d'arancia, il pane povero diventò più ricco, su pai arrubiu , adatto a un santo a cui si chiedono ancora oggi miracoli», ricorda Efisia Vinci, la figlia di Natalina, una delle maestre del pane con l'uvetta di Tuili.
PANE DELLA FEDE Un civraxiu figlio della fede e della tradizione (e della passione delle donne del paese della Marmilla), un prodotto unico, delizioso, che non dovrebbe mai mancare in un paniere di dolci tradizionali, accanto a pardule, amaretti, gueffus. Invece raramente supera i confini di questo centro ai piedi della Giara, mille abitanti, che vanta uno dei centri storici meglio conservati di tutta l'Isola: una delizia che non si trova neppure a Barumini, Turri, Siddi, Villamar, Sanluri, figuriamoci a Cagliari.
Sono questi i giorni de su pai arrubiu , il pane che comincia a colorarsi di rosso quando uva passa e bucce d'arance si mischiano all'impasto di acqua e semola di grano duro, qualità Senatore Cappelli, il frumento dei nonni. Lunedì scorso - il terzo dopo Pasqua, così vuole la tradizione - il pane preparato dalle donne tuilesi è stato portato nell'antica chiesa di Sant'Antonio Abate e depositato ai piedi dell'altare nelle corbule vicino alla grande statua in legno di Sant'Antioco, dove don Edmondo l'ha benedetto. Alla fine della messa è stato distribuito gratuitamente, a piccole fette, a tutti. C'è stato invece un tempo in cui un vecchio parroco aveva quasi cacciato il pane cun pabassa dalla chiesa: «Non ha alcun senso», sentenziò, provocando malumore in tutto il paese. «Un senso ce l'ha, eccome», replica oggi Efisia. Il senso della devozione popolare, dell'attaccamento a una tradizione che unisce riti sacri e profani della civiltà contadina. «Anch'io ho cominciato a prepararlo per un voto, negli anni Settanta mio marito si ammalò di febbri maltesi. Pietro è guarito, non ho più smesso», racconta Maria Lugas, un'altra maestra. Nella sua casa, al confine tra i vicinati di Sa Panga manna e Pascasi 'e josu, impasta, prepara le piccole focacce, sforna un pane dietro l'altro. La sua fragranza riempie di profumi la stanza e il cortile. «Occorrono una buona farina e una lunga lavorazione. Nonostante la fatica mi piace farlo, è una gioia», dice con un sorriso. Alla Fiera di Cagliari, nei giorni scorsi, ha catturato l'attenzione di decine di visitatori, ammirati dalla preparazione delle focacce con l'uvetta, che ben pochi conoscevano. «Cosa mi dicevano? Che sono coraggiosa. Ma lo faccio volentieri, lo preparo ogni sabato».
UNA DOLCE DELIZIA Tuili si raccoglierà attorno al suo pane-delizia anche domani e domenica. Chiusi i riti religiosi, i più genuini e sentiti, per due giorni il centro con le vecchie case in basalto ospiterà la sagra de Su Pai arrubiu. È la sesta edizione, da quando il sindaco Antonino Zonca pensò di organizzare - insieme con la Pro loco - una festa per il prodotto che è un vanto per Tuili (e che potrebbe diventare il volano per nuove imprese artigianali e magari finalmente superare i confini della Marmilla e conquistare il posto che merita sulle tavole dei sardi). «È una forte tradizione per il paese, spero che i giovani capiscano che su pai arrubiu può avere un futuro, proprio perché unico», spiega il sindaco.
RICCO E SAPORITO Ciò che stupisce, ancora una volta, è come l'intraprendenza e la fantasia delle donne abbia trasformato sa promittenza , il voto, in un civraxiu dolce e gustosissimo, che proprio perché dedicato al santo delle guarigioni, doveva essere ricco e saporito. Perché come ricorda Efisia Vinci, il pane preparato e consumato nella cittadina di Sant'Antioco veniva considerato troppo povero nella Marmilla, dove grazie ai campi di grano e al lievito naturale, su frumentu , si producono eccellenti focacce. Ancora oggi nella piccola isola della costa occidentale sarda, in onore del santo martire, si prepara un pane azzimo, non lievitato, simile a quello che celebra la Pasqua ebraica e ricorda l'esodo dall'Egitto. «Mia mamma - ricorda ancora Efisia Vinci - era solita spargere un po' di zafferano con una penna di gallina sulle fette appena tagliate. Oggi si usa meno». Anche se alcune donne tuilesi preferiscono “colorare” l'impasto con un pizzico di oro rosso.
FRAGRANZA Su pai arrubiu è un piccolo tesoro gastronomico. Qualcuno lo chiama il panettone sardo, è forte anche la somiglianza con il pan dolce genovese. Ma questi civraxiu hanno in più la fragranza e la consistenza del buon pane sardo, da consumare però come un dolce, magari accompagnato da un moscato o una malvasia. Il sindaco Zonca racconta che il presidente della Provincia Fulvio Tocco ha trovato un pane simile in un paesino spagnolo, vicino a Madrid. Misteri delle contaminazioni, anche in campo alimentare. Intanto, domani e domenica Tuili accoglie i visitatori nelle stradine ben curate dove le bancarelle esporranno su pai cun pabassa . A forza di promozione e di sagre qualcuno comincia a crederci. Nel panificio di Ginetta e Luigi Cadeddu, il pane rosso non manca mai: «Siamo di Sanluri, il civraxiu lo sappiamo fare, ma questo pane lo abbiamo conosciuto solo qui, a Tuili. È davvero buono».
LE MAESTRE Le maestre Maria e Efisia ricordano di seguire i consigli di mamme e nonne: «Mi raccomando, uvetta e scorza d'arancia vanno aggiunte all'impasto solo alla fine della lavorazione». Sono pronte a fare scuola per tramandare la tradizione. Per devozione, per i voti che hanno rivolto tanti anni fa al santo, per le guarigioni passate e future. Ma anche perché sanno che su pai arrubiu - il pane per grazia ricevuta - è un tesoro che ha soltanto Tuili.
caravano@unionesarda.it
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