28.2.18

Dario Cicchero & Mauro Ciancone presentano Over the Line primo quindicinale sul mondo del rugby: la sua filosofia, le sue curiosità e su chi ci mette la faccia

Cazzeggiando fra le varie pagine a cui vengo invitato \ iscritto in automatico o ( come in questo caso)   che mi vengono segnalate via messanger dai contatti di facebook , ho visitato la  pagina  facebook  https://www.facebook.com/overtheline65/ ed il realativo  canale di youtube curati   da   Dario Cicchero  e    Mauro Ciancone .
Come  prima cosa    oltre  a  FAQ  ho cercato   il primo post  o una presentazione . ed  eccola  qui  
Dario cicchero   e Mauro Ciancone innsieme  alla  pagina  hanno  aperto il canale di  youtube di Over the line   di cui  trovate sotto   un video  . Un  << CANALE DEDICATO AI MONDI, ALLE STORIE DI UOMINI E DONNE, ALLE METAFORE E ALLE PASSIONI DEL RUGBY RACCONTATE DAI PROTAGONISTI:E" ALLA PAGINA FACEBOOK "OVER THE LINE >>
Insieme   alla  prima  puntata  

Esso  è  Un  “quindicinale”, “rotocalco” o meglio “documentario diffuso” sul mondo del Rugby, la sua filosofia, le sue curiosità e su chi ci “mette la faccia”, dedicato a chi questo mondo e questo gioco non lo conosce e vuole saperne di più e a chi lo conosce e vuole meravigliarsi ancora della sua bellezza. Insomnma  la loro  " missione  " si riassume in questo pensiero: <<  La nostra “meta” non è solo far conoscere il mondo del rugby ma far appassionare il maggior numero di persone ai mondi di passione che circondano tutti gli sport, soprattutto quelli considerati in modo errato “minori” >>

ottimo canale e ottima pagina fb che  dimostra che in italia non c'è solo calcio grazie a Dario Cicchero e a Mauro   Ciancone ed  alla  nostra  chiaccherata  che  trovate  sotto  alla  fine del  post   sto imparando a conoscere un sport bello e lontano dai media . Ma  soprattutto    sono riuscito grazie  ai loro  video  fin qui tramessi    a mandare  al diavolo   il  mio preconcetto   che  vedeva  rugby  uguale  fascismo  solo perchè  : 1)  è nato e  si svilupato  sotto il  fascismo ( I II  )   2)  è  tutt'ora  ,  anche se   si sta  sdoganando e prevale  il fary play ,viene usato insieme  alle arti marziali  come propaganda  dalla  nuova destra  o  destra  extraparlamentare 
da https://inducks.org/
Infatti  diciamo che  è   grazie  a loro   che     si è    completato in me  quel processo iniziato   , non so dire  quando  con precisone   , 🤔🙄 nel rivedere  l'ennesima replica  tv  di   :   Lo chiamavano Bulldozer  un film del 1978, di produzione italo tedesca diretto da Michele Lupo  con Bud Spencer, pseudonimo di Carlo Pedersoli (Napoli, 31 ottobre 1929 – Roma, 27 giugno 2016) . Anche  se    come  mi  fa  notare  Dario  uno degli autori  della pagina <<   il film di Bud Spencer se ricordo bene parla di Football Americano e non di Rugby, sono due sport completamente diversi, l'unica cosa in comune che hanno, ma neanche tanto quella perchè peso e dimensioni sono diverse, è la palla ovale e a grandi linee i pali e il tipo di campo, ma null'altro, lo spirito le tattiche di gioco e molto altro sono diversissimi per certi versi anche opposti, due esempi veloci nel rugby conta la squadra nel suo toto tutti sono indispensabili al gioco anche se uno solo arriva a meta, chiunque può andare a meta, nel football mediamente i ruoli sono molto "stretti" e non tutti vanno a meta "tatticamente", nel football ci sono due squadre nella stessa squadra (difesa e attacco) e spesso con antagonismo tra le due, poi 
nel futbool colpisci anche chi non ha la palla nel rugby è vietatissimo ecc... e parlando con chi ha avuto a che fare con i due sport in prima persona ti diranno che è piu simile la pallanuoto al rugby che il  footbal >> Ma " la spinta " decisiva è avvenuta quando ho riletto insieme a mia nipote acquisita questa storia di Marco Gervasio topolino 2737 ( foto sopra a destra )
Ora Secondo me , ed è questo uno dei motivi per cui mi è piaciuta e mi piace la loro pagina ed il loro canale , c'è oltre alla passione anche l'intento di questa di sdoganare il rugby dall'ideologia fascista e la relativa trasformazione in sport e basta . Questa mia tesi interpretativa   è smentita dagli stessi Dario  e  Mauro << il nostro intento non è quello di "sdoganare" il rugby ma di farlo conoscere e per un altro semplice motivo che non riteniamo il rugby uno sport fascista (e lo spieghiamo alla domanda 8 ) e non ne abbiamo mai avuto "notizia" da parte di nessuno di questo stigma verso il Rugby >>
  Infatti , rileggendomi sia  :  l'intervista  chaccherata  che trovate  sotto  con relativi approfondimenti bibliografici  ,   sia  rivdendo  la puntata  introduttiva  ( vedere   video )  in loro c'è    solo il nobile    l'intento di trasmettere cio' che la tv e la stampa fanno per il calcio ciò di cui parla la recensione di questo libro  di
scritto nel 1961 e per la prima volta pubblicato in Italia ,fatta   da questo articolo  del quotidiano la repubblica del 2011 e   da  cui  ho tratto  la  foto  centrale . 
Ma  soprattutto   molta  umiltà  cosa rara  di questi tempi   e  voglia   d'imparare  : << Ti dico subito che alle domande tecniche io non saprò risponderti, Mauro forse, anche quella sui film doc ecc io ho solo visto asini e sinceramente non ricordo neanche com'è anche qui forse lo potrà fare mauro lui è l'appassionato e quello che è nell'ambiente io sono quello che non capisce nulla e vuole conoscere questo mondo. In qualsiasi caso la nostra conoscenza su quello che chiedi alla 4 e alla 5 è quasi nulla o comunque superficiale e potrebbero essere domande che faremo noi a qualcuno della federazione o ad uno storico del gioco, a poi ci sarebbero anche il rugby a 7 (che se non sbaglio lo si gioca alle olimpiadi) quello in carrozzina, il tuch , il beac, lo snow e credo altri 😁>> . Ecco  l'intervista  chaccherata
come è nata questa idea ?
OverTheLine nasce dal ritrovarsi di due vecchi compagni di scuola dopo ben trent’anni di lontananza e di esperienze maturate in questo lasso di tempo, il rugby per Mauro e la narrazione di storie per Dario. Questo è stato l’inizio di un percorso di approfondimento per Mauro e di conoscenza per Dario, che dopo una riflessione e uno studio di fattibilità è diventato un progetto concreto dedicato a chi il rugby non lo conosce e a chi lo conosce ma vuole ancora meravigliarsi della sua bellezza, assumendo la forma di quello che noi definiamo “rotocalco video” o meglio un “documentario diffuso” a puntate. Lo abbiamo costruito senza mediare i contenuti facendo parlare i protagonisti, non solo giocatori e addetti ai lavori ma anche le mamme, i papà, i nonni e i parenti vari, i gestori dei locali in cui si respira rugby, “semplici” appassionati, giornalisti, persone di spettacolo e chiunque sia affascinato da questo mondo variegato di umanità: praticamente da chiunque ci “metta la faccia”.
in cosa consiste la filosofia del rugby ? 
Dalle interviste di OverTheLine è emerso che la filosofia del rugby è paragonabile ad un grande contenitore nel quale si trovano valori semplici e fondamentali come la condivisione, il rispetto dell’altro chiunque esso sia, l’altruismo, la perseveranza, l’impegno, l’amicizia, il sostegno, il rispetto delle regole, la generosità, l’aggregazione, la correttezza, l’inclusione.
Tra l’altro gli intervistati sottolineano il fatto di come nel rugby tutti sono protagonisti e nessuno gioca per se stesso e in particolar modo che la partita di Rugby non la si gioca contro ma insieme alla squadra avversaria, tutto questo permette di vivere una grande emozione.
 come mai in italia non ha un grosso seguito ? 
E’ necessario sottolineare innanzitutto che il Rugby ha un seguito proporzionato alla sua diffusione e alla sua pratica sul territorio nazionale. Da molti viene considerato uno sport di nicchia nonostante in determinati eventi come il Sei Nazioni, i test match autunnali e i mondiali abbia una copertura mediatica e televisiva importante che ne promuove l’immagine e il suo contorno colorito.
Per aumentare l’interesse e il seguito verso questo sport è necessario per prima cosa che aumenti il numero dei praticanti. Ciò sta accadendo, il rugby di base è in costante crescita e in questo contesto i nostri intervistati alla domanda “come creare interesse oltre il Sei Nazioni” hanno dato risposte interessanti ad esempio è emersa la necessità di applicare nuove politiche di sviluppo e di investimenti indirizzati alla base del movimento rugbistico italiano da parte della Federazione Italiana Rugby, la necessità di comunicare il rugby, parlare del rugby al maggior numero possibile di persone al di là dei media che ne parlano, quando ne parlano, principalmente in chiave di risultati e raramente ne raccontano il suo universo, la sua gente, i suoi valori.
secondo la voce rugby di wikipedia : << (... ) Ne esistono due varianti principali, differenziatesi nel Regno Unito alla fine del XIX secolo: il rugby a 15 o rugby union, disputato tra due squadre di 15 giocatori ciascuno, e il rugby a 13 o rugby league, con 13 elementi per squadra. Al di là delle differenze del numero dei giocatori, le due discipline hanno regole differenti e sono considerate indipendenti l'una dall'altra.(..) >> quale delle due viene praticate in italia a livello locale ?
Dal lontano 1823 anno nel quale le cronache riportano “l’invenzione” del gioco, il rugby ha subito profonde trasformazioni e ha assunto formule diverse. La veste più conosciuta e praticata in Italia è il rugby a XV con i campionati seniores Eccellenza, serie A, serie B, serie C1, C2 e i campionati giovanili dall’Under 18 a scendere.

Si praticano anche il rugby seven (7 giocatori) disciplina olimpica, la versione a 13 giocatori meno diffusa e altre particolari come il “Wheelchair Rugby” (Rugby giocato in carrozzina), il “Beach Rugby”, il “Touch Rugby” che si può giocare da 2 a 99 anni, poi esistono anche alcune molto particolari come lo “Snow Rugby” giocato sulla neve e il “Rugby Subacqueo” giocato in piscina.

 5)sempre wikipedia : << Dagli anni novanta in poi, con l'avvento del professionismo, molto è cambiato, tutto il sistema è finalizzato a creare giocatori professionisti di alto livello, i club si sono associati in franchigie, è arrivata l'attenzione mediatica e con essa esigenti sponsor, anche il regolamento si è adattato alle mutate esigenze favorendo sempre più la spettacolarità del gioco a discapito delle fasi statiche. Alcuni riti per addetti ai lavori sono venuti meno, ma lo spirito originario è rimasto immutato e accanto al professionismo permangono ancora molti club dilettantistici.>> in italia lasituazione qual'è ? 

Precisiamo subito che il rugby professionistico è strettamente collegato al rugby di base e cioè al dilettantismo, punto di partenza di tutto il movimento ovale che vive di volontariato, delle quote di iscrizione dei praticanti, di elargizioni e come l’alto livello ricerca continuamente sponsor e partner per finanziare ulteriormente le proprie attività (pur non avendo professionisti).
L’arrivo del professionismo ha permesso l’innalzamento del livello del gioco e delle performance dei singoli giocatori, gli atleti possono dedicarsi a tempo pieno alla pratica sportiva traendone beneficio per il loro rendimento personale, per il conseguimento dei risultati delle loro squadre e per la spettacolarità delle partite. L’alto livello è il naturale traguardo al quale ogni sport aspira e nel rugby, in Italia, è una situazione ancora fonte di dibattito sul modo di conseguirlo e sui metodi da applicare

6) Tra 
i film più celebri,
i documentari  
  • I giganti dell'Aquila: trasmesso da Rai Educational e RAI3, che racconta le imprese sportive e umanitarie dei professionisti aquilani di rugby a 15 dopo il terremoto
  • Liberi a meta: trasmesso da RAI3, che racconta le imprese sportive di una squadra di detenuti di un penitenziario italiano
  • DMAX Rugby Stories, dedicato alle piccole storie legate all'ovale
L'Animazione
All Out!! è uno spokon manga ambientato in una squadra di rugby a 15. Ha avuto una trasposizione anime nel 2016.

quale s'avvicina di più a vostri intenti ?
Come detto in precedenza l’intento è quello di far raccontare il mondo del Rugby in ogni sua forma, con punti di vista differenti, dal vissuto differente, partendo dalla quotidianità dei suoi protagonisti che siano essi coinvolti in prima persona o semplici spettatori.Nessun eroismo, nessuna santificazione, nessun atto unico e irripetibile ma tanta vita e passione per lo sport in genere e per il Rugby in particolare.


la filosofia , che giustamente volete far scoprire ( o riscoprire ) del rugby la si trova nel mini rugby o anche nel rugby " normale " ?
La filosofia di questo sport è uguale per tutti i rugbisti, per tutte le età, a tutti i livelli e per sempre (si spera). Si inizia nel minirugby ad assimilare i valori, si pongono in questa giovane età le basi per il futuro sportivo dei bambini e, senza presunzione, per la loro vita di tutti i giorni. Cosa importante poi è che questi valori arrivino alle loro famiglie per poi con piacere essere condivisi.Non ne abbiamo ancora parlato ma a livello sportivo la cosa più bella che dovrebbe trasmettersi a tutti gli sport è il comportamento del tifoso di rugby sugli spalti dove il terzo tempo (citando un appassionato intervistato) “inizia dal primo tempo della partita condividendo in modo allegro e spensierato la partita e qualche birra con i sostenitori della squadra che gioca con la tua squadra”.

 secondo voi il rugby è ancora uno sport fascista come lo era in origine oppure non lo è più come dimostrano  sia questo articolo de ilfattoquotidiano  sia  questo  video ?

Partendo dal presupposto che il Rugby è uno sport e basta ed è nato in college e diffuso subito tra i minatori e gli operai gallesi, scozzesi, irlandesi e inglesi, non è mai stato uno sport fascista non solo non lo è più, poi se uno afferma che in Italia si è sviluppato durante il fascismo è un’altra cosa, anche perchè come tutti gli sport a cominciare dal calcio, ma anche il nuoto, l’atletica e molti altri in quel periodo sono diventati “fascisti” e utilizzati per la propaganda piegandoli a valori non loro. Lo sport è una delle forme di espressione e solidarietà più importanti per il genere umano e va salvaguardato e considerato come portatore di sani principi morali. Citando il più vecchio club ad “invito” (selezione internazionale) i “Barbarians”: il Rugby è un gioco per gentiluomini di tutte le classi sociali, ma per nessuno sportivo cattivo di nessuna classe sociale. 
Incuriosito ancora  di più    da  questa  chaccherata    specialmentre   dall'ultimo punto  , cioè   il rapporto tra  il rugby ed  il fascismo      ho  fatto delle ricerche   ed  ho trovato questi   riferimenti interessanti  ed  utili ad  abbattere   il mio pregiudizio su questo  sport    molto affascinante   . Pregiudizi nati  dal fatto  del periodo storico  ( guerra  fredda , post   anni'60\70  ,anni di piombo  strategia della tensione  , tangentopoli  )   in cui ho vissuto  la mia infanzia   e i miei prim  20  anni   e  "lo scontro"culturale\ ideologico\politico di mio padre   e mio prozio  politica  extraparlamentare   e  mio nonno paterno ( fascista  della prim'ora ? , mio prozio anche  lui fascista  .

#ilprincipelibero ? UN #DEANDRE' DA SOFA'

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Mi  che   a quelli    che  è piaciuto   ill principe libero   si contano sulle dita  di una mano  e  soprattutto  sono  qui fans   fanatici    che non riesce  a  separare  l'artista   dalla persona  , ma sono abituati a  santini laici  e   agiografici . 
Oltre   a me  (  vedere   mio post  )   che l'ho iniziato ad  ascoltarlo   discograficamente    solo con le  nuvole  in quanto volevo allora a vevo solo 14 annie rifiutavo tutto quello che ascoltavano i miei matusa , a stroncare questo film ci sono anche ottimi critici musicali come del calibro di Gino castaldosu repubblica del 23 febbraio qui un estratto http://bit.ly/2Fqdsrb il resto è a pagamenti a pagamento )  e l'asciutta - ma   non per  questo - incisiva recensione   del sito lindipendente 
Infatti ecco un altra stroncatura da chi de andrè lo ha conosciuto benissimo , quasi quanto i suoi familiari , Matteo Tassinari.




                  Tanto rumore   per nulla




PER il "PRINCIPE LIBERO" targato RAI, ossia al tentativo grottesco, innaturale, paradossale ed esasperatamente caricaturale e parrebbe assai improvvisato nel gessato stile pravdiano del cavallo mazziniano in Roma, tentativo improbo di ricordare il più grande dei nostri cantautori in poesia. Per far cassa, come direbbe il mio amico Bibi Ballandi morto pochi giorni fa e che ricordo volentieri in questa occasione, far contanti, cash, dobloni, euro, dollari. Che domande? Certo che avrei desiderato
che Dori Ghezzi avesse avuto un po' più di voce in capitolo, magari intervenendo sul testo, assicurarsi che il ricordo della inquietudine (creatività, poetica) di Faber non fosse marginale o rimaneggiata, come nessuno ha voluto che fosse, forse moglie compresa. Volevano fare un bel santino di Fabrizio De André e Luca Facchini, il regista, che c'è riuscito in pieno. NON OSANDO, tanto lo sappiamo che Fabrizio non voleva essere e non era un Principe. Per quel che ne so io, non li sopportava i principi.
PERCHE'sarebbe stata una grande occasione stare fermi, lasciare tutto com'era. Non muovere paglia. Non proferir parola. Non abbozzare neanche l'idea. Nessuno avrebbe detto nulla, come qualcuno non si sarebbe accorto di niente. Che gioia l'ignoranza che vola tutta via. Adesso, quando una scolaresca avrà bisogno di vedere un film su De André, quale film andranno a prendere secondo voi? Si procede, andando avanti senza sapere nulla, almeno non gridiamo allo “scandalo” e inconsapevoli, stiamo tranquilli. L’inconsapevolezza delle anestesie sociali, è il male preferito dalle maggioranze, quello che garantisce un'immane Domenica delle salme che si ripete in stand by, come uno scudo per proteggersi dalle novità troppo potenti o forti, quindi plachiamo tutte le scintille del caso, quello che è poi avvenuto nel due sere. Meglio sarebbe stato aspettare un'occasione migliore, centrare un traguardo, una ricorrenza importante, ma così ci chiediamo anche il perché di questa messa in scena colossale, questo dispiegamento di forze, invece di abortire un papocchio dove Tenco sembrava un liceale, Villaggio ricorda involontariamente Fantozzi e il Principe Liberato è un Faber da sofà con accento romanesco che è una campana stonata, favellando col contagocce, mentre Faber, quando era in compagnia, parlava con la fluidità dei fiumi in piena.
E QUEL CIUFFO, quel ciuffo, esagerato. Alla Zanardi, doppipetto come fossero fruit of the loom, ancheggiamenti da belle epoquè. Una produzione Rai, una Tv generalista che deve cercare di mettere d’accordo il più alto numero di persone (utenti pubblicitari) verso un tipo di programma, ‘sta volta è toccato al Nostro. Loro non ci pensano già più. Parlo dei progettisti Rai, i capostruttura, hanno altre questioni per la testa. Nuove. Un Faber troppo Adone. E poi gente come Riccardo Mannerini, Pepi Morgia, Gian Piero Reverberi, Franz Di Cioccio, Nicola Piovani, Francesco De Gregori, Massimo Bubola, Mauro Pagani, ma dove erano? Ma la FdA (Fondazione, Fabrizio De André), aveva bisogno di soldi per lavori da fare e ampliare l'agriturismo dell'Agnata (nella foto) che è poi stato il sogno di De André negli ultimi anni. Ve lo dico, io. Ellade Bandini, il suo batterista, mi disse. “Fabrizio di cantare non gliene frega più nulla. Ora è molto preso dal suo agriturismo che sta costruendo a Tempio (L’Agnata, più precisamente) e quello è il suo futuro”, concluse lasciandomi un po esterrefatto e con
la testa di chi ha capito una cosa che non voleva sapere, figuriamoci capire. De André si stava lentamente ma inesorabilmente appassionandosi sempre più all'attività di agricoltore, accantonando sempre più e progressivamente, quella musicale.

Un De Andrèda Sofà
PERCHE' sarebbe stata un grande occasione stare fermi. Non muovere paglia. Non proferir parola. Non abbozzare neanche l'idea. Nessuno avrebbe detto nulla, come qualcuno non si sarebbe accorto di niente. Meglio sarebbe stato aspettare occasione migliore, invece di abortire un papocchio dove un Tenco sembra un liceale, Villaggio ricorda involontariamente Fantozzi e il Principe Liberato è un Faber da sofà con accento romanesco che suona come una campana stonata, favellando col contagocce, mentre Faber in compagnia era un fiume in piena. E quel ciuffo, quel ciuffo, esagerato. Alla Zanardi, doppipetto come fossero fruit of the loom, ancheggiamenti da belle epoquè. Una produzione Rai, Tv generalista che deve cercare di mettere d’accordo il più alto numero di persone (utenti pubblicitari) verso un tipo di programma, ‘sta volta è toccato al Nostro. Loro non ci pensano già più. Parlo dei progettisti Rai, i capostruttura, hanno altre questioni per la testa. Nuove. Un Faber troppo Adone.
SENTIMENTALISMO  ECCESSIVO


DE ANDRE' CON L'AMICO E POETA RICCARDO MANNERINI,col quale scrisse il suo primo
Concept-album: "Tutti morimmo a stento"

E POI PERSONE come Riccardo Mannerini (poeta) e col quale ha vissuto una decina d'anni in un monolocale dell'angiporto genovese, Pepi Morgia regista dei concerti grande amico, Gian Piero Reverberi grande compositore, Franz Di Cioccio batterista PFM, Nicola Piovani direttore d'orchestra, Francesco De Gregori (ma non era lui il Principe?), Massimo Bubola (cantautore), Mauro Pagani (polistrumentista) e molti altri, ma dove erano? Ma la FdA (Fondazione, Fabrizio De André), aveva bisogno di soldi per lavori da fare e ampliare l'agriturismo dell'Agnata (nella foto) che è poi stato il sogno di De André negli ultimi anni. Ellade Bandini, il suo batterista mi disse: “Fabrizio di cantare
non gliene frega più nulla. Ora è preso dal suo agriturismo che sta costruendo a Tempio (L’Agnata, più precisamente). Quello è il suo futuro”, concluse. Eravamo a Rimini nel '98 e la sera Faber s’esibiva al Palafiera. Era in tournè con “Anime salve”, quindi non mi sento neanche di imputare “Mammadodori” di aver accettato un prodotto marchiato e tipico della linea editoriale nazional-popolare della Rai. Accontentar tutti, per non dispiacere a nessuno. Un Principe recintato, quasi imposto, richiesto e circoscritto alla richiesta, nonchè delimitato a norma, regolamentato a dovere, svuotato di tutto il suo sapiente comporre, le sue lunghe nottate, le sue pennellate, i suoi facili entusiasmi per scontrarsi con la realtà beghina e ottusa come un mattone. Eppure questa grande lucida cognizione della superbia dei vincitori, invece che ispirargli rabbia e disperazione, innescava la sua grande forza narrativa dilatandone la spontanea dolcezza.


DE ANDRE' DURANTE IL PROCESSO A SASSARI
DOPO IL RAPIMENTO DURATO PIU' DI 4 MESI


NON alla RAI,Non al BISCIONE, e neanche a LA7


FABER non ha brevetti come non è mai stato così elitario, privilegiato, agganciato, prenotato a vita, ancorato, ai benefit dell'esistenza che non scelse mai. Da qui la valanga di tormenti in Fabrizio che non sono stati neppure delineati nello "Speciale" (alla Minoli). La vita genovese, saltata damblè! Piedi pari. I carrugi. Mannerini? Troppo riguardante il ricordo che dovevano aver pensato di lasciare di Faber, un ricordo manipolato, non realistico. De André era altra roba. Speriamo nella prossima occasione. Ma bisogna capire che non deve essere un prodotto Rai o peggio ancora del Bisicione, loro fanno dei "santini" e così non è! Nel senso che per quanto e come conosco Faber, vorrei confermare che di Faber, nel "Principe libero", c’è molto poco. Come si può dire che quello fosse Fabrizio De André? Il Principe Libero si fossilizza sui sentimentalismi didascalici, e lo spettatore non sente neppure il desiderio, la bellezza delle parole né tanto meno l’impulso verso la libertà, che De André con una pennellata ti descriveva una città. E' mancato il genio, l'estro. E' mancato il coraggio di osare, ma penso che non fosse nei programmi Rai, l'osare. 




Dulcinea del Toboso,io sono il tuo Hidalgo Passerà anche questa stazione...

Nel mio cluadicante  narrar

E’ QUESTA LA grave cosa dell’intera operazione: aver dato di Faber un’idea beghina, irreale, non all'altezza. La nel procedere in direzione ostinata e contraria. Non era così la poetica, la vita di De André, la sua fragilità inossidabile al punto che suo figlio Cristiano lo chiamava "il toro" per il suo carattere molto competitivo. Perché il De André dell’innocente Luca, è didascalico ma anche fuorviante. Ma questa è una responsabilità di chi ha voluto mettere sullo scranno più alto il cantautore più profondo che abbiamo mai ascoltato. E questo a me pesa. E sarei curioso di sapere l’opinione del “Principe”, ma quello è impossibile purtroppo. Il mistero delle emozioni accoglie ogni raziocinio, ogni calcolo, tutto il vortice d'orrore si tramuta in un acquazzone di quel venerdì alle 15,30 che iniziò improvvisamente a piovere forte (su questo tutti i vangeli, apocrifi e "ufficiali", sono d'accordo) quasi come a lavare l'onta della violenza umana, capace di ammazzare in Croce chi parlava d'amore proclamandosi figlio di Dio. Una Buona Novella, chissà quanto e come manipolata o "rimaneggiata". L’umanità di Maria in questa canzone trascende la sua divinità, come è vero il suo contrario. Nelle parole di De André, Maria diventa la madre di tutto abbracciando il sacrificio della sua vita stessa per un disegno destinato al libero pensare di ognuno.



Ma voi che siete a Rimini tra i gelati e le bandiere non fate più scommesse sulla figlia del droghiere


CONCLUDO, (per la gioia di tanti), azzardando nel mio claudicante narrar, che non sarei l'uomo che sono se non fossi cresciuto ascoltando le sue canzoni, le sue interviste, i testi letti e divorati, il suo bel volto, le note spesso in minore, musica sapiente, il suo stile, la personale storia, il rapimento, episodi di altri che Fabrizio ha fatto suoi vivendoli, da Riccardo Mannerini, al regista-concert di Faber, Pepi Morgia, fino a Cristiano e Dori, non potrei dire di essere ciò che sono. Mi sarebbe mancata quella forma d'anarchia che non trova risposta nei poteri istituzionali fino ad essere convinto che è vero, non esistono poteri buoni, ma solo poteri con molti zeri e tanti interessi singoli. Tante parole cangianti e nessuna scrittura, proprio come nei campi d'ortiche, ricordi tanti e nemmeno un rimpianto per chi è abituato a farsi piovere addosso, non è un problema. Faber è in un campo minato col suonatore Jones perché ha accompagnato per mano la vita di molti di noi e questo rende tutto molto soggettivo complicando le questioni alterando la passioni. Alla fine penso che siamo in troppi a tirare la giacchetta di Fabrizio. Molti non centrano, o sono di passaggio, mai ci mettono la faccia, mai. Se poi scrivi, ti beccano la minutaglia, e ti chiedono di quella. Dopo 'st'inutile sbornia di un liquore che non è del Mercante. Per quanto mi riguarda, penso di lasciarlo stare per un po. Gradirebbe.


Quindi  affermo  che   de  andrè  aveva prevvisto la  sua santificazione  ed  agiografia  che   come  mi sembra  di capire   ascoltando questa  sua  canzone  https://www.youtube.com/watch?v=m3ZGdzuvcws


Concludo facendomi come il sito lindipendente questa domanda #ilPrincipeLibero: c’era davvero bisogno di una fiction per raccontare #FabrizioDeAndré? SEPPINO DI TRANA.  ci  manca  solo    che vendano  uno  stronzo  e  lo spaccino  per una  cagata  di fabrrizio 

25.2.18

che strano paese l'italia stiamo tornando indietro e violando leggi . CARPI. «Le aziende hanno rifiutato la mia candidatura per uno stage perché sono musulmana e indosso il velo. Predicano che l’Italia sia un paese libero, ma non è così. E ho paura di trovare un lavoro: so già che sarò discriminata per la mia religione».

Se  il  velo    ( vari tipi  di velo https://it.m.wikipedia.org/wiki/Velo_islamico poi bisogna vedere quale usa la ragazza )   fossero proibiti in Italia  o  in Europa (  salvo un catone  svizzero , la francia  e  il belgio  )  niente  da  eccepire ha  violato  la legge  e   ne  paga le  conseguenze  ed  è giusto punirla e non tollerarla   come  sembra  dire nel  capitolo   sulla tolleranza   l'amico ed utente   criap  in una intervista  pubblicata  su  queste  pagine al suo  ultimo libro . Ma   qui   non lo  sono . Infatti  è pura  discriminazioni .Perchè le  suore  si    e  alcune donne ormai  quasi scomparso    nel suo significato   \  uso  quotidiano ed  usato come  abito  folkloristico   in Sicilia ed  in Sardegna  ( cedere   foto sotto  ) Infati  A parte qualche sporadica e isolata ordinanza municipale che ne dispone la proibizione punibile con sanzioni amministrative (vedi il caso di Novara[5]), indossare un velo integrale in Italia non è un reato.Coloro che si oppongono alla libera circolazione di donne con il viso velato si appellano all'art. 85 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (R.D. n. 773/1931) e alla legge n. 152/1975, il cui art. 5 (come sostituito dall'art. 2 della legge n. 533/1977 e successivamente modificato dall'art. 10, comma 4-bis del decreto-legge n. 144/2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 155/2005) recita: "È vietato l'uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. È in ogni caso vietato l'uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino. Il contravventore è punito con l'arresto da uno a due anni e con l'ammenda da 1.000 a 2.000 euro. Per la contravvenzione di cui al presente articolo è facoltativo l'arresto in flagranza."Sulla interpretazione della clausola "senza giustificato motivo" si è già espresso il Consiglio di Stato, che ha ritenuto la matrice religiosa e/o culturale un giustificato motivo per poter circolare indossando un niqab, un burqa, o un altro tipo di velo islamico che ricopra il viso.La ratio legis di questa norma, diretta alla tutela dell'ordine pubblico, è infatti quella di evitare che l'utilizzo di caschi o di altri mezzi possa avvenire con la finalità di evitare il riconoscimento. Tuttavia, un divieto assoluto vi è solo in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino. Negli altri casi, l'utilizzo di mezzi potenzialmente idonei a rendere difficoltoso il riconoscimento è vietato solo se avviene "senza giustificato motivo". Con riferimento al “velo che copre il volto”, si tratta di un utilizzo che generalmente non è diretto a evitare il riconoscimento, ma costituisce attuazione di una tradizione di determinate popolazioni e culture. In questa sede al giudice non spetta dare giudizi di merito sull'utilizzo del velo, né verificare se si tratti di un simbolo culturale, religioso, o di altra natura, né compete estendere la verifica alla spontaneità, o meno, di tale utilizzo. Ciò che rileva sotto il profilo giuridico è che non si è in presenza di un mezzo finalizzato a impedire senza giustificato motivo il riconoscimento. Secondo altra e diversa corrente di pensiero il "giustificato motivo" non può rivenirsi "negli usi e consuetudini" quando esse siano "contrarie alla legge" (usi "contra legem") e quando, soprattutto, siano consuetudini non italiane, quindi non locali. Inoltre la libertà religiosa (costituzionalmente garantita) qui non può essere invocata, poiché il Corano non impone letteralmente di coprire integralmente il volto della donna (a cui impone un abbigliamento "morigerato"), ecco perché infatti solo in alcuni Paesi islamici (una minoranza) e non in tutti si usa il velo integrale.Il citato articolo 5 della legge n. 152/1975 consente nel nostro ordinamento che una donna indossi il velo per motivi religiosi o culturali; le esigenze di pubblica sicurezza sono soddisfatte dal divieto di utilizzo in occasione di manifestazioni, e dall'obbligo per tali persone di sottoporsi all'identificazione e alla rimozione del velo, ove necessario a tal fine. Resta fermo che tale interpretazione non esclude che in determinati luoghi o da parte di specifici ordinamenti possano essere previste, anche in via amministrativa, regole comportamentali diverse incompatibili con il suddetto utilizzo, purché ovviamente trovino una ragionevole e legittima giustificazione sulla base di specifiche e settoriali esigenze.La Giunta della Regione Lombardia ha modificato il regolamento di accesso alle strutture regionali e agli ospedali vietando espressamente l'ingresso a chi si presenta (in generale anche indossando abiti come burqa e niqab) con il volto coperto, motivo per il quale potrà essere respinto. "Fratelli d'Italia", ha annunciato la presentazione di un'interrogazione analoga a Palazzo Marino «per chiedere di impedire l'ingresso negli edifici ed enti comunali alle donne islamiche con velo integrale, come il niqab o il burqa».Va precisato, però, che in sede giurisdizionale il Consiglio di Stato ha solo funzione di tutela nei confronti degli atti della Pubblica Amministrazione. In particolare il Consiglio di Stato è il Giudice di secondo grado della giustizia amministrativa, ovvero il Giudice d'appello avverso le decisioni dei TAR, e nella sentenza richiamata si annullò un ricorso avverso decisione del TAR sostanzialmente per motivi di merito procedurale e gerarchico.Rimane stabilito peraltro (Sentenza TAR Friuli Venezia Giulia n. 645 – 16.10.06[9]"che a prescindere dai singoli casi concreti in cui ogni agente di pubblica sicurezza è tenuto a valutare caso per caso se la norma di legge possa o meno ritenersi rispettata, un generale divieto di circolare in pubblico indossando tali tipi di coperture può derivare solo da una norma di legge che lo specifichi (allo stato attuale non esistente), il che è tra l'altro in linea con le implicazioni politiche di una simile decisione.".

Risultati immagini per velo sardo

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prese  da  google immagini  come la precedente  per  chi ne  volesse   alter e può cercare  1)  sul mio facebook   l'album fotografioc   sagra  di sant Efisio 2)  ilmio post  della  pasquestta  dell'anno scorso 



per  chi ne  volesse   alter e può cercare  1)  sul mio facebook   l'album fotografioc   sagra  di sant Efisio 2)  ilmio post  della  pasquestta  dell'anno scorso  


 Ma  purtroppo    qui vige  ill becero  populismo   alla Borghezio



e  alla  Salvini  rispetto  al resto d'Europa  e l'assenza  di laicità
  ecco  una carrellata  di   commenti  🤐😣😖🤯🤮👹☠🌩🌪💨🔇🔞❗‼🗯💬💭presi dalla pagina fb  di geolocal   da  cui  preso l'articolo    riportato sotto  di    che  si  trovano  sempre  più spesso non solo nei bar  ma  anche  in commenti  web   e  social   agli articoli di cronaca  e non    quando   si  parla  di queste cose


Luciano Breda Per non essere esonerata basta stare senza il velo e tenere la religione dentro di noi quella nessuno te la può togliere vedi quello che fa del bene non se lo fa scrivere in fronte e ne meno quello che fa male ,non so se mi sono spiegato
Graziano Trainini Può sempre andare a fare tirocinio ad Istambul, città ( e paese ) dove non c' è discriminazione e la democrazia vige e vegeta stupendamente.
Franca Calbi Hanno fatto bene, se non vi va bene la nostra cultura tornate tutte a casa vostra li potete mettere tutti i veli che volete
Antonella Gambella Integrazione così si chiama ma non è detto che dobbiamo integrarsi noi è accettare la vostra cultura sei in un paese che non porta il velo integrati tu E non portarlo se questo ti crea discriminazione. ..io personalmente non tollero neanche le suore pur essendo Cattolica sono ridicole esattamente come voi
Milena Tirelli Integrazione è quando uno straniero impara e accetta usi e costumi di chi lo ospita!!
Viviana Lai Ma se andiamo nel vostro paese possiamo andare in giro con una minigonna e top?

Mascia Luisetto Ci avete rotto x davvero.....

Venite qui' e pretendete le cose c ci appartengono.alle vs.maniere ed idee.Nn sono razzista(o forse si...) ma mai come ad oggi dico: PRIMA IO,PRIMA LA MIA FAMIGLIA,PRIMA LA MIA GENTE,PRIMO IL MIO PAESE.Voi se volete entrate ma rispettate noi ee ns.regole.

Lucia Mazzon Ti rifiutano anche per molto meno.e non è razzismo.bastaaa!!!!uno può decidere quello che vuole???? Gestire Mi piaceRispondi2 h
Claudio Lugari Nessuno di voi che avete fatto dei bellissimi commenti è mai andato all'interno di paesi in Sardegna e Sicilia? Beh li le signore vanno in giro con il fazzoletto o velo in testa e va bene
Norma Porti Avere un lavoro è una fortuna, adeguarsi alle regole è indispensabile non una scelta...
Massimiliano Nicolai Vedi tu, se è più importante il velo o il lavoro. Prova in Arabia.....
Emanuela Mastratisi Hanno fatto bene...sono loro che devono integrarsi e adeguarsi non noi...
Claudio Driussi 20 anni fa ci sarebbe stata più tolleranza, ora sono tutti più arrabbiati, e ragioni ce ne sono. Mi stupisce questo stupore.
Andrea Santoru Vuoi star qui?stai come noi!!!44
Matteo Ferrarini Bene, tornatene a casa tua.
Alberto Altavilla Giusto così!👍👍👍
Massimiliano Vannucchi Hanno fatto bene! Prima noi!!
Rispondi3 h
Virginia Uggé Se non si accettano le regole del paese non si vive.in quel paese....
Mirko Gastaldello Prova ad andare in giro coi calzoni corti da loro
Pierluigi Pvincipe DI Sabatino E quale sarebbe il problema?
Gianluca Egidi Togliti il cappuccio e lavori
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CARPI. «Le aziende hanno rifiutato la mia candidatura per uno stage perché sono musulmana e indosso il velo. Predicano che l’Italia sia un paese libero, ma non è così. E ho paura di trovare un lavoro: so già che sarò discriminata per la mia religione».



















CARPI. «Le aziende hanno rifiutato la mia candidatura per uno stage perché sono musulmana e indosso il velo. Predicano che l’Italia sia un paese libero, ma non è così. E ho paura di trovare un lavoro: so già che sarò discriminata per la mia religione».
A parlare è una giovane tunisina, che preferisce rimanere anonima. La studentessa, quando, durante gli studi alle scuole superiori è stato il momento di stabilire in quale azienda avrebbe frequentato lo stage, non sapeva che si sarebbe trovata di fronte a un’odissea. La giovane parla benissimo l’italiano e sogna un futuro nel mondo del marketing. Un futuro che vede tinto d’incertezza perché «se sono stata discriminata a questo livello a scuola, figuriamoci nel mondo del lavoro, con la competitività che regna, per giunta».
«Vedevo che tutti i miei compagni, chi addirittura due settimane prima della data di inizio dello stage, sapevano in quale azienda avrebbero frequentato quel periodo di una ventina di giorni che consente di impratichirsi con il mondo del lavoro - prosegue la studentessa - Io, invece, non ero ancora stata convocata per sapere i dettagli del mio periodo fuori da scuola, in azienda. Non mi avevano detto nulla, quindi, man mano che il tempo stringeva, ho avvicinato la prof responsabile del progetto e le ho chiesto perché gli altri fossero già stati avvisati e io no. Lei, non senza imbarazzo, mi ha risposto: “È il fatto del velo”. Io, inizialmente, non ci potevo credere. Ero tranquilla, non pensavo che ci fosse quest’eventualità... L’essere rifiutata per un’usanza della mia religione. Evidentemente ero troppo fiduciosa. A quel punto, mi trovavo a un bivio: se scegliere di fare lo stage in segreteria a scuola, ma quella mi sembrava una strada poco appetibile, oppure mettermi d’ingegno a cercare altro. Ho scelto la seconda possibilità e fortunatamente ho trovato una cooperativa sociale di Carpi che mi ha consentito di sperimentare la gioia del fare lo stage. Sono andata lì, quindi, ancora meravigliata per avere fatto così fatica a trovare qualcuno che mi aprisse la porta. In fondo, si trattava di una ventina di giorni, neanche un mese. Che danno avrei potuto arrecare alle aziende in cui avrei potuto muovere i primi passi del mio futuro, per capire meglio cosa voglio fare da grande? Non credo che per le ditte sarebbe cambiato qualcosa se mi avessero visto con il velo. Evidentemente c’è chi la pensa in modo diverso».
Questa studentessa ha due fratelli e vive a Carpi insieme ai genitori.
«Sono sicura che la fatica che ho provato per trovare un soggetto che mi facesse fare lo stage non sia che un assaggio in vista del mio futuro lavorativo - continua la studentessa - Non oso immaginare la quantità di porte che troverò chiuse di fronte a me. Vedo poche alternative, se non rimanere chiusa in un magazzino o svolgere mansioni poco qualificanti. Il mio sogno sarebbe affermarmi nel mondo del marketing. Non so se in Italia sarà possibile. E, d’altra parte, io sono musulmana: non voglio rinnegare la religione in cui credo perché qui non viene tollerata».
Questo caso ha creato grande scalpore fra le coetanee musulmane. Sono numerosi, infatti, gli episodi di discriminazione. «Secondo la Costituzione dobbiamo essere tutelati, perché l’indossare il velo è un modo per rappresentare all’esterno la nostra fede religiosa. Spesso non siamo capite».



Quindi i commenti sopra riportati posso definirsi privi di ogni ragionament alla ...... come le chiacchere da bar . E ve lo dice uno che : 1) è contro l'obbligo diretto ed indiretto sia che sia cattolici \ cristiani sia che siano mussulmani . 2) sono per vietare il Burqa: per lo più azzurro, con una griglia all'altezza degli occhi, copre interamente il corpo della donna. Tecnicamente, assolve le funzioni del niqab e del khimar.) vedere url sopra riportato ) .  E poi se proprio sono  contro  il  velo \  veli  perchè invece  d'insultare  con  espressioni vicine alrazzismo e   ala  xenofobia   non  fanno  pressone  sui nostri politicanti di destra  perchè rendano  più  chiara  la legge italiana  su tale uso  (  vedere  sopra  )  concludo   ripsondendo  ad  alcuni miei commenti  che   ha  provocato   (  lascio  l'url   perchè  credo che continuerà ) la  discussione   derivata  da   tale post   sulla mia bacheca  fb  


*****   Che c'entra il velo sardo da quello islamico ?????

Giuseppe Scano Era una provocazione contro gli islamfobici che parlano di nostre tradizioni dimenticando che anche nel sud  d'italia   Sardegna compresa  (  era relegato solo   alle festività  religiose  ,  alla vedovanza  ,   quasi  scompoarsa  salvo al centro   e  in certe  zone  del nord  )  abbiamo avuto fino a 40 anni fa il velo .simile a quello islamico in quanto mediato dai bizantini secondo alcuni dagli catalano /aragonesi e poi spagnoli che lo appressero dalla dominazione araba dell'Andalusia  
*******Il viso si vede, poi per le sarde era costume e non obbligo, era però legato alla religione in effetti, ma dentro la chiesa, fuori non era un obbligo come già detto.Era spesso segno di lutto. Da tempo lo usano ormai solo le vecchie.Per me il paragone non regge, poi non so.Gestire

Vero   . https://it.wikipedia.org/wiki/Velo_islamico . Per  quanto  mi hann raccontato   i miie nonni  paterni ( Galluresi )    e queli Materni (  barbagia  \  campidano  )  in chiesa    era obbligastorio   , e se  avevi un lutto  o nelle feste  religiose    e secondo alcuni paesi   sempre  .  Non c'era  l'obbligo diretto   e di legge  come  in Iran (  infatti appoggio la  rivolta  dele donne iraniane  )  o  ultimamente   altri paesi del medio oriente  , ma  un  imposizoione  culturale  almeno  fino    al dopo  guerra  specialmente  nell'interno

non so che altro dire     alla  prossima

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