Noi continuiamo a parlare, a mettere fiocchi rossi e segni in faccia. E loro continuano a morire. Si chiamava Vanessa Ballan, aveva 27 anni
Quando, un anno fa, Vanessa decide di troncare con Bujar e raccontare tutto al compagno, Nicola non sbatte la porta, non si lascia prendere dall’orgoglio, non cerca l’amante per regolare i conti. Fa quello che fa un uomo che ama una donna: le resta accanto. E lo fa, soprattutto, nel momento più difficile quando la rabbia di Fandai si trasforma in violenza pura: stalking, aggressioni, minacce di morte. Quando Vanessa, in lacrime, confessa il dramma che sta vivendo, Nicola si presenta con lei per ben due volte a denunciare il suo persecutore, prima dai carabinieri e poi in procura. Anche se non basterà a salvarle la vita.È ormai l’ottobre scorso. Qualche mese dopo Vanessa resta anche incinta del secondo figlio, la vita riprende, va avanti in una qualche forma di normalità. Fino alla mattina di martedì 19 dicembre, quando Nicola, allarmato dai silenzi di Vanessa, corre a controllare a casa, trovandosi di fronte una scena di indicibile orrore e il corpo di sua moglie riverso nel sangue.Questa è anche la storia di un uomo e di un maschio non tossico, capace di amare e perdonare come gesti simmetrici, a cui resta un figlio di 4 anni che crescerà senza una madre ma con davanti a sé l’esempio di un uomo (davvero) forte, per parametri lontanissimi da quelli che ci hanno sempre spacciato. Questa è la dimostrazione che non bisogna mai generalizzare. Ci sono moltissimi uomini perbene a cui non viene neanche in mente di colpire le donne. Chi lo fa probabilmente è cresciuto in un ambiente malsano, senza ricevere i giusti valori. Non è ovviamente una giustificazione ma il rispetto si impara soprattutto in famiglia
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