Victoria, Lauren, Dawn, Mary. Tenetele a mente. Non dimenticatele.
Ripetetele in continuazione, come un mantra, anzi, come un Rosario. Ripetetele,
con quei loro nomi evocativi e luminosi: Vittoria, Laura, Alba, Maria. Più
semplici e antichi come le pietre. Loro, però, erano giovani e belle, e tali
resteranno per sempre. Victoria, 27 anni, e Lauren, 30, erano insegnanti, Dawn
ne aveva 47 ed era preside; Mary, 56 anni, svolgeva la sua professione sempre
lì, all'interno di quella scuola, la Sandy Hook di Newtown dove, assieme a
venti bambini, i "loro" bambini, hanno trovato la morte.
Sono state falciate dalla mitragliatrice di Adam Lanza, 20
anni, armato fino ai denti, che, prima di trasformarsi in Erode, era già stato
matricida. Victoria è riuscita a mettere in salvo tutta la sua classe: poi è
rimasta sola, sola davanti al Male. Ormai tutto era compiuto.
Come stridente anche quel nome, Newtown, dove invece si è
consumato un olocausto arcaico, affondato nella notte dei tempi. Il sacrificio
di donne e bambini in pasto al "dio delle armi", come correttamente
l'ha denominato Vittorio Zucconi su "Repubblica"; in un Paese, gli
Stati Uniti, dove l'assassino - sempre un maschio, annota ancora Zucconi,
sempre bianco, "che impugna quel moltiplicatore della propria virilità"
per trasformarlo "nel padrone della vita e della morte" - può
acquistare un arsenale al supermercato, dove le lobby dell'industria di morte è
in grado di determinare le fortune o le sconfitte d'un candidato alla
Presidenza. Nulla di "inspiegabile" nel folle e sacrilego gesto,
dunque, al contrario di quanto asserisce ipocritamente la stampa asservita e
potentissima di quei luoghi.
Ma lasciamo ad altri le analisi psico-sociologiche della
tragedia, ad altri le speculazioni sul delirio omicida (e suicida) d'un
disgraziato. Di lui e dei suoi emuli (in Oklahoma, nelle stesse ore, un altro
maschio bianco stava accingendosi a compiere una strage simile, fortunatamente
bloccato in tempo) ci si deve certo occupare così come delle mani assassine che
l'hanno armato, e di cui conosciamo bene l'identità. Non è però su di lui che
devono accendersi i riflettori del cuore. Il male assoluto resta oscuro,
materia vile. Resta niente. Chi splende, chi ha creato davvero una Città Nuova,
sono quelle martiri: forse per loro, inconsapevolmente, venne intonato quel
canto: "Cieli nuovi e terra nuova". La terra è ancor vecchia, invece;
vecchia finché continuerà a prevalere la logica della forza, dell'asservimento,
del predominio sull'essere umano, del denaro. Per ora, solo i cieli sono nuovi,
e per questo le hanno accolte, tutt'e quattro, in alto, ed esse sono andate a
irrorarli. Ma qui, qui hanno lasciato un corpo, un corpo d'intatto splendore,
occhi aperti, fame di vita. Volevano vivere, e continuavano a farlo,
normalmente, come tutti i martiri e le martiri. Non avevano "naturalmente
coraggio" (A. Manzoni); avevano un senso. Quante volte, nei miei
interventi, ho usato questa parola. Sì, senso, perché senza quest'ultimo la
vita non è nemmeno esistenza. Non lo era, infatti, quella di Adam Lanza, che
per motivare il suo nulla ha dovuto tramutarsi da dio alla rovescia, sfogando
la sua inutilità sui suoi simili (sulle sue simili) che non sopportava fossero
migliori di lui. Invidia d'un frustrato, d'uno sconfitto. Invidia d'un senzadio.
Victoria, Lauren, Dawn, Mary si sono date così, senza volerlo e senza saperlo,
in modo del tutto irriflessivo perché spontaneo: il senso era diventato in loro
una seconda natura. Erano insegnanti, erano madri: non nell'accezione corriva e
sminuente conferita a questo sublime termine dalla vulgata maschile, non perché
biologicamente avessero tutte partorito, ma per quell'empatia, per quell'identificazione
dell'altro non come nemico, ma come Sé. Veramente hanno amato il loro prossimo
come sé stesse, anzi di più.
Erano insegnanti. Lasciavano cioè un "sigillo"(tale
l'etimologia del vocabolo) nei loro alunni e alunne. Erano educatrici. E-ducere,
tirar fuori. Aprivano le giovani generazioni al mondo, al rispetto delle
diversità. Portavano la speranza in quella "terra nuova" ancora
impreparata ad accoglierle. La reazione del mondo ottuso e vecchio non si è
fatta attendere. Il miracolo va spento sul nascere. Perché non ci si accorga
che non è un evento straordinario, ma è, dovrebbe essere, la normale cifra
delle nostre vite.
Ripetiamo insieme i nomi di quelle martiri. Ne scaturirà una
forza di pace. Non lasciamole raggelare in foto che sbiadiranno. Non
permettiamo che la loro luce, il senso della loro piena umanità venga
annebbiato, sui media, sul web, soprattutto nelle nostre menti, da altre
figure, immagini caricaturali di femmine incapaci di diventar donne, e a cui
noi prestiamo, di solito, molta attenzione, foss'anche per esecrarle.
Ringraziamo Dio per essere padre e madre e per averle create donne, per aver
creato le donne. Ma chiediamo perdono, se perdono può esistere, per
quest'ennesima blasfemia nei confronti della vita autentica.
Nessun commento:
Posta un commento