Roberta, mamma di Totò: "Vi raccontiamo l'autismo per sentirci meno soli

repubblica  del 29\4\2017

na pagina Facebook e un libro in cui spiega la quotidianità fra dolore, speranza e meraviglia: "Ci mettiamo a nudo per dare forza ad altre famiglie e combattere ignoranza e pregiudizi"
di MICOL LAVINIA LUNDARI





BOLOGNA - "Non mi sono mai vergognata di avere un figlio autistico, nonostante il dolore continuo. Stentavo a reggermi sulle gambe, ma la testa e le spalle non si sono mai piegate. Ho cercato ogni momento di tenere lo sguardo alto e ben proiettato verso il futuro". Quella di Roberta, Beppe e il piccolo Antonio, 4 anni, per tutti semplicemente Totò, è una storia di dolore, di sguardi e di futuro. Una famiglia di Comacchio felice come lo possono essere tutte le giovani coppie che desiderano ardentemente un figlio, che arriva e riempie di emozioni la vita. Ma un giorno fra i giocattoli di Totò si insinua uno spettro che Roberta conosce bene, per studi e lavoro. Ha un nome che genera sconforto e paura: autismo.
Roberta Buzzi coglie i sintomi prima di tutti, e in lei comincia a scavarsi una voragine. A preoccuparla sono gli sguardi di Totò che non si posano su di lei, il nome in cui il bimbo non si riconosce. Sono poi gli sguardi eloquenti di un'ostetrica e della pediatra che le lanciano definitivamente un macigno sul cuore: la certezza di aver capito bene.
Beppe e Totò in spiaggia


"Di fronte a una situazione così o ci muori o l'affronti", dice oggi con gli occhi che ridono Roberta, 34 anni. Il suo è un mondo dipinto di blu, il colore della lotta all'autismo: blu il braccialetto dell'Angsa (associazione nazionale genitori di soggetti autistici), blu il nastrino al polso, la matita per gli occhi e i riflessi madreperlati degli orecchini. E Roberta, assieme al compagno Beppe, questa situazione ha deciso di affrontarla di petto, di aggredire la vita e riempirla di stimoli per Totò. Ha vestito i panni di una mamma "guerriera", come le ha scritto un giorno Beppe. Una definizione che incontrando questa giovane donna così tenace risulta così vera da sembrare cucitale addosso.
Ma nulla è semplice e non lo è mai stato. La conferma che Antonio era un bimbo autistico è stata una bomba a mano buttata all'interno di una famiglia. Un dolore fortissimo, una nube costante di sensi di colpa e di domande che non troveranno mai una risposta, il rapporto di coppia seriamente minato da troppi silenzi, troppa fatica. Persino il desiderio di annullarsi, di fronte a quella strada tracciata che è molto più accidentata di quanto mai si potesse ipotizzare di fronte a una nuova vita. Oggi Roberta trova la forza di raccontare tutto, di mettersi a nudo. Lo fa tramite una pagina Facebook, "Vi Raccontiamo L'autismo RobertaBeppe", e un libro, "Dolceamaro" (edizioni Il Fiorino), già reperibile online e presto in molte librerie, anche a Bologna.
"Quando ho aperto la pagina Facebook, a ottobre scorso, non avevo l'intenzione di insegnare nulla a nessuno, anche perché ogni autismo è diverso e presuppone diversi percorsi. Io e Beppe l'abbiamo fatto perché crediamo nella condivisione come strumento per abbattere i pregiudizi, perché ci sono troppe famiglie nelle nostre condizioni senza risorse economiche ed emotive. Occorre avere il coraggio di chiedere aiuto". Un coraggio che a Roberta e Beppe all'inizio è mancato. L'istinto, subito dopo la diagnosi (Totò aveva meno di due anni), è stato quello di chiudersi a riccio, di lasciare il mondo fuori. Di smettere di frequentare il parco giochi, la ludoteca, di non affrontare gli sguardi interrogativi o di pietismo degli altri. Ma sarebbe stata una fuga dalla realtà senza via d'uscita e che non avrebbe lenito il dolore né costruito nulla di utile per Antonio.

La famiglia di Roberta
 
Nel libro Roberta ripercorre tutta la sua vicenda, che non è universale ma sicuramente molto simile al travaglio di altre famiglie. I dubbi, la drammatica certezza, il rincorrere e incastrare medici, terapie, percorsi psicoeducativi, affollando la quotidianità di scadenze cucite addosso a Totò. Racconta le sue ansie di mamma e anche la solitudine provata troppo a lungo, l'incapacità di parlarne apertamente persino con Beppe. E poi la rinascita, la consapevolezza che Totò poteva fare (e ha fatto) passi da gigante, la gioia di piccoli gesti attesi per mesi, come quello di uno sguardo che finalmente si posa o di un dito indice rivolto verso un oggetto.
"Questa è ormai la mia ragione di vita. Combatto per noi e per tutte le altre famiglie come la nostra". Una battaglia continua, spiega Roberta, contro un mix letale fatto di burocrazia, ignoranza e pregiudizi. Se Roberta ha deciso di raccontare la sua quotidianità (fra scivoli e tagli di capelli) sulla pagina Facebook è anche per cercare di rendere più comprensibile l'autismo a chi non l'ha mai intrecciato: così chi incontra Totò al parco sa che non è maleducazione o un capriccio il suo tentare di saltare la fila per essere il primo a scendere dallo scivolo: è il suo entusiasmo a guidarlo. Per lei è stato catartico il poter mettere nero su bianco sentimenti e speranze, ma si è interrogata se fosse giusto esporre in questo modo Totò, rischiare di etichettarlo per sempre come "il bimbo autistico di Comacchio". La speranza di Roberta e Beppe è che far conoscere l'autismo possa servire a renderlo meno spaventoso abbattendo così i pregiudizi che ancora resistono.
Roberta a testa in giù e il piccolo Totò

Su Facebook c'è una foto di Antonio che bacia la sua mamma mentre Roberta come una bimba penzola a testa in giù da una giostra. E' probabilmente la sintesi migliore del percorso verso la consapevolezza e la felicità di questa famiglia semplice ma determinata: ribaltare il punto di vista, scacciare la paura, guardare a quello che c'è di buono e meraviglioso e rimboccarsi le maniche perché si possa moltiplicare. Ridurre il dolore - che mai si cancellerà, ammette Roberta con franchezza - a un accidente che non si può eliminare, ma sovrastarlo di meraviglia per ogni piccolo grande progresso di Totò. E guardare alla vita con occhi nuovi.rigogliosi paesaggi inattesi dietro una curva.
"Quanto dolore a chiudere gli occhi. Per troppo tempo ho visto solo quel che non c'era e non ho visto quel che c'era", scrive Roberta online, felice oggi di poter dire che "il nostro bambino è sereno, ed è quello che speravamo". "Il dolore è stato ed è ancor oggi forte e non potrebbe essere diversamente, ma nonostante tutto mi sono sempre rifiutata
di pensare, anche per una sola volta, di pretendere che mio figlio fosse diverso da com'è, perché se fosse diverso non sarebbe più il mio piccolo Antonio". Un messaggio che Beppe e Roberta lanciano alle altre famiglie di bimbi autistici, perché "soltanto chi cammina con le tue stesse scarpe, conosce davvero come ci si sente su quella strada tortuosa e piena di avvallamenti e di insidie". Ma anche di rigogliosi paesaggi inattesi dietro una curva.





rigogliosi

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