ricordare il passato non è solo anticaglia o nostalgia ma serve per capire chi siano e dove siamo ed dove andremo


Nessun testo alternativo automatico disponibile. Lo   so che  ,  solo i  link sopra     dovrebbero  costituire la  risposta   ,   a  chi   mi  dice  : <<  perchè perdi tempo  con  queste  cose  nostalgiche  e  con  queste  "  anticaglie  " , ecc >> , ma voglio rispondere  lo stesso  . 
Quelle storie   nel bene e nel male  (  cosi  come le  arti  ) non sono solo polverose   anticaglie   o resti di un passato   inutile . Ma vita Esse ci parlano    di  : sogni  , speranze   passioni ,  sentimenti  .  Per    questo   dobbiamo  evitare  che  cadano   nell'oblio  ,  che  siano offese  e  strumentalizzate  ideologicamente  perchè , , ora    per  via   diretta , ma  poi quando i protagonisti non ci saranno più   per  via  indiretta    continuano    se  coltivate   e  ricordate   tenute  vive  a parlarci  e    a guidarci ed  a  (  come  ho detto nel  titolo) capire  chi siano  e  dove  siamo ed    dove  andremo .
 Infatti storie come queste Al di la' di tanti revisionismi e di tanti appelli a denigrare la Resistenza (  era una guerra guidata dai comunisti , ecc   )  in quegli anni disgraziati nei quali i Savoia fuggivano, Mussolini diventava il fantoccio di Hitler e la RSI si distingueva non per gesta militari, ma per la ferocia inumana contro la lotta partigiana, vedi banda Koch, gli alleati ( vantati come veri liberatori ) bombardavano e commettevano anche nefandezze ( vedi le marocchinate ) occorre sottolineare che la lotta partigiana rossa o bianca o monarchica che fosse, rappresenta l'unica testimonianza di un popolo che non voleva perdere del tutto la dignità. Dall'armistizio dell'8 settembre 1943 fino alla liberazione, il 25 aprile 1945: 

Quei venti mesi che cambiarono l'Italia: la Resistenza e la spinta verso la libertà
Partigiane sfilano in piazza Maggiore a Bologna (foto: Istituto Parri)
giovani renitenti alla leva, antifascisti, militari, molte donne, combatterono fianco al fianco. In città e in montagna. Con il sostegno di molti. Per un evento storico che ha portato alla nascita della Repubblica italiana


Quei venti mesi che cambiarono l'Italia: la Resistenza e la spinta verso la libertà
                        Una banda di partigiani in montagna (foto: Istituto Parri)


La  prima  


il 30 aprile è morto a Ruino (Pavia), 30 marzo 2017 - Ieri è morto all'età di 104 anni il conte Luchino Dal Verme, noto come comandante Maino. Di seguito   riporto  l'amaca  di Michele  serra  del 31\3\2017  
Un recente ritratto di Luchino Dal Verme, il Conte Partigiano

Stemma dei Dal Verme
ERA partigiano, conte e contadino. È morto a centrotre anni nella sua casa e nella sua terra, sui crinali impervi della montagna pavese, tra gli alberi e le nuvole. Si chiamava Luchino Dal Verme, il suo antico casato ebbe origine dai capitani di ventura. Ufficiale di artiglieria, reduce da quello scempio di esseri umani che fu la campagna di Russia, visse il "tutti a casa" dell'otto settembre '43 e la fuga dei Savoia a Brindisi con lo sgomento dell'italiano tradito. "L'otto settembre - disse in una delle sue rare interviste - muore la parola dovere e nasce la parola coscienza". Già ultranovantenne, ma ancora animoso e severo (alla Sandro Pertini, per intenderci), ancora definiva i Savoia "bastardi traditori".
Monarchico e cattolico, nel '44 si ritrovò al comando, con il nome di battaglia Maino, di un piccolo esercito di comunisti: la Divisione Garibaldi dell'Oltrepò. Combatté in una delle zone cruciali della guerra di Liberazione diventando una leggenda vivente, "il conte partigiano". Finita la guerra diversi partiti gli offrirono un seggio in Parlamento. Rispose no grazie, disse che si sentiva tra gli "uomini d'azione, uomini di lavoro, uomini di mani" e rimase nel palazzo di famiglia ad allevare galline. Il 25 aprile gli porterò un fiore.

Infatti  : << (  .... )   Finita la guerra, al “conte partigiano” un po’ tutti i partiti offrono candidature e una carriera politica. Discende da una famiglia che ha governato a lungo l’Oltrepò, sia pure in anni medioevali, è stato un eroe di guerra e della Resistenza, ha rischiato la vita più volte. Ma lui dice semplicemente no a tutti: «Noi siamo uomini di azione, uomini di lavoro, uomini di mani, non siamo uomini di parole, per questo facciamo così fatica a comunicare ciò che abbiamo vissuto. Ma ci proviamo comunque». Torna nel suo castello a Torre degli Alberi, avvia un allevamento di polli, e si rimette al lavoro per guadagnarsi da vivere. Sua moglie, invece, apre una scuola di tessitura per le ragazze del paesino dell’Oltrepò, da cui non si sono mai più mossi.   da il giorno   del 30\3\2017  dl   qui l'articolo integrale

la seconda  




Sergio Leti, classe 1925, racconta la sua Resistenza in Liguria. E ricorda la madre Clelia Corradini, come lui medaglia d'oro, giustiziata da un tenente delle brigate nere. "Volevo vendetta, ricordo l'affetto dei miei compagni. E poi il 25 aprile, quando tutti festeggiavano, per me fu un giorno di lutto. Tornai a casa e i miei nonni piangevano"




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