storie olimpiche e non solo





lquattro storie    in tema  olimpico sportico che i media   non hanno approfondito e  hanno subito digerito

la prima 


 non ricordo la  fonte  è questa  che   dimostra  l'uso strumentale degli stranieri   ,  se  fosse stato un  normale cittadino avrebbe  dovuto  aspettare   di pià    degli 11   annoi che  aspettava 


Maroni, cittadinanza lampo al canoista romeno



RINO - Questa non è una storia di impronte digitali, è una storia di sport, di vita, di una cittadinanza lampo e di un atleta romeno che, "convocato" dal ministro Maroni, in meno di quarantotto ore è diventato un atleta italiano. Fresco di passaporto, imbarcato all' ultimo nella spedizione azzurra per i recenti mondiali di canottaggio under 23 a Brandeburgo (4 ori e 2 argenti nel nostro medagliere). Lui si chiama Ciprian Cursaru, 22 anni, in Italia da undici. Faccia affilata alla Kim Rossi Stuart, due lustri vissuti a Torino dove si è stabilita la sua famiglia e dove studia architettura. Come canoista azzurro Ciprian era quasi completo: a parte, come dire, la cittadinanza italiana. Per questo, nonostante gli ottimi risultati messi in curriculum dagli esordi nel 2001, benché avesse già partecipato - il certificato di residenza glielo consentiva - ai campionati italiani piazzandosi sul podio, Cursaru non poteva - per regolamento - rappresentare l' Italia ai mondiali tedeschi. Lasciarlo a casa, però, non era il caso. Troppo forte, dicono i tecnici della Federazione. La richiesta di cittadinanza era già stata inviata al Viminale, ma alla vigilia delle gare non era arrivata ancora nessuna risposta. Morale: essendo ancora romeno a tutti gli effetti, Ciprian non può partire. C' è bisogno di un blitz in zona Cesarini. Lo meritano le doti atletiche, lo richiede la nazionale azzurra. Complice un compagno di squadra, e grazie ai buoni uffici di un deputato del Pd, Daniele Marantelli - varesino come Maroni - la pratica Cursaru prende un' accelerazione. Il ministro dell' Interno viene "interessato" del problema: si materializzano la firma sua e quella del presidente della Repubblica Napolitano. Neanche a farlo apposta, lo sdoganamento di Cursaru è perfezionato proprio nei giorni tribolati delle impronte digitali per i bambini rom, in mezzo al fuoco di polemiche che, da più fronti, investe Maroni. Ciprian giura davanti ai funzionari del Comune di Torino («è stato emozionante perché era da molto che cercavo di ottenere la cittadinanza»). Brandeburgo lo aspetta assieme ai suoi nuovi colori e ai dirigenti della Caprera, la società torinese per la quale è tesserato. Fa niente se non centra il podio, il ricco medagliere azzurro è una vittoria anche sua. Non sa ancora, Cursaru, che per lui si è scomodato direttamente il titolare del Viminale (che sull' acqua ci va ma in barca a vela). Nell' afa torinese, in partenza per le vacanze, allarga il sorriso e racconta: «Il mio futuro è in Italia, con la mia fidanzata (Michaela, romena) e gli studi al Politecnico. Quando mio padre, io avevo 11 anni, ha lasciato la Romania per far crescere la famiglia in un altro Paese, ha avuto coraggio». Oggi Marin Cursaru ha una ditta di costruzioni, appena può segue il figlio. Tra pagaiate e cronometri Ciprian guarda la vita che fila via sul fiume e accarezza il prossimo sogno: «Remo per cercare di essere tra gli olimpionici del 2012».



la  seconda   è 
    tratta dal quotidiano la  repubblica  

Mitcham, 20 anni, tuffatore australiano: "I miei compagni lo sanno, non sono scemi"
Ai Giochi olimpici di Pechino anche sei ragazze omosessuali dichiarate



Matthew all'Olimpiade dell'outing

"Io atleta gay senza paura"


dal nostro inviato EMANUELA AUDISIO


Matthew all'Olimpiade dell'outing "Io atleta gay senza paura"




PECHINO - Il mondo va avanti anche così: un giornalista ti chiama, ti fa i complimenti perché ti sei qualificato per Pechino e poi ti chiede scusa, con chi vivi? E tu rispondi: "Con Lachlan, il mio compagno". L'hai detto: in maniera semplice, diretta, pulita. Matthew Mitcham, 20 anni, tuffatore australiano, è il primo gay a fare outing olimpico. Per lui non è un problema, spera nemmeno per gli altri.
"Quando avevo 14 anni l'ho confessato a mia mamma, che si è fatta una risata, se n'era già accorta. Io non conosco mio padre, ma con mia madre, che lavorava in un bar, ho molta confidenza. I miei amici lo sanno, i miei compagni di squadra anche, non sono mica scemi, l'avevano capito pure loro. Per me non cambia niente. Qualcuno mi dice: perché esibire la propria scelta sessuale? Io non giro mica con la bandierina  mano, voglio solo essere onesto, non sembrare quello che non sono. Quanti nella giornata parlano agli amici delle loro imprese sessuali etero? E quello non è esibire? E io perché devo fingere attenzione ed entusiasmo?". Già, perché?
Matthew è nato a Brisbane, ma vive a Sydney, lavora in un ufficio amministrativo, il suo compagno studia e ha un posto in una compagnia telefonica. "Mi sarebbe piaciuto averlo qui con me, è la mia prima Olimpiade, sono nervoso e eccitato, ma lui non aveva i soldi per il viaggio, è stata fatta una colletta, ringrazio tutti. Lo so, anche lo sport è pieno di stereotipi, la prestazione fisica deve essere per forza virile e macha. Ma spesso è un'illusione, il muscolo non è per forza etero. Forse perché il corpo quando si tratta di performance non viene mai associato ad una personalità effeminata.
Eppure Greg Louganis nei tuffi è stato un grande, ha avuto stile e grazia. Si pensa sempre al campione come ad un uomo rude, come se i gay non potessero avere forza e coraggio. Per questo molti omosessuali nello sport stanno zitti. E poi c'è la paura di perdere gli sponsor: oddio e se mi tagliano il contratto? Nella moda e nelle arti il mondo è pronto a riconoscere agli uomini gay delle qualità che fanno la differenza, nello sport invece no. Io invece trovo che la nostra eleganza nei tuffi, una certa estetica del corpo, si combina alla nostra personalità".
Mitcham è biondo, ha un bel sorriso, si aggiusta spesso i capelli. Un anno fa si era ritirato, dopo sette stagioni di piattaforma e trampolino. "Soffrivo di depressione, andavo dallo psicologo, prendevo pillole. Ero insoddisfatto di me, non mi piaceva la vita che facevo, vedevo solo buio, ero disordinato. Ora sono risalito, il mio mito è Louganis, che ha sofferto molto più di me, e ha dovuto confessare la sua omosessualità perché era sieropositivo e a Seul in un tuffo sbattè la testa e macchiò di sangue la piscina. Mi piace anche Ian Thorpe, trovo che è un buon modello per i bambini. Se tutti i gay dello sport dicessero con serenità che lo sono forse la nostra immagine olimpica sarebbe migliore. E la gente capirebbe che non siamo bravi solo a ballare o a cantare. Non ho nulla contro la musica, le colonne sonore della mia vita cambiano a seconda del mio umore. Se sto bene e sono calmo mi concedo Amy Winehouse, se sono troppo eccitato preferisco The Presets e Kate Miller-Heidke. Sono un ragazzo normale, guardo i Simpson in tv e a settembre verrò in vacanza a Roma, anche se per certe cose la Spagna è meglio".
Non è pentito del suo outing, anzi. "Se vogliamo una società più aperta lo dobbiamo essere anche noi. Io ho criticato il primo ministro australiano perché quando gli hanno chiesto del matrimonio ha risposto che è tra uomo e donna. Lo trovo un po' datato, capisco che nella sua posizione deve accontentare tutti, ma io la penso diversamente e credo che andrò a sposarmi all'estero visto che in Australia non è permesso. Al villaggio divido la stanza con Robert Newbery e non ci sono problemi, sono tutti molti carini con me. Non sfilerò alla cerimonia d'inaugurazione perché i nostri dirigenti hanno deciso di lasciarci a riposo. Mi chiedete se i cinesi sono infallibili. Difficile che sbaglino, però può capitare anche a loro, soprattutto perché avranno molta pressione. Il tifo in casa è bello, ma ti dà anche molta responsabilità".
Tra i 10.708 atleti presenti a Pechino hanno fatto outing in sette. A parte Mitcham, unico uomo, c'è la ciclista Judith Arndt, la schermitrice Imke Duplitzer, Gro Hammerseng e Katia Nuberg, coppia lesbica norvegese che gioca ad handball, la calciatrice americana Natasha Kai che ha raccontato in tv "la brutta separazione con la mia ragazza" e l'attaccante svedese Victoria Svensson, quella che Gaucci voleva, che ha dichiarato "Da quando sono mamma gioco meglio". La sua compagna ha infatti partorito una bambina, Mua, ma pare che la prossima volta tocchi a Victoria. Il segreto è così poco segreto che non interessa nessuno. E il bello è che a Mitcham tutti chiedono dei tuffi e dei suoi rivali cinesi. Non perché si vergognino a fare altre domande, ma perché va bene così, se lo dici spiazzi, se sorridi, fai capire che non è traumatico. Outing a cinque cerchi. "Per poter essere un modello per gli altri. Anche se non sono perfetto". Tuffarsi così, non è male.

(8 agosto 2008)




                                                                                                                                                                              
 terza 
sempre  da  repubblica  .it 
 non ha   a che  fare con e  gare direttamente  ma  con la cerimonia  .  e  la  storia di   Zhuang Zedong,   ( quiqui maggiori news   ) e  sotto la citqazione dellì'evento fatta dal il  film  forest  gump 







La Cina cancella l' eroe del ping-pong Nessuno mi ha invitato alla cerimonia





 Un giorno due ragazzi sognarono oggi. Let it be. Ci volle molta fantasia, perché i loro due paesi non si parlavano. Il primo era capellone, il secondo era rapato. Si trovarono buffi, l' americano capitalista e il cinese comunista. Ma senza di loro stasera il mondo non sarebbe a Pechino. I due ragazzi giocarono a ping-pong e vinse la pace. Era il '71. Nixon e Mao erano nemici, Usa e Cina non avevano relazioni, c' era il Vietnam e la rivoluzione culturale. Il ragazzo cinese oggi ha 68 anni e vive in disparte. «Non sarò allo stadio, nessuno mi ha invitato o regalato un biglietto». In Giappone nel ' 71 ai mondiali di tennistavolo Glenn Cowan ha 19 anni, perde l' autobus, s' infila in quello dei cinesi che lo guardarono storto. Si mette a ridere. «Lo so che vi sembro strano, ma in America molti ragazzi sono come me». Zhuang Zedong ha 30 anni, ha vinto 3 mondiali, chiede l' aiuto dell' interprete e si fa avanti. I compagni cercano di fermarlo: «Non si può, è uno straniero». Zhuang ricorda: «L' americano mi sorrise, decisi di fargli un regalo, così tirai fuori un centrino di seta della città di Hangzhou». Cowan, invece, nelle tasche non ha nulla: augura solo buona fortuna. I due ragazzi scendono insieme dal bus. Com' è possibile? Un fotografo giapponese scatta. Finiscono in prima pagina. Zhuang viene sgridato dai dirigenti: «Non obbedisci agli insegnamenti di Mao». Cowan si mette una maglia con la bandiera Usa e la scritta «Let it be» Allo stadio la dà a Zhuang. Qualcuno chiede all' americano se pensa di visitare la Cina. «Perché no?» risponde. L' idea non piace ai dirigenti cinesi, Zhou Enlai la gira a Mao, che dice che la domanda deve essere inoltrata al ministro degli esteri. La sera dopo Mao va a letto con un fascio di documenti, c' è anche la storia dei due ragazzi, si appassiona e cambia idea. L' unico problema è che Mao prende dei sonniferi e ha detto alla sua balia, Wu Xujuan, di contraddire ogni suo ordine dato nell' orario notturno. Stavolta insiste e fa chiamare il ministro. E' il 7 aprile, l' ultimo giorno dei mondiali. La squadra americana viene invitata. Henry Kissinger rivelerà: «Erano i primi passi per un riavvicinamento. Non volevamo nulla di ufficiale, il ping-pong andava benissimo. A me era chiaro: Mao appoggiava l' iniziativa e anche Zhou Enlai. Tutto fu pianificato, ma doveva sembrare spontaneo». Glenn Cowan aveva perso il padre a 15 anni, portava i capelli lunghi e si drogava. In Giappone buttò la roba nel cesso prima di partire per Hong Kong, incontrò una donna al bar, la seguì a casa. I dirigenti Usa cercarono di farlo fuori dalla trasferta in Cina, avevano paura di dare una cattiva immagine, ma c' era anche lui nel gruppo dei 14 giocatori che varcò quella frontiera inaccessibile ai non comunisti dal ' 49. Il team Usa si rese conto che lì la gente non sapeva che 2 anni prima c' era stato lo sbarco sulla luna. I cinesi giocarono in maniera «friendly», per onorare l' amicizia, quando Cowan capisce che la sua vittoria davanti a 18 mila persone è stata addomesticata, si arrabbia e dice al suo rivale: «Fottiti, ti avrei battuto lo stesso». I dirigenti americani sospettavano di quel ragazzo piuttosto naif. Chiese se Mao era vivo o morto. La gente per strada lo toccava, non avevano mai visto un figlio dei fiori. Al ritorno in America Glenn viaggia tra radio e tv, ma viene ricoverato in ospedale, soffre di depressione bipolare, continua a drogarsi. Quando i cinesi nel ' 72 ricambiano la visita Glenn non c' è, entra ed esce dagli ospedali, è convinto di essere il fratello di Mick Jagger. Si firma MGM. Mao Glenn Mick. Insegna all' Ucla (la celebre università di Westwood, a Los Angeles), vende scarpe, si sposa, si separa dopo due mesi perde il suo appartamento, diventa un homeless. Nel 2000 viene operato al cuore, nel 2004 muore di un altro attacco cardiaco, alla vigilia del 33esimo anniversario di quella diplomazia del ping-pong ormai famosa nel mondo. Nemmeno per Zhuang Zedong è un buon momento. Finisce in prigione, accusato di far parte di una corrente contro Mao. Si salva mentre altri campioni di tennistavolo come Ron Guotan si suicidano. Quando la Cina va in tour in America è capo-delegazione, al ritorno diventa ministro dell' educazione fisica. Ma nel ' 76 è attaccato con l' accusa di far parte della banda dei Quattro, perde il lavoro, si mette a fare lo spazzino. Viene denunciato, la sua colpa è quella di avere un orologio svizzero. Lo rimettono in prigione, nel ' 77 prova ad impiccarsi. Due anni fa nel 35esimo anniversario della partita che cambiò il mondo Zhuang ha cantato «Let it be» in onore di Glenn. I giochi dei ragazzi a volte portano lontano.

EMANUELA AUDISIO

la quarta  è l'ultima  dalla rete ed  è quella più nota   che  dimotra

Fabris: «Governo Italia condanni Cuba»Presidente Lega femminile a difesa della pallavolista Tai Aguero





(ANSA) - BOLOGNA, 9 AGO - Mauro Fabris, n.1 della Lega pallavolo serie A femminile, e' duro nei confronti del governo cubano per come ha gestito il caso Aguero. 'Sono convinto che il governo italiano sapra' esprimere a Cuba tutta l'indignazione degli sportivi e degli italiani per il trattamento disumano riservato alla cittadina italiana Tai Aguero e alla sua famiglia. La vicenda dell'azzurra, alla quale e' stato impedito di essere vicina alla madre morente, dimostra come la liberta' manchi non solo in Cina'.

Commenti

anonimo ha detto…
Lo sport io lo intendo come gioco di squadra,intell9igenza strategica,benessere fisico e psicologico e come umanità,il resto non conta:un uomo gay può sicuramente essere un atleta meraviglioso e una persona in gambissima,perchè nasconderlo?un bacio a tutti i gay e non,sportivi e non sportivi,bacio M.

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