27.11.15

Priatu, ” La mia vita era persa, ma il destino non voleva che quella parola fosse pronunciata”. La storia di Veronica Gelsomino, sopravvissuta a Monte Pinu.( alluvione Olbia 2013 )



sule note  di   Domani    (  versione italiana  ,versione sarda )   leggo    su  Gallura  News  di Antonio Masoni la bellissima news  del ritorno alla  vita  di  http://galluranews.altervista.org/home/Veronica  Gelsomino    della sopravvissuta   alla  tragedia di Monte  Pino  /  alluvione di Olbia  2013




                            Veronica Gelsomino con il piccolo Francesco
 
Priatu, 26 novembre. 2015

Ci sono storie scritte per il cinema, altre che solo il prosieguo della nostra vita può determinarne l’importanza e  il pieno significato.
Veronica Gelsomino ha oggi 26 anni, è una giovane madre di Francesco, appena due mesi e mezzo e tanta voglia di sorridere e di esserci. Veronica ha visto la morte in faccia quel tragico 18 novembre del 2013, data impossibile da scordare per lei e per tutti i sardi. La Gallura pianse, come una buona fetta di Sardegna, i danni tragici di quel terribile ciclone Cleopatra. Sedici furono i morti e anche Tempio ebbe la sua parte con le morti di Bruno Fiore, Sebastiana Brundu e Maria Loriga.
In quell’elenco ci sarebbe dovuta essere anche lei, Veronica. Miracolosamente scampò alla morte. Fu soccorsa da tre coraggiosi uomini, persone di cui la storia dovrebbe ricordarsi perché, in spregio al rischio di calarsi in quell’oscuro baratro, hanno sentito delle grida giungere da quel buio fossato di morte, da cui proveniva solo l’impetuoso passaggio dell’acqua, e hanno tratto in salvo lei, Veronica Gelsomino.
La abbiamo rincorsa per molto tempo, abbiamo trovato il contatto giusto e finalmente, dopo tanta attesa, siamo riusciti ad incontrarla. Lei, inseguita  subito dopo la tragedia da media famelici che in gran parte ne hanno distorto la reale vicenda, è stata felice di raccontarci quella storia. Oggi, ci ha rilasciato questa bella intervista, con in braccio Francesco, frutto del suo amore con Tomaso Abeltino, con cui già conviveva prima di quella data fatidica.



Sembrava un film – dice – e non la fine della mia vita. Ho cercato in tutti i modi di farmi sentire da qualcuno prima che l’acqua, arrivasse a ricoprirmi del tutto. Avevo la sola faccia fuori da quel fiume di fango e pioggia che era caduta per tutto il giorno. Pensa che ho avuto fango per tanto tempo. Mi usciva da ogni poro del corpo. Non sono riuscita a pulirmi i capelli anche quando li lavavo. Erano sempre sporchi di terra. Nonostante quel momento drammatico, oggi sono qui. Mi sono sposata dopo appena un mese da quei fatti, il 21 dicembre del 2013. Oggi sono madre, di questo bambino che ho chiamato come un mio amico, per me un fratello, a cui ero legata da amicizia rara e straordinaria. In punto di morte di Francesco, questo mio amico sfortunato e affetto da una bruitta malattia, ho promesso che mio figlio si sarebbe chiamato così
E’ dolce Veronica, sorridente anche quando rievoca un giorno drammatico che l’accompagnerà per il resto della sua vita. Un braccio ha recuperato la sua funzionalità, l’altro ancora è fuori uso ma ne ha ripreso almeno il controllo, muove le dita. Le ferite si cicatrizzano tutte, però quel braccio che  fa male è il tatuaggio di quel giorno.
Ascoltate la sua intervista che propongo come testimonianza di forza e di speranza. Nelle sue parole troverete anche amarezza perché nessuno ha ancora pagato per quella tragedia. La giustizia non è di questo mondo.

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