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18.10.25

C’è un filo sottile che lega l’orrore di due femminicidi, quello di Cinzia Pinna e di Pamela Genini.




Lo so che   ogni  volta  che  avviene un femminicidio    o  assassinio di  una doinna   dovrei    stare  in silenzio  , ma  davanti a  casi  come  questi   è pressochè impossibile , o  scrivere   qualcosa  di  originale  . Ma    non  essendo   un esperto in scienze  sociali (  antropologo ,  psicologo , psichiatra  ,  criminologo , ecc  )  ho difficoltà a    trovare  le  parole  addatte  che  non siano   ovvie   e retoriche   .  Coindivido  e  lascio     quindi la parola    a  chi  è più esperto    di  me   in questo  caso  Giampaolo Cassitta   ( eccetto  i  corsivi  che    sono   miei  ) 

278. Orrore

C’è un filo sottile che lega l’orrore di due femminicidi, quello di Cinzia Pinna e di Pamela Genini.
Un filo che conduce verso una sponda mai davvero esplorata, o comunque rimasta a lungo sotto traccia. Quel filo ha il colore della ricchezza, dell’opulenza, della spavalderia. È intrecciato con la tracotanza e con la convinzione di chi si crede onnipotente.
Gianluca Soncin ed Emanuele Ragnedda avevano in comune una vita agiata, da jet set: ville, auto di lusso, red carpet, elicotteri, successo. Tutto condito da cocaina, e da quella euforia tossica che confonde il privilegio con il diritto. Non sono delitti nati nelle periferie della vita, non vengono dal degrado urbano o da famiglie dove il patriarcato è un marchio antropologico. Qui il piano è un altro, e richiede di essere osservato da una prospettiva diversa: non solo criminologica, ma sociale e morale.
Cosa spinge questi “figli fortunati”, che tutto hanno e tutto potrebbero permettersi, a impugnare una pistola o un coltello? Cosa li porta a uccidere a sangue freddo, a infierire su una donna inerme, terrorizzata, consapevole del proprio destino?
Forse la certezza di essere al di sopra di tutto. La convinzione che nei loro diari non esista la parola “sconfitta”. Sono uomini ruvidi, anaffettivi, incapaci di mettersi in discussione. Nel loro mondo perfetto, la spavalderia, la tracotanza e il disprezzo verso le donne sono considerati normali, persino giusti.
“Io sono forte, dunque possiedo.” “Io sono ricco, dunque compro.” “Io sono uomo, dunque comando.”
Ma non è il patriarcato classico. O, almeno, non è solo questo. Non sono capi di clan né padri fondatori, non costruiscono né difendono un ordine: il potere, loro, l’hanno trovato pronto, servito su un vassoio d’argento. Non l’hanno conquistato: l’hanno ereditato. Il patriarca, nel suo mondo arcaico, governa, decide, comanda, ma riflette. I suoi gesti, per quanto discutibili, sono compiuti a difesa del proprio recinto sociale. Soncin e Ragnedda no. Non governano, non decidono. Comprano. Consumano. Sopravvivono. Usano la cocaina come motore dell’esistenza e l’eccesso come linguaggio quotidiano. Sono, in fondo, analfabeti della vita, incapaci di affrontarla, incapaci di affrontare sé stessi.
Uccidere, per loro, non è un gesto estremo. È un passaggio quasi “naturale”, una tappa della propria follia distruttiva.
Non basta, allora, chiedere leggi più dure, ergastoli, percorsi di formazione. Sono necessari, ma non bastano. Bisogna scavare nei luoghi dove tutto brilla: nei salotti lucidi, nelle ville con piscina, nei sorrisetti da copertina. Perché proprio lì in questo caso si nascondono i sotterranei dell’orrore.
Soncin e Ragnedda vengono da quel nulla, da quella pochezza che si traveste da successo. Da quel modo subdolo di considerarsi “normali”. E noi, osservandoli, li abbiamo persino ammirati.
È tempo di affrontare la banalità dell’ostentazione. Di capire che la malavita - quella vera, quella morale - non vive solo nei bassifondi delle città. La malavita (nel senso di vita vissuta male) si annida anche dietro le luci abbaglianti, dietro le auto di lusso, dietro i mondi effimeri che fingono di essere reali.
Non limitiamoci alla condanna, alla pena, all’espiazione. Non commettiamo l’errore di archiviare questi delitti come figli del patriarcato.Perchè Siamo di fronte a qualcosa di diverso, di più profondo: una devianza travestita da normalità.
Sono femminicidi \ assassini di donne, ma fino al giorno prima erano considerati modelli da imitare.
E non solo dai nostri figli.

Questo scritto ( io non avrei saputo scrivere di meglio ) trova onferma sia nello #spiegoneschianchi ondato in onda ieri 17\10\2025 a piazza pulita su la7



e Roberta Bruzzone in uno dei tanti salotti tv




Quindi  concludedo  care  donnne  ,   se    ce la  fate     difendetevi  (  iscrivetemi   a  corsi di   autodifesa  ,  e diarti  marziali  , o  di auto ifesa  verbale  )  o lasciatelo   e  chiedete  aiuto  (  non  fatevi prendere  dalla  sindrome di stoccolma  )   e   se   ci riuscite  trovate  la  forza  denunciate  o  chiedete aiuto  .  Qundi cari uomini  non maschgi alfa   se  come  dice la  Bruzzone (  vedere  videoi sopra  )  deunciate  se  siete  a  conosceza   di  violenze   e  non  girate la testa  dall'altra  parte  
con questo è tutto  alla  prossima  se  Dio vuole  e  i carabinieri  lo  permettono  

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...