30.11.08

Gramscisants? (Se la destra cita per modo di dire Gramsci. Invito alla battaglia culturale)




 ricevo   volentieri   da Davide Nota  poeta e redattore della  rivista   culturale  “La Gru” (  www.lagru.org/ )  . Infatti   qui non si tratta d'essere  ideologizzati o non ideologizzati  , qui  si tratta dell'uso dela storia  per  scopo politico ( anzo meglio politiko per la diffrenza  fra  le due  vedere  nell'archivio   del blog  )  . E' come  si fcesse  la stessa cosa   con due  grandi scrittori  del novecento   Louis Ferdinabd  Celine o Enza Pound  e  gli si attribiusce   cos che non hanno mai detto .
Posso capire  che un pensatore , soprattutto  quando  hanno influenzato la  nostra  cultura   degli ultimi 2  secoli possa essere  "  revisionato " riadattato all'oggi  ma  qui si stà praticamente riscrivendo   anzi stravolgendo per  un  uso  strumentale  (   ideoogico secondo alcuni )  . Quindi dico no  alla  riscrittura  culturale  




“E ora che abbiamo perso, ci vuole Gramsci”.

No, non sono le parole di Paolo Ferrero dal palco del congresso nazionale di Rifondazione comunista, né si tratta di un intervento di Fausto Bertinotti dalle pagine di “Liberazione” a seguito della disfatta elettorale del 13 e 14 aprile 2008.A scrivere che “ci vuole Gramsci, cioè che è necessario un progetto gramsciano anche nel centrodestra” è Angelo Crespi, attuale consigliere del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Sandro Bondi, già docente di “Storia del giornalismo” presso l'Università Cattolica di Milano e collaboratore dei quotidiani “Il Giornale” e “Il Foglio”.E' il 15 aprile del 2006, e l'Unione di Romano Prodi ha da poco (e di poco) vinto le elezioni politiche, alla Camera e al Senato.Dalle pagine del settimanale di cultura “Il Domenicale”, ideato e finanziato da Marcello Dell'Utri, il direttore Crespi diffonde questa analisi: al centro-destra è mancata “una adeguata politica culturale per creare quel consenso indispensabile per ottenere la rivoluzione liberale che si preconizzava nel 1994 e poi nel 2001 [...]. Solo attraverso la cultura può realizzarsi una vera rivoluzione [...]”. Infine, un dichiarato attacco al pluralismo (malattia infantile del centro-destrismo): “Quando si è trattato di scegliere uomini, dare prebende, incardinare esperti nei vari settori della cultura, ci siamo comportati da ingenui liberali”.Traduzione: occorre organizzare un monopolio culturale che tolga ossigeno alla sinistra. Cioè, non più concedere spazi, né patrocini, né incarichi.Parola di Angelo Crespi, e cioè di Marcello Dell'Utri.Facciamo ora un salto indietro, arrivando al meeting del 2000 di “Comunione e Liberazione”, a Rimini. Ospiti dell'anno: Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti.All'interno del meeting viene allestita una mostra anti-risorgimentale dal titolo “Un Tempo da riscrivere: il Risorgimento italiano”.Attenzione al verbo-chiave: “riscrivere”, perché sarà proprio questo il punto centrale di tutto l'intero programma culturale del centro-destra italiano dell'ultimo decennio.Intellettuali di diverso pensiero politico, da Scalfari a Montanelli, esprimono preoccupazione. Il cenacolo dongiussaniano risponde con rassicurante pacatezza. E cita Gramsci: “Antonio Gramsci, che non era un chierico, sosteneva che il Risorgimento fu borghese e antipopolare” (Da CL una risposta ai laici, di Giancarlo Cesana).Vero. Che però Gramsci contestasse il Risorgimento borghese da comunista, e non da restauratore della monarchia papalina, sono dettagli che per Cesana non contano. Stacco di camera: torniamo al 2008. Licio Gelli ha (assurdo, vero?) un programma su “Odeon Tv”, dove riformula simpaticamente la storia del Fascismo (“Sono nato fascista e morirò fascista”), loda l'operato della Loggia massonica P2 e consegna pubblicamente il testimone a Silvio Berlusconi: per il completamento del Programma di Rinascita democratica “l'unico che può andare avanti è Silvio Berlusconi”.Primi ospiti della trasmissione “Venerabile Italia”: Giulio Andreotti e Marcello Dell'Utri.Nomi che tornano... Ora: accantoniamo momentaneamente questa storia, ed entriamo in una libreria alla ricerca di un bel libro di poesia.
Tra le novità editoriali degli ultimi anni vi è certamente la collana di Poesia de “Il Saggiatore”, a cura di Davide Rondoni.
Copertine colorate, titoli attraenti.
Si tratta per la precisione di titoli molto interessanti, soprattutto per un lettore “impegnato”, alla ricerca delle pietre miliari della letteratura (chiedo venia per la necessaria banalizzazione) “di sinistra”: alla ricerca cioè di una poesia critica, di contestazione.C'è Arthur Rimbaud, c'è Allen Ginsberg. Inoltre: due antologie dall'evocativo titolo: Subway (Poeti italiani underground) e I disobbedienti (Da Teognide a Pasolini: poeti dell'impegno civile).Li compro tutti quanti.Ma chi è Davide Rondoni ?
Poeta bolognese e giornalista de “L'Avvenire”, milita sin da ragazzo in “Comunione e Liberazione”, fedele allievo di Don Giussani.
Opinionista spesso legato alle campagne più ideologiche della destra italiaca, è uomo ultimamente legato al Ministro Sandro Bondi, a cui ha anche regalato, nel 2007, la pubblicazione del terribile libello poetico Perdonare Dio, con sua piuttosto generosa nota prefazionale.
Dopo la vittoria di Berlusconi, alle politiche del 2008, Rondoni approda finalmente al “Tg1”, dove non di rado si possono ascoltare le sue “opinioni culturali”.
Utilizzando una categoria gramsciana probabilmente cara a Crespi, Rondoni è un intellettuale organico al Popolo delle libertà.
Che senso ha, dunque, una collana di poesia “di sinistra”, a cura di un intellettuale della destra di governo?
Arrivo alla tesi di questo pezzo: in atto è, lo abbiamo visto, un processo di “riscrittura” della Storia d'Italia, dal Risorgimento al Secondo Stato degli anni '70 (P2, Gladio, servizi deviati), passando naturalmente per la storia del Fascismo e della Resistenza.
Un piano fondamentale di riscrittura e diffusione di una Storia del Novecento in chiave piduista e clerico-fascista (Mussolini, occorre ricordarlo, fu uomo della Loggia massonica P1: la storia del Secondo Stato ha una sua coerenza).
Attiguo a questo processo di “riscrittura” vi è, secondo me, un progetto secondario ma non meno insidioso, che consiste nella “neutralizzazione” delle radici culturali, novecentesche, della Sinistra italiana.
Si vuole cioè minare sin dalle fondamenta l'identità stessa della Sinistra italiana, attraverso una continuativa azione di disinformazione storiografica e dequalificazione terminologica.
Tutte le false notizie diffuse negli ultimi mesi su Gramsci (ucciso dai compagni di Partito, suicidato, anzi no: redento) si inseriscono, disordinatamente, in questo quadro generale, così come in esso si inseriscono tutte le citazioni selvagge e decontestualizzate che la destra opera nei confronti dei testi del marxismo o più semplicemente del pensiero critico tout court del defunto secolo.
Ad esempio: se apriamo l'antologia Subway (Poeti italiani underground) ci troviamo di fronte ad un'antologia poetica del tutto neutrale, nata a seguito di un concorso finalizzato alla distribuzione di opuscoli poetici all'interno delle metropolitane di Milano.
Niente di male, davvero, se non fosse che tutto il vocabolario Beat (Underground, Subway) viene qui consapevolmente depurato da ogni valenza sociale e semanticamente svalutato sino alla neutrale indicazione urbanistica, tanto più che le poetiche qui raccolte sono del tutto eterogenee, con una netta predominanza del tema diaristico-confessionale.
Allo stesso modo I disobbedienti (a cura di Umberto Piersanti, poeta che è solito definirsi “anti-sessantottino”) è un elenco inconcludente (assieme a Pasolini e Ginsberg vi sono Petrarca, Jacopone da Todi, Ezra Pound, Quasimodo...) e in cui il disordine ideologico della selezione sottintende questa chiara valutazione: la disobbedienza non è una prerogativa della sinistra, l'impegno civile è sempre esistito, e l'egemonia della sinistra nel genere “civile” è solamente un accidente storico (che noi stiamo combattendo).
Ma bene,.... non fossilizziamoci sul piccolo pesce della poesia italiana contemporanea all'interno del mare sconfinato della “cultura di massa”: l'esempio Rondoni valga dunque come parabola.
Pensiamo piuttosto al Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che da due anni a questa parte si è mutato in post-moderno discepolo di Marx.
Pensiamo ad un libro come La paura e la speranza, in cui tutte le tesi “No global” contro il mondialismo, il neo-liberismo e la finanziarizzazione dell'economia, vengono strumentalizzate per proporre, infine, una ricetta di destra (elemosine ai poveri, e finanziarie a Confindustria).
“Il re è nudo!” – grida il re.
Oppure pensiamo ai neo-fascisti, che si sono improvvisamente trasformati in militanti di “Casa Pound” e del “Blocco studentesco”.
Sono anche loro No-global, il loro simbolo è il lampo nel cerchio dei Centri sociali degli anni '90, occupano scuole, sono contro il “Capitale”, e intonano “Né rossi né neri...”.
Né neri? Ma se fino al 2007...
Va bene, lasciamo perdere i vischiosi tragitti della “trama”. Il ragionamento che faccio è molto semplice: la crisi strutturale sta per esplodere. Il 2009 sarà un anno micidiale. Il vocabolario, la terminologia, la teoria della “lotta al sistema”, devono solidamente stare nelle mani della Destra, e cioè del Palazzo capitalistico, strategicamente alleato (proprio come ai tempi della marcetta su Roma) con gli ambienti più conservatori (e sinistro-fobici) del Vaticano.
Prevenire la rinascita della sinistra, anticipandone tempi e parole d'ordine. Et voila: storia e genesi del nuovo populismo.
Ecco l'operazione in atto: esproprio terminologico, neutralizzazione culturale della sinistra, riscrittura della storia d'Italia.
La notizia, ultima, della conversione di Gramsci (che foss'anche vera non sarebbe minimamente fonte di scandalo) viene strumentalmente presentata da “Corriere della Sera” e “Tg2” come una notizia bomba, addirittura “rivoluzionaria” dal punto di vista della rilettura della cultura politica italiana. Suvvia: si tratta, evidentemente, di una mera operazione mass-mediale di destabilizzazione iconografica.
Insomma: Gramsci, Pasolini, l'anticlericale Rimbaud, e in fondo in fondo anche Carletto Marx: fossero oggi in vita, voterebbero certamente per Berlusconi, o figurerebbero ai convegni di “Comunione e Liberazione”, tra Formigoni e l'agente “Betulla”. Qualcuno di voi ha per caso dei dubbi?
Paradossale, ma probabilmente è proprio questo il messaggio subliminale che vuole essere introdotto nell'inconscio collettivo degli italiani.
Sia chiaro: io non credo che esista un “complotto”. Rondoni, che è oltretutto poeta, ha tutto il diritto di esprimere il proprio pensiero e di svolgere le proprie operazioni culturali, così come non vi è nessun male a ipotizzare un'eventuale conversione religiosa del leader comunista Antonio Gramsci.
Sarebbe anzi opportuno porre definitivamente la questione del superamento del dualismo ideologico del Novecento (ma ora non è questo il luogo per sviluppare l'argomento).
Trovo sinceramente comprensibile, razionale ed anche giusto, che da destra si tentino queste operazioni egemoniche.
Incomprensibile è piuttosto che la sinistra in Italia non debba mai rendersi conto di niente, o che preferisca (e non ci è dato ancora sapere per quale arcana patologia o fallimentare tatticismo) sempre e soltanto tacere.
Io propongo allora questo: delle tavole rotonde della sinistra culturale.
Scrittori, intellettuali, giornalisti, assieme a politici, dirigenti e militanti, “illuminati”: riuniamoci per organizzare una risposta strutturata e di amplio respiro, che coinvolga ed attraversi tutte le diverse forme di comunicazione e di diffusione del pensiero.
Il “Partito degli intellettuali” non può essere ridotto ad una coalizione tecnocratica allo sbando, incapace di rispondere al fascismo di ritorno.
Concludo citando Walter Benjamin, dalle Tesi di filosofia della storia (ora in Angelus Novus): “Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso è lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che è in procinto di sopraffarla. Il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell’Anticristo. Solo quello storico ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza, che è penetrato dall’idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.”

2 commenti:

FronEsis82 ha detto...

Senza una rivoluzione culturale, non vi sarà alcun cambiamento politico o sociale. Dobbiamo investire in questo.

compagnidiviaggio ha detto...

vero . dobbiamo evitare che si riscrive la storia per uso strumentale e politico