17.11.08

Senza titolo 1041

PROIEZIONE DI ME


 


“Sai Maria, forse è proprio quello che ti sta accadendo. Il tuo è un percorso. Un percorso a ritroso. Il contrario dei soliti percorsi. Tutti cercano, piano piano e con sacrifici, di raggiungere la felicità mentre tu, invece, stai scivolando inesorabilmente nel buio, nella straziante agonia, tra le braccia infuocate del male eterno; ti senti così perché sei una peccatrice.”


“Paolo, così mi spaventi, aiutami ti prego, salvami dai miei pensieri.”


“sono qui per questo, o almeno spero.”


“Cosa vuoi dire?”


“Voglio dire che spero che sia io a poter aiutare te e non te a distruggere me!”


“Non riesco a seguire il tuo discorso..”


“Nulla. Capirai. Maria, tu in fondo stai vendendo il tuo corpo, manca poco per svenderti anche l’anima.”


“Veramente a me piace pensare che sto solo vendendo l’amore!”


“No! Tu non vendi l’amore. Tu vendi il sesso! Sei una puttana del sesso!”


Ancora gelo. Sgranai gli occhi cercando di capire il suo tono e il suo sguardo. Non lasciava trapelare nulla. Un filo di rabbia mi si impossessò improvvisamente e cominciai ad ansimare, quasi singhiozzando.


“Guarda se sei venuto fin qui per lanciare accuse sei capitato male!”


“Bene per oggi può bastare. Ci vediamo Lunedì prossimo alla solita ora.”


“Ma che fai te ne vai? Che razza di seduta è mai questa?”


“La seduta migliore che si possa fare con te!”


“Ma come ti permetti! Esci subito da questa casa!”


“Con molto piacere. Allora a Lunedì”


“Ma vaffanculo!”


 


La porta si chiuse, non riuscivo ancora a capacitarmi di cosa era accaduto, un uomo era riuscito a prendersi gioco di me, io, che con gli uomini usavo solo giocarci. Ero furiosa, non riuscivo a star ferma e piangevo di rabbia, cominciai a camminare su giù in quell’appartamento, la pancia comincio a bruciarmi così presi una bottiglia di amaro, un Montenegro, l’appoggiai sulle labbra e buttai giù una sorsata che dimezzò la bottiglia. Lo stomaco bruciò ancora di più, cominciai a dare testate al muro, non ero in me. Andai in bagno e guardai lo specchio: c’era una donna sui vent’anni, stanca, triste, che respirava a stento e aveva una piccola ferita sulla fronte; c’era una donna che non ero io, anche se, in quello specchio, io, non ci ero mai stata fondamentalmente.


Io, non avevo mai abitato quell’ appartamento. Io, per il mondo, quasi non esistevo. Io, non esistevo neanche per me stessa. Io, ero una proiezione di me in uno specchio che non mi rifletteva.


 


Luja

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