31.12.20

nozze record ( 57 anni di matrimonio ) e 105 anni d'età


DI SEBASTIANO DEPPERU
  nuova  Sardegna   del 31 DICEMBRE 2020


Nozze record e 105 anni un super nonno a Trinità




Francesco Angelo Prunas (zio Cicchinu) ha festeggiato ieri il suo compleanno Per lui il traguardo è doppio: pochi mesi fa ha toccato i 75 anni di matrimonio





TRINITÀ
Se per molti il 2020 sarà un anno da dimenticare, per zio Francesco Angelo Prunas invece è stato un anno molto importante. Ieri ha compiuto 105 anni e qualche mese fa ha tagliato il traguardo dei 75 anni di matrimonio con la moglie Antonia Fara.
Zio Cicchinu - come lo chiamano tutti - è l'uomo dei record: è tra le prime cinque persone più longeve dell'isola e tra quelli che hanno avuto un matrimonio tra i più lunghi di sempre. Da qualche mese, ha qualche problema di salute che lo costringe a letto ma zio Cicchinu ha sempre goduto di una salute di ferro. Classe 1915 ha attraversato due guerre mondiali, tre anni sotto Francisco Franco in Spagna, il "secolo breve" e tutti cambiamenti che il nuovo millennio ha portato. Il 29 luglio 1945 ha sposato la sua amata (che oggi ha 91 anni) ed è ancora compagna di vita: un amore che dura da 77 anni dalla quale sono nati 5 figli, 11 nipoti e 10 pronipoti. E' sempre lucido e ha tanta memoria come raccontano i figli. «Mi piace raccontare episodi della mia vita - dice zio Cicchinu - ho fatto la guerra ed è, veramente, una brutta cosa. E' meglio stare nella nostra amata terra. Ho conosciuto Francisco Franco e Benito Mussolini. Erano anni diversi e lontani». A 105 anni, si può fare il bilancio di una vita. Quella di zio Cicchinu sembra divisa in due: la giovinezza in giro, con la guerra e il dovere verso la Patria; la seconda fase matura in Sardegna, con il lavoro, l'amore e la famiglia. Le sue uscite dall’isola, infatti, sono state sempre per rispondere alla Patria. A Verona, il 20 aprile 1937 con la cavalleria; poi, dismesse le divise, a Firenze in borghese e dopo una settimana imbarcato a La Spezia come assistente veterinario. Il 23 dicembre dello stesso anno, è partito come volontario per la guerra di Spagna dove è rimasto fino al luglio del 1939. Zio Francesco Angelo Prunas è uno dei pochissimi, se non l’unico reduce della guerra di Spagna combattuta dall'Italia a fianco di Franco. Trasferitosi a Siviglia ha partecipato all’operazione militare a Miranda-Ebro. Nel primo anno, però, è stato infermiere, e ha partecipato ad azioni di guerra in Catalogna. Nello stesso anno, zio Prunas ha conosciuto la figlia del generale Franco. A Roma, ha incontrato per due volte Benito Mussolini e ha ricevuto 4 medaglie. Dopo la campagna di Spagna, è rientrato a Napoli (luglio 1939) e poi a Vignola. E' stato richiamato nel 1941 a Cagliari, Domusnovas e Carbonia per vigilare dei prigionieri slavi. Nell'ottobre 1943 è rientrato a casa dove è iniziata la sua nuova vita con Antonia.

29.12.20

FNCL AL COVID E AL 2020 PER UN ANNO MIGLIORE

 


musica    consigliata

Lucio Dalla - L'anno che verrà
CSI - Fuochi nella Notte di San Giovanni (live @ Acoustica Videomusic)

 
leggi anche  

In questo post   di  fine d'anno  , ma non si  sa mai  che  trovi qualcos'altro  da  raccontare o condividere  durante il  periodo di pausa ,  oltre  a   mandare   come suggerito    da  queste due  canzoni  sotto riportate  sotto  a FNCL  l'anno  ormai   prossimo alla fine  

 




voglio oltre alla puntata sul capodanno concludere con po' d'ottimismo riportando due storie piene di speranza che sono , almeno per me , punto di riferimento per andare avanti e resistere alle brutture del covid e non solo .  Entrambe  prese da https://www.mariocalabresi.com/stories/

la prima 

Il mondo intorno a una panetteria

18 dicembre 2020 | diCesare Martinetti*
Qui è “Vietato entrare di cattivo umore”. Ma non è sempre facile essere di buon umore, di questi tempi. Andrea mi racconta che, poco dopo l’inizio di quest’accidenti di pandemia, un giorno è entrato in negozio un ragazzo che conosceva da qualche anno. Lui e poi è arrivata anche lei. Venivano da studenti, si sono sposati, hanno fatto un figlio, compravano il pane di giornata, un pezzo di focaccia, qualche biscotto, insomma le cose normali di una famiglia. Ma quel giorno era diverso perché quel ragazzo, timidamente, tenendo il suo bambino per mano, lo ha preso da parte e gli ha chiesto se gli poteva vendere il “pane freddo”, a metà prezzo. Andrea non ha capito subito. Che voleva dire “freddo”? Quello del giorno prima, ovvero quello avanzato perché lui e lei – tutti e due laureati – avevano perso il lavoro e dovevano tirare la cinghia. A questo punto Andrea gli ha risposto: «Senti, facciamo così: tu prendi il pane come hai sempre fatto, al resto ci penseremo».
Andrea Bertino, 51 anni, quinta generazione di panificatori a Torino, davanti al forno in pietra del 1854
Ecco, una panetteria è un buon posto per capire cosa sta succedendo intorno a noi. E la panetteria Bertino di via Bernardino Galliari 14, a Torino, è un luogo dove converge il mondo e si riflettono tutti i modi e i colori delle sue facce. San Salvario, quartiere multietnico per luogo comune e per dimensione esistenziale, poveri e benestanti, formicolante incrocio di gente che va e che viene, la prima immigrazione di colore a Torino è sbarcata qui accanto alla stazione di Porta Nuova, giusto dietro la sinagoga e la sua babele. Lo storico mercato di piazza Madama Cristina a due passi, vecchie botteghe artigiane e nuovissimi studi di coworking, l’antico bistrot dal nome misteriosamente esotico di “Samambaia” vicino al nuovo “laboratorio-caffè Orso” di via Berthollet. Locali e localini che hanno forgiato una nuova anima in questi luoghi, quella della “movida” che detta così c’era già venuta un po’ a noia prima di conoscere il Covid-19 e alla quale adesso guardiamo con giustificata inquietudine.
Andrea Bertino ha 51 anni ed è la quinta generazione di una famiglia di panificatori. Il trisnonno serviva la Casa Reale, dalla bottega di via Viotti, vicino a piazza Castello. Qui in San Salvario la famiglia è arrivata intorno agli anni Venti (del Novecento) e dunque siamo al secolo di un compleanno scivolato senza clamore in questo 2020 già carico di troppo stress. 
Alice, moglie di Andrea Bertino, all’ingresso della panetteria. È sua l’idea della scritta “Vietato entrare di cattivo umore”
La particolarità di questo posto, però, non è nemmeno quella, ma il forno, che data esattamente 1854, ed è un forno in pietra, “uno dei più antichi d’Europa”, come dice la scritta che sta dietro al bancone. Fino al 1945 veniva alimentato dal fuoco di legna; adesso a far calore sono le resistenze elettriche inserite nei tunnel di porcellane che corrono sotto i dieci metri quadrati del piano di pietra dove cuoce il pane, esattamente come una volta. Andrea scherza su quella definizione di “antico forno d’Europa”, anche perché c’è chi gli chiede se vuol «rimanere al Medioevo». Oggi, i primi requisiti che si chiedono per un forno sono efficacia e rapidità; e qui c’è solo la prima delle due. Per fare il pane ci vuole il tempo che ci vuole, un paio d’ore per le forme più grandi; anche mezz’ora per i panini. È probabile che di forni così ce ne siano altri, ma in attività per la quotidiana e rituale cottura di quel primordiale impasto di acqua e di farina che chiamiamo pane, a Torino c’è solo questo. Andrea ha sentito dire di un altro forno così a Battipaglia, ma chissà.
Intorno a questo totem di pietra e di mattoni c’è un’azienda famigliare, Alice, la moglie di Andrea, che sta in negozio con Elena e Mary. Sotto, nel “pastino”, in quella cripta che custodisce il tabernacolo del forno, dalle 4.30 di notte sono al lavoro in quattro e costituiscono una sorta di micro Sant’Egidio: Jennifer, nigeriana, detta il “Generale” perché tiene tutti in riga; Barkely, del Camerun, addetto a pizze e focacce farcite; “Lasagna”, del Senegal, responsabile delle cotture; “Confucio”, l’unico italiano, il mago di lieviti e impasti. È anche l’unico ad essere arrivato per vie normali, gli altri ve le lasciamo immaginare, ognuno di loro è un libro di avventure e di orrori attraverso quei campi profughi della Libia che lasciano stigmate nell’anima e nella carne. Ma qui, dove lievita e cuoce il pane, il ciclo della vita è già ripartito, visto che Barkely è appena diventato papà.
Barkely, del Camerun, è addetto a pizze e focacce. “Lasagna”, senegalese, è il responsabile delle cotture
Andrea, che in questo “pastino” è entrato quando aveva 13 anni, racconta di aver tenuto insieme la sua truppa in questi mesi facendo «capriole e salti mortali». Il bilancio ha seguito la curva (ma al rovescio) della pandemia: si vende meno pane, molte meno pizze, focacce e biscotti, i consumi si sono ridotti all’essenziale, si sente l’affanno nell’ultima settimana del mese. Di storie come quella del ragazzo che voleva il “pane freddo” ce ne sono decine. A fine giornata Alice e le ragazze fanno i pacchetti con il pane che resta e lo mettono in una cesta: chi ne ha bisogno ne prende, senza pagare niente, c’è chi lo fa quasi vergognandosi, è normale, ma va bene così.
Non sono arrivati aiuti dallo Stato ma Andrea nemmeno li ha chiesti perché dice che in questo momento «c’è chi non ha da mangiare e non mi sembrava giusto». Non c’è ostentazione, in queste parole che Andrea accompagna con i gesti delle mani perché qui non c’è niente di astratto, né nei sentimenti né nella pratica. È come fare il pane, è tutta una questione di rumori e di odori, l’impasto “sbuffa” quand’è pronto, il pane profuma quand’è cotto.
È una forma naturale di fisiologia della notte e del mondo di San Salvario, dove questo posto così semplice e così unico con il suo karma valica le frontiere invisibili, verticali e orizzontali, della città. Per entrare nella leggenda del forno di pietra si viene dalla collina e dal centro, in coda da Bertino si incontrano vecchi amici, qui c’è il sigillo delle più antiche regole alimentari bibliche che si mescola ai sapori dell’Africa e naturalmente al buon gusto italiano. E in cambio ti viene chiesta una sola cosa: non entrarci di cattivo umore.

*Cesare Martinetti (Torino, 1954), giornalista dal 1976: “Gazzetta del Popolo”, Ansa, “la Repubblica”. A “La Stampa” dal 1986. Inviato, corrispondente da Mosca, Bruxelles e Parigi, vicedirettore. Due libri, “Il padrino di Mosca” (1995) e “L’autunno francese” (2007), entrambi editi da Feltrinelli.


Il giorno che ho lavato il mio abito nella fontana

25 dicembre 2020 | diMario Calabresi

Era il 7 luglio 2007. Era una giornata bellissima. Maria aveva appena finito di lavorare a Casal Palocco, nell’estrema periferia romana, quasi a Ostia, dove da sette anni si prendeva cura di tre bambini della famiglia di un medico. Era appena salita sull’autobus 709 per arrivare fino all’Eur. La destinazione finale era la casa di un’amica, vicino all’aeroporto di Ciampino, era stata invitata a cena. Erano solo le 17:30 ma il viaggio era molto lungo. Maria si era seduta davanti, vicino all’autista, aveva un vestito bianco, un mazzo di fiori e una bottiglia di vino. Dopo la prima fermata vide entrare in una rotonda una bellissima moto rossa, la seguì con gli occhi, era affascinata dal casco tutto colorato del ragazzo che la guidava. La moto si affiancò all’autobus, accelerò prima di una strettoia, lo superò, ma si trovò improvvisamente di fronte una macchina, accelerò ancora di più e riuscì a evitarla. «Poi ho visto la moto volare, ha fatto due o tre giri nell’aria ed è caduta su un muretto. Il ragazzo era per terra, seduto. Si è tolto il casco e si è buttato indietro. Si agitava sdraiato sull’asfalto. L’autista era sceso e si era messo al telefono per chiamare soccorsi. Nessuno si muoveva sull’autobus. La voce dentro di me diceva: “Vai, vai, lo devi aiutare”. Ho superato lo spavento, mi sono alzata, ho lasciato il vino e i fiori sul sedile e sono scesa».

Francesco Miele, pilota d’aerei, in sella alla sua moto rossa

La storia che mi ha regalato Maria è una delle più belle che ho incontrato in questi mesi, l’ho scoperta presentando il libro “Molte aquile ho visto in volo” di Filippo Nassetti, e ho pensato che fosse quella giusta per la newsletter di un Natale difficile, in un anno difficile.
«Il ragazzo era pallido, tremava. Ha allungato la mano, mi ha stretto un braccio e mi ha detto: “Non sento più la gamba, cosa è successo, dimmi cosa è successo?”. Allora ho guardato e ho visto una scena che non dimenticherò mai: la gamba era staccata sotto il ginocchio, i jeans strappati la tenevano insieme, ma stava perdendo tantissimo sangue. “Tutto a posto”, gli ho detto, poi ho preso coraggio e ho chiesto all’autista di togliersi la cintura. Non capiva. Gli ho ripetuto di togliersi in fretta la cintura dei pantaloni, l’ho presa e l’ho stretta più forte che potessi sulla coscia del ragazzo, per provare a bloccare la perdita di sangue. L’avevo imparato a scuola, alle elementari, quando avevo fatto il corso. In Moldavia avevamo lezioni di primo soccorso ogni settimana. Mi ricordavo che si doveva fermare l’emorragia all’inguine.Intanto cercavo di tenerlo sveglio e cosciente. Ricordo ancora la raffica di domande. “Come ti chiami?”. “Francesco”. “E di cognome?”. “Miele, come il miele delle api”. “Che lavoro fai?”. “Il pilota”. “Cosa piloti?”. “Gli aerei”. “Per che compagnia?”. “L’Alitalia”. Mi ha detto anche il modello che pilotava ma io non sapevo niente e non ho capito, poi gli ho chiesto se potessi chiamare qualcuno, avvisare un parente. Ci disse un numero e l’autista provò a chiamare, ma non rispondeva nessuno. Francesco smise di parlare e cominciò a chiudere gli occhi, allora cominciai a prenderlo a schiaffi in faccia per non farlo svenire, mi ricordavo che la maestra a scuola diceva che un ferito non doveva mai perdere conoscenza. Aveva paura e abbracciò le mie gambe. Rimase stretto a me fino all’arrivo dell’ambulanza. Quando lo portarono via risalii sull’autobus, il vestito di lino bianco era tutto macchiato di sangue. Arrivata al capolinea, l’ho lavato alla fontana dell’Eur».
In ospedale amputarono la gamba di Francesco sopra il ginocchio. Maria arrivò alla sua cena sconvolta, ebbe una notte di incubi e per giorni non pensò ad altro se non a quella scena. Ma non sapeva a chi chiedere notizie.

Maria Donica da bambina, in una vecchia foto che conserva nella memoria del telefono e che le era stata scattata insieme ai nonni

Anch’io volevo notizie, volevo sapere come è andata a finire questa storia, e sono riuscito a rintracciare Maria. Da quattro anni e mezzo vive a Londra, di cognome fa Donica ed è nata nel 1975 a Podgoren (il nome significa: “paese che sta sotto le montagne”), in Moldavia, tra Ucraina e Romania. In un pezzo di terra che quando è nata faceva parte dell’Unione Sovietica. Mi dà appuntamento quando i figli sono a lezione, ha l’accento romano. Arrivò in Italia che aveva 23 anni, nel 1998, poco prima di Natale, raggiungendo il fratello più piccolo che viveva già vicino a Roma: «Il nostro sogno, dopo il crollo dell’Urss, era andare all’estero, Spagna, Grecia o Italia. Ma non era così facile: ricordo i viaggi con l’autobus di notte per andare al consolato in Ucraina per ottenere il visto. Poi ho avuto la fortuna di trovare lavoro come ragazza alla pari. Il padre della famiglia che mi accolto era ginecologo ed è stato poi lui, anni dopo, a far nascere i miei figli Riccardo e Francesca. Grazie alla Bossi-Fini, una legge discussa che a me però ha cambiato la vita, ho avuto il permesso di soggiorno e ho visto un futuro».Ma prima di parlare del futuro, di quello che è successo dopo, le chiedo del suo passato. «Mia nonna a 45 anni, l’età che ho io oggi, aveva l’aspetto di una settantenne, faceva la contadina, andava nei campi a raccogliere il tabacco alle 5 di mattina. Fin da piccola mi portava con lei e la fatica che faceva è uno dei motivi per cui sono scappata. Anche mio padre era agricoltore, è mancato quando avevo nove anni, la mamma, che lavorava in Comune, pochi anni dopo. Mi hanno cresciuto i nonni. La nonna era molto religiosa, ogni domenica facevamo parecchi chilometri a piedi per arrivare in chiesa. Partivamo prestissimo perché la messa iniziava alle 9. Durava fino a mezzogiorno, si stava sempre in piedi nella messa ortodossa. Mio nonno, che invece era molto comunista ed era l’autista del sindaco, quando ci incrociava sulla strada faceva finta di non vederci, andare in chiesa era una cosa vietata. Quando è andato in pensione ed è finito il comunismo è diventato l’economo della parrocchia. Mia nonna non ci poteva credere e gli diceva: “Adesso che sei diventato vecchio e hai paura di andare all’inferno, vieni in chiesa…”».

Francesco e Maria, all’epoca fidanzati, durante il loro viaggio a Venezia per il Capodanno del 2008

Francesco, dopo l’incidente, venne portato all’Ospedale Grassi di Ostia, poi venne trasferito in elicottero al San Camillo a Roma dove lo operarono. Maria non sapeva come trovarlo, non aveva nessun riferimento. Mentre racconta le si rompe la voce: «Ogni volta che ci ripenso mi emoziono». Prese la guida del telefono e cominciò a cercare Miele, ne trovò tre: «Prima chiamai Salvatore, ma non rispondeva nessuno, poi Katiuscia, un nome russo, mi sembrava improbabile, invece era la sorella. Presi fiato, imbarazzata: “Sono la ragazza che sabato ha assistito all’incidente, non mi prenda per matta, volevo solo sapere come sta”. Lei si mise a piangere: “È al San Camillo, intubato, in Rianimazione, è in fin di vita per un’emorragia interna, gli hanno tolto la milza e amputato la gamba”.
Da quel giorno cominciò a tenermi informata e una mattina mi chiamò per chiedermi se volessi accompagnarla in ospedale. Passò a prendermi lei con la macchina. Francesco era appena uscito dalla Rianimazione. Dietro il vetro della sua stanza c’erano tantissimi amici, quando la sorella disse chi ero, tutti cominciarono a ringraziarmi ed ero terribilmente imbarazzata. Il padre gli disse che c’ero anche io, lui ricordava solo vagamente una ragazza bionda che lo aveva preso a schiaffi. Erano tutti convinti che sarebbe tornato presto a casa, ma nessuno riusciva a immaginare con che futuro. Mi colpì molto una frase che sentii in quel corridoio: “Non potrà più fare il pilota, il sogno della sua vita è finito”».
Maria tornò a trovare Francesco durante la riabilitazione in un centro specializzato, Villa Fulvia: «Parlavamo molto, lui mi faceva un sacco di domande e abbiamo cominciato a conoscerci. Sono tornata molte volte, ero affascinata dai suoi racconti di viaggio, dalle sue storie, pendevo dalle sue labbra. Tornando a casa una sera ricordai cosa mi diceva la nonna: “Nella vita devi sposare un pilota d’aereo”. Chissà perché, forse perché sognava per me di volare via dalla fatica dei campi. Il pilota lo avevo incontrato, anche se non ci eravamo mai nemmeno sfiorati, ma era un pilota con lo sguardo triste e la grande preoccupazione di non poter pilotare più».

Francesco fa sci d’acqua, così come esercizi ed attività che lo aiutano ad allenare il corpo per pilotare gli aerei nonostante la protesi alla gamba

Francesco si era messo a studiare se fosse possibile farlo senza una gamba, ma non trovò nessun esempio in Europa. Finché un amico non gli portò la fotocopia di un articolo di un giornale americano: parlava della storia del capitano dell’aviazione militare americana Andrew Lourake, tornato a volare dopo l’amputazione della gamba sinistra a causa di un incidente in moto. Era la stessa storia. Lourake lavorava alla base militare di Andrews, poco fuori Washington, dove decolla l’aereo del presidente degli Stati Uniti, l’Air Force One. Prima dell’incidente Andrew pilotava l’Air Force Two, quello del vicepresidente, poi riuscì a diventare capitano di voli di linea. Francesco lo contattò su Skype e presto diventarono amici. Andrew gli spiegò tutto quello che aveva fatto e gli insegnò una serie di esercizi da fare per riuscire a portare un aereo anche in condizioni difficili o di emergenza. Era una questione di forza, di capacità di muovere nel modo corretto il bacino per supplire alla gamba e dare forza alla protesi.
Francesco cominciò a fare esercizi ogni mattina e ogni pomeriggio alle macchine e in piscina. Si allenava con una pedaliera e non vedeva l’ora di tornare al simulatore. «Aveva alti e bassi, ma adesso aveva un obiettivo. Un giorno a Villa Fulvia mi fece una sorpresa: si alzò in piedi dalla carrozzina e si avvicinò. Non avevo mai capito quanto fosse alto. L’ho abbracciato e ci siamo guardati negli occhi. Non sapevo cosa fare e mi chiedevo: ci prova o non ci prova? Ho mosso impercettibilmente la faccia verso di lui, il primo passo l’avevo fatto io, lui a quel punto mi ha baciata. Da quel giorno ci siamo incontrati tutti i giorni, mi mancava l’aria quando non lo vedevo. Poi è tornato a casa e siccome ci piace molto cucinare abbiamo fatto una cena più bella dell’altra. A Capodanno siamo andati a Venezia, abbiamo preso l’aereo, faceva freddo ma sono stati tre giorni meravigliosi. Da allora non ci siamo lasciati più».
Francesco ricominciò a frequentare il centro di addestramento dell’Alitalia, ad addestrarsi al simulatore. «Ricordo la prima mattina che ha messo la divisa dell’Alitalia, per giorni si era addestrato sul marciapiede di fronte a casa a camminare con la protesi. Io lo osservavo dal balcone, provava anche a farlo con la valigia, eravamo tutti e due emozionatissimi. Arrivò il giorno dei test, dell’esame di idoneità, uscii con lui quella mattina ma io andai insieme a un’amica in un santuario sulla via Appia. Feci quello che avrebbe fatto mia nonna: pregai. E chiesi una sola grazia per la mia vita: che Francesco potesse tornare a volare». Così è stato.

Francesco e Maria, con il figlio Riccardo, a Roma nel 2012: lei ha appena ricevuto la Medaglia d’Oro al Valor civile per l’atto di coraggio con cui gli ha salvato la vita

«Da quel momento cominciò una vita nuova, lui era tornato a pilotare e un giorno si presentò da me con un bellissimo anello, per chiedermi non di sposarlo ma di fare un figlio insieme. Anzi due. L’anno dopo nacque Riccardo. Nel 2012, un pomeriggio è tornato a casa e mi ha detto: “Vestiti carina che c’è una sorpresa per te”. Entrammo in un palazzo vicino a Piazza Venezia, sul portone c’erano suo padre, sua madre, sua sorella e un fotografo. Pensai che mi volesse sposare ma pensai anche: me lo dovrebbe chiedere prima. Lui non diceva nulla. Siamo saliti in una sala bellissima, è arrivata una signora che ha cominciato a leggere un foglio, parlava di un gesto di eroismo e poi mi ha consegnato la Medaglia d’Oro al Valor civile. Ero confusa e felice».Il matrimonio arrivò solo nel 2014, quando era già nata Francesca, con la possibilità di lavorare a Emirates. Per entrare nella compagnia di Dubai doveva essere sposato, non erano accettate compagne. Si sposarono in fretta e furia, Francesco passò tutti gli esami ma la commissione medica alla fine disse di no. «Ci rimase male, aveva il desiderio di portare i figli a vedere il mondo, farli studiare in inglese. Una sera, poche settimane dopo, mi disse: “E se andassimo a vivere a Londra?”. Io ho pensato subito alla pioggia, poi ci siamo andati per una piccola vacanza e abbiamo capito che era il posto giusto. Siamo tornati solo noi due per cercare casa: abbiamo fatto un cerchio sulla cartina intorno a Heathrow e abbiamo iniziato a cercare dove c’era più verde. L’abbiamo trovata subito. Piccola ma molto carina e vicino a una scuola. C’era solo un piccolo problema: Francesco non aveva un lavoro a Londra. Ma non ebbe dubbi: “Lo troverò”. Ci trasferimmo noi e lui cominciò a fare il pendolare. Poi trovò posto come pilota di EasyJet  .
La selezione fu molto dura ma dopo la prova in piscina ebbe il posto.
 Ricordo esattamente quando me lo disse. Ero a scuola dei ragazzi, al saggio di musica, mi arrivò un sms: “È fatta anche questa volta”. Ho lanciato un grido. Tutti si sono girati a guardarmi: “Scusate, una buona notizia”».

Maria si emoziona di nuovo: «È tutto qui. Sono stata fortunata. Siamo stati fortunati. Quando apro l’armadio, ogni mattina, vedo il vestito bianco. Non l’ho mai buttato anche se non ci entro più dentro. Mi serve a ricordare come è cominciato tutto, come da una tragedia possano nascere anche cose buone. Ho un solo piccolo rimpianto: la nonna è mancata prima, non ha fatto in tempo a sapere che ho sposato un pilota».


buon anno  a  tutti\e    vicini e lontani 

28.12.20

La regina degli scacchi (The Queen's Gambit) ed altre storie scacchistiche

Io  che  credevo  che   la  serie    di netflix la  regina degli scacchi    fosse  un opera artistico  \  letteraria  invece    è una  storia  vera  . N.b a scanso di equivoci preciso che Nella miniserie Netflix, come nel romanzo di Travis, Beth Harmon è un personaggio di finzione. Ma questo non significa che non si ispiri a personaggi realmente esistiti e  che  esistono  . come il caso di Bobby Fisher (; qui la sua storia  ) o giocatori non professionisti ma sociali come quelli  delle  due  storie     che  trovate   continuando   a leggere  il   post   e  gli approfondimenti    alla fine  d'esso  
La    prima   di un giocatore  di  Scacchi Ugandese     che  ha  creato   dei  circoli di scacchi gratuiti  è    per  far giocatore   i bambini   di strada   perchè   <<   gli scacchi sono una metafora della  vita .  specie  per chi vive per strada  o nei quartieri più poveri ( .... )  >>  come   racconta  oltre la serie tv   citata  e le  due  storie  . La prima 


 
 se    non  riuscite  a vedere il video  preso  da  http://mondovirali.live/ lo  trovate  qui     
La  secondas  


Scacco alla povertà: il prof che salva le bimbe con alfieri e pedoni
 repubblica  27 DICEMBRE 2020

                    DI MASSIMO BASILE

A Wilmington, la città di Biden, c’è una scuola speciale: con il gioco si insegna alle allieve fiducia e resilienza. Per cambiare il futuro

NEW YORK - L’unica cosa che sapevamo di Beth Harmon era che amava vincere. Ma di Lynette, Allison, Beverly? Loro volevano uscire dalla povertà e dimostrare di essere intelligenti come chiunque, senza differenze di genere e di razza. In un quartiere povero della città di Joe Biden, Wilmington, Delaware, c’è una scuola pubblica dove decine di studentesse si allenano per diventare regine di scacchi. Ma rispetto alla protagonista della serie Netflix, sono regine bambine, dai sei ai tredici anni, afroamericane, ispaniche, spesso che devono pensare ai fratellini più piccoli, perché senza padre e con madre alcolizzata.
Il Mago di Oz di questa storia è un professore afroamericano di matematica e preside, Salome Thomas-El, per tutti “Principal El”, “Preside El”, uno salvato da bambino dagli insegnanti, che lo portavano a scuola e a casa tutti i giorni, nella periferia povera di Philadelphia, per dargli la possibilità di studiare. Principal-El è riuscito a laurearsi in matematica. Da piccolo uno dei sette fratelli, il maggiore, gli aveva insegnato a giocare a scacchi ma solo un poco, perché non fosse in grado di batterlo. Da insegnante, Thomas-El ha messo insieme la matematica e i pezzi sulla scacchiera, e ha avuto l’illuminazione. «Le diagonali degli alfieri, le mosse ad angolo del cavallo, me ne sono innamorato». Col tempo gli scacchi sono diventati il mezzo per raggiungere un obiettivo più ambizioso: «Volevo insegnare alle studentesse più povere come aumentare la loro autostima».
Da trent’anni Principal-El tiene alla Thomas Edison Charter School, che va dall’asilo alla terza media, corsi di matematica e scacchi. Gioca con le allieve nelle pause pranzo, nei buchi di tempo. Ogni volta incrocia una di loro, si fermano in un angolo, tirano fuori la scacchiera e cominciano. Le ragazze del team partecipano ai tornei nazionali femminili in tutti gli Stati Uniti. Hanno vinto otto campionati americani, si sono laureate campionesse dell’Illinois, una squadra è rimasta imbattuta per tre anni di fila. Hanno sfidato anche maschi, bianchi, giocatori con il doppio degli anni, battendoli tutti.
Ma a rendere orgoglioso il coach non sono soltanto le coppe ma ciò che quei successi sedimentano nelle loro vite: molte, una volta al liceo, guadagnano borse di studio per università come Cornell e alla University of Virginia dove sarebbe stato difficile accedere. «Quando a una giovane dici “tu puoi essere me perché una volta io sono stato te” — spiega il professore — rompi il ciclo della povertà». Le vittorie aiutano, ma c’è altro. «I bambini — spiega il preside — devono imparare a perdere, è ciò che li rende resilienti, non si tratta di insegnare ad avere successo, ma a come reagire quando non si ha successo».
Per le regine di scacchi di Wilmington, dunque, la partita vera comincia dopo l’ultima mossa.

Incuriosito    ho cercato altre news  sul  personaggio   ed  ho trovato altre news      dal  sito americano  https://www.goodmorningamerica.com/    del 20\12\2020  (  qui  la  versione in lingua  originale  )  
 

Come un preside ispira le ragazze di colore ad avere successo negli scacchi





Un preside di una scuola economicamente svantaggiata ha trascorso più di 30 anni insegnando ai suoi studenti lezioni di vita attraverso il gioco degli scacchi.
"Gli scacchi sono il grande pareggio", ha detto Salome Thomas-El, che è conosciuto dai suoi studenti della Thomas Edison Charter School di Wilmington, Delaware, come "Principal El". "Dove ci sediamo a quella scacchiera, è il tuo cervello contro il mio."

La squadra di scacchi di sole ragazze ottiene un raduno di entusiasmo dopo vittorie storiche


La Thomas Edison Charter School insegna agli studenti dall'asilo all'ottavo anno e il 90% degli studenti vive al livello di povertà o inferiore, secondo Thomas-El.
"Questi sono studenti del centro città in alcune aree ad alta criminalità e povertà. Questi bambini giocano a scacchi, si diplomano alle superiori e frequentano alcuni dei migliori college e scuole di legge della nazione", ha detto Thomas-El.

Salome Thomas-ElGli studenti del preside El si piazzano con il trofeo del primo posto al Campionato Nazionale di Scacchi a Indianapolis.

Negli ultimi 30 anni, Thomas-El ha insegnato il gioco degli scacchi a centinaia di suoi studenti, ha vinto diversi titoli nazionali di scacchi e ha utilizzato il gioco per potenziare i suoi studenti.
"La mia passione è poter usare questo gioco per insegnare ai bambini a pensare e ad andare oltre le loro condizioni, a trascendere i loro ambienti", ha detto a "Good Morning America".
Portare gli scacchi in classe
Thomas-El è cresciuto nei progetti di Philadelphia come uno degli otto fratelli con una madre single. È stato grazie all'aiuto di grandi insegnanti, ha detto, che si è diplomato al liceo e si è laureato alla East Stroudsburg University.
"Mia madre non ha mai posseduto un'auto, non ha mai avuto la patente di guida. I miei insegnanti mi hanno portato al college e sono venuti a prendermi ogni anno per assicurarmi che sarei stato in grado di arrivare al campus", ha detto Thomas-El. "In pratica mi hanno salvato la vita".
Mentre Thomas-El era alla ricerca di modi innovativi per insegnare ai bambini la matematica all'inizio della sua carriera, si è rivolto a un gioco della sua infanzia: gli scacchi.
"Mio fratello maggiore mi ha insegnato a giocare a scacchi, ma quanto basta per non averlo mai battuto", ha scherzato Thomas-El. "Ho iniziato a insegnare matematica agli studenti dell'educazione speciale sulla scacchiera: i cavalieri si muovono ad angolo retto, i vescovi si muovono in diagonale ... Mi sono innamorato del gioco come insegnante."
Attraverso gli scacchi, Thomas-El ha visto che i suoi studenti stavano imparando più della semplice matematica: la sua classe ha sviluppato sicurezza, resilienza e una nuova autostima.
Le ragazze e la mossa
Thomas-El ha deciso di coinvolgere più studenti nella sua scuola negli scacchi. Ha fornito set di scacchi e gli studenti hanno iniziato a giocare durante la colazione e il pranzo durante l'orario scolastico. Hanno anche aperto la scuola il sabato per dare agli studenti la possibilità di giocare a scacchi, imparare e mangiare il fine settimana.
Ben presto, Thomas-El è stato in grado di formare la sua squadra di scacchi di 40 studenti e ha continuato ad allenare in ciascuna delle scuole in cui ha insegnato durante la sua carriera. Poiché alcuni tornei sono esclusivamente femminili, ha deciso di creare anche una squadra di viaggi di sole ragazze che avrebbe gareggiato nei tornei in tutto il paese.



Salome Thomas-ElIl preside El dice ai suoi studenti: "Gli scacchi sono il grande equalizzatore".
Nel corso della sua carriera, le squadre di sole ragazze di Thomas-El hanno affrontato uomini il doppio della loro età e ne sono usciti vittoriosi. Una delle sue squadre alla Thomas Edison Charter School è rimasta addirittura imbattuta per tre anni.
"Ci sono così tante persone ... così tanti uomini in questo mondo, che semplicemente non vogliono ottenere alle donne il credito che meritano per essere intelligenti, per essere forti per essere leader", ha detto Thomas-El. "Quando queste ragazze imparano a giocare a scacchi, sono in grado di dimostrare ... che l'intelligenza trascende le nostre linee razziali [e] tutte le linee di genere. Sono in grado di mostrare alle persone che sono intelligenti quanto chiunque altro. "
"È importante per le ragazze nere e latine imparare a giocare a scacchi perché molte volte le opportunità potrebbero non presentarsi a causa delle loro circostanze o dell'ambiente in cui si trovano", ha detto Thomas-El.
Imparare lezioni di vita attraverso gli scacchi
Mentre Thomas-El ha detto di essere orgoglioso dei suoi studenti per le loro vittorie e riconoscimenti nazionali, ha detto che importanti lezioni derivano anche dalla sconfitta.
"I bambini devono imparare a perdere. È così che costruiamo bambini resilienti", ha spiegato. "Non si tratta di insegnare loro come avere successo, si tratta di insegnare loro come reagire quando non hanno successo".
Thomas-El ha detto che i suoi momenti più orgogliosi come educatore non derivano solo dal guardare i suoi studenti vincere trofei, ma dal vederli avere successo nella vita. Molte delle ragazze che ha allenato a scacchi hanno continuato a frequentare scuole come la Cornell e l'Università della Virginia con borse di studio, ha detto. Alcuni di loro sono diventati essi stessi insegnanti e sono tornati per aiutare la loro comunità.


"Questo mi rende davvero orgoglioso di poterlo vedere perché questa è l'eredità", ha detto Thomas-El. "Quando torni e restituisci, allora stai dicendo a un giovane: 'Puoi essere me, perché una volta ero te'. È così che penso che rompiamo il ciclo della povertà ".
In futuro, Thomas-El spera di espandere l'impatto degli scacchi sugli studenti come membro del consiglio dell'America's Foundation for Chess, che ha lanciato un nuovo programma di scacchi per i bambini delle scuole chiamato "First Move".
"Vedere la notorietà degli scacchi attraverso il successo del [programma Netflix] 'Queen's Gambit', mi scalda il cuore vedere che le persone in tutto il mondo possono vedere i benefici [degli scacchi]", ha detto Thomas-El. "È davvero una benedizione poter benedire gli altri. E penso che questo sia ciò che gli scacchi sono stati per me".


per  approfondire  


fenomeno   degli scacchi  in Uganda

 Salome Thomas-El

27.12.20

come sopravvivere alle festività con il covid natale 2020 \2021 puntata 7 CAPODANNO 2021: FESTEGGIARE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

  leggi anche   

Per la prima volta  , se  non vado errato  ,  dal secondo dopo guerra   il brindisi di Capodanno dovrà tenere conto anche dell'orario del coprifuoco. E il cenone sarà sobrio come mai nel passato. In questi giorni l'onda lunga dei preparativi si infrange contro le incognite dei divieti che regoleranno il veglione nell'epoca del Covid.  sarà bene abituarsi da subito all'idea che non potrà essere un Capodanno come gli altri. Niente movida. No agli assembramenti nelle piazze. Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico ha già suggerito ai

giovani di fare almeno un tampone rapido prima di andare a casa dei più anziani. E il governo ha invitato al buonsenso. Eccolo finalmente giunto al termine, questo orripilante   2020.Il desiderio di festeggiare in grande la fine di un anno ricco di sacrifici come quello appena trascorso è innegabile ma bisogna pur fare i conti con le limitazioni imposte dal governo per il contenimento della pandemia. Cosa fare dunque?  ecco    i miei consigli  integrati ,insieme  alle immagini , a  quelli   suggeriti dal   sito https://www.eventicapodanno.com per   eccellenza   per  chi vuole organizzare  il capodano  in questo  caso  capodanno-coronavirus/  del 5 Novembre 2020 by Michela

Capodanno ai tempi del Coronavirus

Molti  di   noi  , specie  chi  ama l'aspetto festaiolo  del periodo  natalizio     si sarà  senz’altro fatto questa domanda a fronte degli ultimi accadimenti a livello mondiale. Il Covid-19 ha e  sta  cambiando  nolenti  o non  la vita di tutti e anche le abitudini.  Le restrizioni a cui dobbiamo far fronte per limitare il contagio potrebbero cambiare anche le nostre abitudini per la festa dell’anno? Forse sì! Visto soprattutto i nuovi decreti. Non sappiamo come,  visto  che   il numero dei contagi e  dei morti     è  altalenante   s'evolverà  la  situazione  fino al 31 dicembre, ma si possono dare comunque darti alcuni consigli per festeggiare il Capodanno 2021 in sicurezza con chi ami.

Ci sono alcune restrizioni da rispettare:

  • usare la mascherina all’aperto e in luoghi chiusi
  • mantenere la distanza di almeno 1 metro dalle altre persone
  • igienizzarsi spesso le mani
  • evitare assembramenti, strette di mano, abbracci.

Quindi non si può festeggiare il Capodanno se c’è il Covid ?  Invece Si può, ma con qualche accorgimento in più.

Per evitare gli assembramenti, non saranno consentiti i tradizionali concerti, balli e feste del Capodanno in piazza. I locali sono  chiusi Stanno però prendendo vita molti eventi online dal mondo che potrai vedere direttamente da casa tua: lo spettacolo unico dei fuochi d’artificio di Sydney, il Ball Drop da New York, concerti per tutti i gusti, dalla musica rock a quella di Justin Bieber. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

Capodanno e Coronavirus: la festa in casa

Capodanno e Coronavirus

Per prima cosa, la festa in casa! A tal proposito, scarica subito la  guida gratuita sul Capodanno a casa di  https://www.eventicapodanno.com/. Il Capodanno 2021 sarà diverso da quelli precedenti, ma puoi dare il benvenuto al nuovo anno con le persone che ami, senza l’incubo del Coronavirus.

IN FAMIGLIA

Quest’anno possiamo dare maggior valore alle cose semplici e alla nostra famiglia, creando una vera festa che soddisfi a pieno tutti.

  • Il pomeriggio del 31 dicembre. Organizza un pomeriggio all’insegna dell’intrattenimento. Ecco come: prepara insieme alla tua famiglia il dolce previsto in menu oppure i festoni da appendere. Munisciti di carta colorata, forbici e creatività!
  • Il cenone. Il momento di riunirsi attorno al tavolo. Puoi decidere se preparare tu stesso il cenone oppure ordinare a domicilio. Noi ti consigliamo di non strafare: un po’ ordinato e un po’ preparato
  • Il brindisi. Prepara un cocktail analcolico per i più piccoli che festeggeranno con te! Con il brindisi finale è bene preparare una sorpresa. Un regalo per i bambini, un gioco da proporre. Oppure puoi videochiamare qualche amico e brindare con loro.

IN COPPIA

Capodanno in coppia ai tempi del Coronavirus

Gli scorsi anni non sei mai riuscito a ritagliarti un ultimo dell’anno con la tua dolce metà? Ecco l’occasione giusta:  sempre  secondo  https://www.eventicapodanno.com/ per festeggiare in coppia il Capodanno 2021

  • Dedica questa serata a voi 2 tra romanticismo e divertimento
  • Luci soffuse: puoi stupire la tua dolce metà creando un’atmosfera romantica.
  • Prendi una buona bottiglia di vino. Brindate al vostro amore e al nuovo anno con del buon vino tipico della vostra terra.
  • Un tocco di creatività: aggiungi nei piatti del menu un tocco di romanticismo. Ti basterà creare delle forme di cuore in cucina, comprare delle tovagliette rosse oppure delle lucine bianche per rendere l’ambiente più colorato e creativo!
  • Organizza dei giochi simpatici con domande sulle date importanti della vostra storia d’amore e vediamo chi vince… Di solito è sempre la donna😂😃 !
  • Organizza una videochiamata con la vostra coppia di amici rimasta a casa come voi.

CON GLI AMICI

Capodanno con amici ai tempi del Coronavirus

Come fare una bella festa con gli amici? Ecco come comportarsi.

  • Scegli al massimo 9 persone a cui tieni molto da invitare a casa. Se hai una comitiva più grande, organizzatevi con più feste e dividetevi in gruppi da 10.
  • Scegli la stanza più grande di casa e imbandisci la tavola.
  • Prepara un aperitivo per i tuoi ospiti: saranno felici di condividere un brindisi homemade prima del cenone!
  • Prepara anticipatamente il menu e invialo ai tuoi ospiti: puoi chiedere loro di portare ognuno qualcosa oppure… puoi sempre optare per una consegna a domicilio e goderti interamente la serata!
  • Ci saranno momenti in cui si potrebbero creare “assembramenti”. Difficile evitarli quando ci si vuole bene e si sta insieme! Ma puoi organizzare dei giochi da tavola o in coppia, per mantenere le giuste distanze.
  • Puoi videochiamare gli altri tuoi amici per essere tutti insieme al momento del brindisi. Non sarà come essere vicini ma potrai fare loro i tuoi auguri virtuali.

DA SOLI



Il Capodanno per  tante persone  è una festa entusiasmante e piacevole   che si trascorre in compagnia di parenti e amici. Tuttavia,  soprattutto in  tempi come  questi  .  si può festeggiare in molti modi anche da soli, senza essere necessariamente tra amici o famigliari, ma vivendo(  almeno ci  si prova  )   ugualmente lo spirito dei festeggiamenti in onore dell'anno nuovo.
 http://www.undercult.it/capodanno-da-soli-idee/

Chi l'ha detto che la notte di San Silvestro bisogna per forza agghindarsi a festa, uscire, partecipare a party e divertirsi a tutti i costi? Oramai la società è cambiata si può andare in giro in qualunque momento dell'anno e forse il periodo peggiore per spendere i soldi è proprio
questo.
É anche vero che si può decidere di trascorrere le festività organizzando cene e aperitivi nelle proprie abitazioni per cercare di contenere le spese, ma perché   non valutare di trascorrere il capodanno da soli a casa? Soprattutto se si è single e non si ha voglia di festeggiare o per vari motivi non si può organizzare un viaggetto, questa potrebbe essere l'occasione per dedicarsi a se stessi, in fondo con gli amici e i parenti si può uscire in qualunque altra giornata dell'anno e ogni tanto è bello andare controcorrente  !
 Ecco quindi che  


 sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili credo che si possano trovare  soluzioni anche per gli altri.
Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti; è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita (non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta d’identità), credo di averla vissuta; mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura 
                         de  F.De.Andre   spiega  il  suo  disco  anime  salve    
Ecco come non cadere in depressione se si decide di trascorrere il 31 dicembre in solitudine e come trasformare questo momento in qualcosa di positivo.  Infatti  Festeggiare Capodanno da soli non è un’onta né una tragedia: è un diritto (ma non un dovere) di tutti coloro che non hanno nessuna idea per Capodanno o si ritrovano single, con la febbre o semplicemente lontani da casa.
Sei solo o le alternative proposte dai tuoi amici proprio non ti vanno giù? Non ti preoccupare: festeggiare in grande il 31 dicembre non è obbligatorio, per quanto spesso sembri tale. La scelta di celebrare Capodanno da soli è una scelta controtendenza(  e  dalla  massa  viene  visto  come  strano  e stravagante )  e mentre tutti si ammassano fuori a fare baldoria, pagando cifre assurde e alla fine divertendosi il giusto (capita spesso e volentieri), tu puoi dedicarti alle tue passioni e a trascorrere una serata tranquilla in armonia con te stesso. I modi per festeggiare Capodanno da soli sono molti di più di quelli che pensi! Tutto dipende da cosa vuoi fare, se preferisci stare a casa o uscire, se ami la solitudine o proprio non puoi fare a meno della compagnia. Ecco qualche idea per festeggiare il Capodanno da solo:   Ecco come fare   in  tempi di covid 
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Festeggiare in Casa

  1. Immagine titolata Celebrate New Years Alone Step 4
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    Organizza una festa per uno. È il momento ideale per chiuderti in casa, viziarti con acquisti che normalmente non faresti e festeggiare con tutto ciò che ti piace: prepara i tuoi antipasti preferiti, stappa una bottiglia di spumante e segui i festeggiamenti da tutto il mondo in TV; pulisci e metti in ordine la casa, addobbandola con tutte le decorazioni che hai e accendi qualche candela per dare velocemente un tocco di classe.
  2. Immagine titolata Celebrate New Years Alone Step 5
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    Cerca le grandi occasioni e le offerte per lo shopping on-line. Mentre la maggior parte dei tuoi amici e dei tuoi familiari sono fuori, tu potresti approfittare delle grandiose offerte post-natalizie: spesso i commercianti propongono offerte a ridosso dell'ultimo dell'anno per attirare più clienti prima che il grande commercio delle festività sia finito;[2] in altre parole ci saranno più offerte a tua disposizione, così potrai iniziare l'anno nuovo con vestiti e accessori nuovi acquistati a prezzi più bassi.
  3. Immagine titolata Celebrate New Years Alone Step 6
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    Dedicati a te stesso. Puoi goderti la festa comodamente e in pieno relax guardando i festeggiamenti in TV, facendo un lungo bagno con oli, perle da bagno, sali o bombe da bagno per arricchire e impreziosire l'esperienza, preparando una maschera per il viso o per i capelli oppure suonando la musica rilassante che di solito non riesci ad ascoltare in altri momenti: sono tutte strategie adatte a rendere la tua serata speciale e diversa dal solito, nonché un modo perfetto per iniziare l'anno nuovo.
  4. Immagine titolata Celebrate New Years Alone Step 7
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    Guarda i film più belli dell'anno. Molte persone approfittano della fine dell'anno per rivedere i film migliori dell'anno appena trascorso; è anche un buon modo per arrivare pronto alla stagione degli Oscar dello spettacolo. Grazie ai servizi di streaming e ai noleggi di film con sconti, ci sono molte opzioni per permettersi una maratona di film dedicata alle produzioni migliori dell'anno.
    • Se i film non ti interessano, puoi ascoltare le hit dell’anno o guardare le serie TV più popolari.

Metodo3
Entusiasmarsi e Prepararsi per l'Anno Nuovo

  1. Immagine titolata Celebrate New Years Alone Step 8
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    Scrivi i tuoi buoni propositi. Il Capodanno è il giorno perfetto per porsi nuove sfide e obiettivi, anche se il 90% delle persone non li raggiunge;[3] per avere più probabilità di successo, gli esperti consigliano di condividerli con amici e parenti e impegnarsi a trovare il tempo per realizzarli: identifica i tuoi obiettivi principali e condividili sui social media, così ti sentirai più coinvolto e responsabile.
    • Scrivere correttamente i buoni propositi può essere difficile, quindi dedica una buona parte del tuo tempo a riflettere su quali cambiamenti desideri davvero realizzare.
    • Se non ti piace scrivere i tuoi obiettivi personali, scegli settori specifici come fanno altri: per esempio ci sono molti progetti comuni di rinnovamento domestico che le persone intraprendono e che hanno un impatto positivo sulla loro vita.[4]
  2. Immagine titolata Celebrate New Years Alone Step 9
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    Organizzati per l'anno nuovo. Ci sono determinati compiti che rendono l'anno nuovo più facile se li si completa in anticipo, come inserire le date importanti sui calendari e nelle agende, stilare nuovi budget e acquistare cartoline di auguri per compleanni e festività: sono tutti compiti semplici da completare che renderanno lo scorrere dell'anno molto più fluido.
  3. Immagine titolata Celebrate New Years Alone Step 10
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    Completa i progetti che hai evitato. È il momento migliore per concentrarti sui compiti che richiedono tempo e attenzione, visto che attorno a te non avrai molta gente che ti distrae, quindi passa in rassegna i documenti, i progetti di ristrutturazione della casa oppure riprendi gli hobby che hai abbandonato per sentirti produttivo e di successo prima dell'inizio di un nuovo anno; così facendo, nella tua agenda e nei tuoi promemoria ci sarà più spazio per i nuovi hobby o progetti a cui hai intenzione di dedicarti.
oppure    se    come me  non siete   settari   o selettivi    ecco  un ottimo suggerimento  di  un sito  femminile  https://www.amando.it/natale/capodanno-da-soli-a-casa.html




Credits: Foto di @thoughtcatalog | Unsplash

  1. Restare in pigiama tutto il giorno
    Per chi è stanco, stressato e ha bisogno di riposarsi, l'ultimo dell'anno è il momento giusto per restare tutto il giorno in pigiama e dormire finché si vuole perché se si trascorre il capodanno da soli a casa non bisogna nemmeno cucinare, sistemare casa e farsi belli.
  2. Andare in un centro benessere
    Se la sera del 31 dicembre si sta rintanati nella propria casetta, la mattina o il pomeriggio sono un'ottima occasione per andare in una Spa a farsi coccolare. Quando poi tutti saranno in giro di notte tu sarai rilassato e pronto per una serata con te stesso!
  3. Cucinare qualcosa di buono
    Affinché il capodanno da soli a casa non sia triste, cucinare qualcosa di particolare o comprare in gastronomia il proprio piatto preferito è l'ideale. Si può poi decidere se gustarselo sul divano con del buon vino o apparecchiare la tavola: l'importante è viziarsi!
  4. Preparare film, musica o libri
    A seconda del proprio interesse un consiglio è preparare una play-list di film da vedere mentre si assapora il  piatto preferito o creare una lista di buona musica da ascoltare dopo aver cenato, magari leggendo il libro che da tempo si vuole iniziare!
  5. Brindare con i vicini
    Se si hanno dei vicini simpatici che staranno a casa per San Silvestro ci si può accordare per trovarsi sul pianerottolo allo scoccare della mezzanotte e brindare insieme prima di andare a dormire!
  6. Fare un resoconto dell'anno trascorso e una lista dei desideri per il futuro
    Se si decide di trascorrere il capodanno da soli a casa, questa giornata è quella giusta per fare un bilancio dell'anno che sta per finire e stilare una lista di desideri e buoni propositi per i 365 giorni che arriveranno. Bisogna prendere un notes, mettere della buona musica e iniziare a compilare questo resoconto!
  7. Pensare ad un viaggio da fare
    Ed infine per non deprimersi troppo, chi ama viaggiare, la cosa migliore che possa fare in questa serata è iniziare a volare con la fantasia in qualche meta da sogno: pianificare il prossimo viaggio, navigare su internet alla ricerca di informazioni, cercare offerte e perché no... prenotare il biglietto aereo!




«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

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