DI ANTIOCO FOIS
PERUGIA - Francesca nuota nell’aria, si raggomitola e si flette attorno all’orbita di un palo da pole dance. Sospesa a due metri da terra sfida con i muscoli e tutta la sua ostinazione di vivere i limiti di un corpo incompleto dalla nascita.
L’atleta 14enne arriva alla “Iron fit” nel tardo pomeriggio. Si sfila la tuta, le scarpe e inizia il rituale del riscaldamento nella palestra alla periferia di Perugia. Confabula con l’allenatrice, in un codice in cui Ayesha per lei significa reggersi in equilibrio sul palo facendo presa unicamente con l’incavo di un gomito. Si apre in spaccata, si capovolge per disegnare un quattro, scivola senza peso a testa in giù fino a fermarsi a filo del pavimento. Una piuma in body di strass, tra potenza fisica e grazia.
«È uno sport tosto quanto il mio carattere. Qua se hai paura di certi movimenti non vai da nessuna parte», commenta la ginnasta, che ha fatto della disciplina acrobatica il linguaggio per dire la sua al di sopra di quella disabilità che le ha negato le mani e una gamba. Una forza sconfinata che ricorda quella di Bebe Vio, la campionessa paralimpica di scherma che l’atleta umbra racconta di avere conosciuto da bambina in un centro protesi nel Bolognese e che spera di rincontrare.
«La cosa più difficile è stata far capire alla nonna che non si trattava di lap dance», dice Francesca Cesarini calcando gli occhiali sul naso e mostrando il sorriso ingabbiato da un apparecchietto. Il nonno materno, Bruno, «che da bambina mi faceva arrampicare sugli alberi» non ha invece faticato a comprendere in quale impresa spericolata si fosse lanciata la nipote. «È sempre stata una bambina vivace, testarda e indipendente, che mi ha insegnato a non mollare mai», racconta Valeria, la madre che l’ha accompagnata all’allenamento e non ha mai smesso di seguirla con occhi luccicanti d’orgoglio.
Nei progetti dell’atleta adolescente, al primo anno delle superiori con indirizzo Biotecnologie, c’è quello di diventare biologa marina e lavorare con i delfini. E non poteva essere altrimenti per chi ha l’istinto di superare i propri limiti e si trova a vivere in una regione dove il mare non c’è. A casa, a Magione sul lago Trasimeno, invece è Siska, appassionata di musica su TikTok e fan di Harry Potter, con un debole per l’antagonista, il serpeverde Draco Malfoy, che tappezza le pareti della sua cameretta. Piantato nel salotto di casa c’è invece un palo da pole dance, il regalo che Francesca ha voluto lo scorso Natale.
Il sogno è fare un passo alla volta verso i mondiali di para pole. A febbraio è in programma la gara d’esordio a Modena, in attesa che venga istituita una categoria per sportivi con disabilità pari alla sua. «Nella ‘para pole’ è considerato solo chi ha problemi agli arti superiori, inferiori o è non vedente», dice Elena Imbrogno, tecnico della “Plume academy” e allenatrice di Francesca. In pratica nessuno aveva ancora pensato a sportivi con la grinta della piccola Siska.
Francesca intanto si allena e aspetta il suo momento, quando indosserà il body sul quale ha fatto disegnare un fiore di loto, il suo preferito, così ostinato da sbocciare in mezzo a qualsiasi difficoltà.
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